Questa mattina abbiamo
accompagnato, su richiesta della famiglia e con essa, una ragazzina
palestinese per una trasfusione di sangue a Nablus. Deve fare questa
trasfusione ogni mese, da quando è nata. La famiglia ci ha invitati
ad accompagnarla perchè ogni volta lei si innervosisce e visto che
siamo amiche, forse con noi lì, la prenderà un po' diversamente....
E ci credo che si
innervosisce con quello che ho visto questa mattina....
Arriviamo al Watanya, un
piccolissimo ospedale in piazza a Nablus dove c'è una sola stanza
con delle sedie e 3 letti. In quella stanza prelevano il campione di
sangue ai bambini/ragazzi. Ci sono molti bambini con le loro mamme e
anche molti “accompagnatori” (amichetti portati per passare le
ore in un miglior clima). I bambini/ragazzini che vengono qui hanno
quasi tutti la talassemia, come la nostra amica.
Ok, l'infermiera gli
mette la farfalla nel polso e inizia a prelevare, due campioni. Ma
ecco la svolta che mi sciocca un po': il padre deve cambiare ospedale
con i campioni di sangue e con la figlia con la siringa nel braccio e
andare alla “banca del sangue” all'altro ospedale di Nablus, il
Rafidhia. Ed è così per tutti quei bambini. Così quel padre si
incarica di portare tutte le provette e di riportare le sacche di
sangue per tutti, così da non dover far spostare tutte quelle mamme
con figli e amichetti.
Arriviamo al Rafidhia con
il taxi, aspettiamo tutte le sacche di sangue e intanto facciamo
compagnia alla nostra amica.
Dopo circa un'ora le
sacche di sangue vengono date al padre dentro ad un sacchetto di
plastica. Riprendiamo un taxi, ritorniamo al primo ospedale e c'è la
spartizione del sangue.
L'infermiera porta la
piantana alla mia amica e le sistema la sacca, inizia la trasfusione.
Il padre mi fa notare che oggi sono stati davvero gentili e che si
sono presi molto cura di lei; è perchè ci siete voi.....
Il tempo passa mentre
guardiamo quelle gocce scendere lentamente e riempire un vuoto
purtroppo malato. Così chiedo all'infermiera come mai non fanno il
prelievo del sangue al Rafidhia, dove c'è la banca del sangue. Lei
mi risponde che in futuro lo faranno, tempo qualche mese. Il padre in
inglese mi dice “non credergli, mia figlia ha 13 anni ed è da
quando è nata che andiamo avanti così”.
Ma ecco, il colpo di
scena: arrivano due uomini che camminano imbufaliti come tori e
vengono verso di noi. Chiedono al padre chi siamo e perchè siamo lì,
nella “sala d'attesa” con loro. Il padre gli risponde che siamo
amiche e siamo in visita alla famiglia. I due uomini sono i due
dottori responsabili della struttura e gli dicono “no, a farti
visita vengono a casa tua, qui non sono benvenuti, non abbiamo
piacere che parlino di noi e se vogliono venire qui devono chiedere
il permesso al Ministero della Salute Palestinese a Ramallah”.
Ovviamente non chiederò
nessuna cazzo di permesso e entrerò a far visita in un ospedale
pubblico a tutti coloro che continueranno a chiedermelo.
Certo, che se non avevo
voglia di scriverlo questo articolo, i due dottori alias ANP me
l'hanno fatta proprio venire.
- c'erano altri accompagnatori, Palestinesi, significa quindi che si fanno discriminazioni? Non basta ai Palestinesi la discriminazione che fa l'occupazione israeliana? Anche quella dell'ANP ci vuole?
- Qui non c'è nemmeno un ospedale che esegua il trapianto di midollo osseo e così altri tipi di trattamenti o operazioni. Possibile che in tanti anni nessuna autorità/politico/medica si sia presa la briga di puntare i piedi davanti ad ospedali così?
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