lunedì 29 settembre 2014

LA PALESTINA SOTTO OCCUPAZIONE (ECONOMICA)

LA PALESTINA SOTTO OCCUPAZIONE (ECONOMICA)
“we know how he feels”

Quest'articolo non verrà né letto né divulgato da molti, come invece altri articoli che ho scritto. Perchè non parlo di spari, soldati, scontri in strada, muro dell'apartheid, etc. etc. verso i quali tutti (anche la sionistra) possono schierarsi ed esprimere due parole messe in croce.

Ieri ho scritto su facebook una verità, che tutti sanno qui, ma nessuno scrive:
“la Palestina è sotto 3 occupazioni:
  • l'occupazione militare israeliana
  • l'occupazione dell'Autorità Nazionale Palestinese
  • l'occupazione economica creata dai mostri al punto 1 e 2
Non so quale delle tre sia la peggiore”

Volevo, quasi quasi, fermarmi lì per un motivo ben preciso: in questo momento non posso correre, quindi non posso scappare. E se temo di non poter scappare di notte nel caso arrivassero i soldati nazisti israeliani, figuriamoci di giorno...dalla polizia palestinese che piazza amici e vicini di casa a scrivere report e a curarti su facebook.
Questa mattina però, ho letto questo di Paolo Barnard http://paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=948 e mi sono girate parecchio le palle. Io e G. abbiamo commentato “We know how he feels”. Sì ok, però visto che chi legge continua a fare martiri, beh allora martire per martire almeno che la verità rimanga scritta. Forse, un giorno nella storia futura ci sarà della “gente” che dirà “coglioni, falsi ed ipocriti chi viveva in quel periodo storico, qualcuno li aveva informati e loro hanno continuato ad andare in piazza contro dei burattini e a dire che avevano la speranza in tasca”.
Allora inizio con questo mio a scrivervi perchè io e G. stiamo andando verso l'autodistruzione. Ed inizio con una storia di questi giorni.
Villaggio di Asira, Nablus. Era un villaggio ridente sulla cima di una collina, ma un giorno arrivò israele e si prese la cima della collina, lasciando agli abitanti solo una fetta e dicendogli che dovevano andarsene anche da quella fetta perchè era diventata “area C”, cioè sotto il controllo israeliano. Sulla cima ci costruirono un insediamento israeliano illegale, Ithzar, dove misero, oltretutto, gli avanzi di galere israeliane. Ma su quella cima, c'era anche il pozzo dell'acqua del villaggio, che si presero. Da 10 anni i Palestinesi di Asira sono senz'acqua, ma ecco la svolta: arriva USAID assieme all'ANP e fanno partire un progetto per PORTARE l'acqua da quel pozzo rubato alla fetta di villaggio dove ci sono i Palestinesi. E' USAID, quindi sono gli “amici” americani che pagano come donazione. Questo accade nel 2012. Dopo due anni di lavori interminabili con tutte le conseguenze di disturbo in un villaggio che ha strade larghe quanto il corridoio di casa mia, un mese fa circa....viene annunciata in pompa magna l'inaugurazione per la metà del mese. Ovviamente le famiglie palestinesi che stanno per finire, ho hanno finito, la tanica dell'acqua; non la comprano e preferiscono aspettare che arrivi finalmente l'acqua dai tubi. Attenzione però, c'è un piccolissimo dettaglio: se vogliono l'allacciamento con la tubatura principale devono pagare. La cifra da pagare è a seconda della locazione della casa, quelli più lontani pagano di più, ma la media è di 2000 shekel per famiglia. Ahia...... dove li trova una famiglia di un villaggio palestinese 2000 shekel? Alcuni, pertanto, non si allacciano perchè non possono pagare.
Arriva il giorno dell'inaugurazione, arrivano 26 macchine blindo fra USA e ANP, poi tanto per gradire al taglio del nastro si aggiungono anche i soldati israeliani. I palestinesi del villaggio tutti chiusi in casa, perchè sanno chi c'è lì fuori.... Aprono l'acqua e dicono di non usare la prima che arriva perchè non è buona. Nel frattempo la cerimonia finisce e vanno tutti via. E' passata un'ora e …...dai tubi non esce più una goccia d'acqua. Gli abitanti vanno presso la sede del Comune (ANP) a protestare. Dopo varie verifiche si accorgono che le pendenze sono sbagliate e devono rifare dei lavori. I Palestinesi ricomperano le taniche d'acqua e sperano inizi a piovere presto.
Ma aldilà delle “pendenze”..prima osservazione: è USAID, una donazione, quindi perchè devono pagare per allacciare i tubi? Ma soprattutto..seconda osservazione: quell'acqua lì è dei palestinesi, che gli è stata rubata, poi è arrivato un terzo per “donargliela” assieme a chi gestirà il tutto e assieme a chi gliel'ha rubata?
Durante i 52 giorni dei bombardamenti su Gaza, è uscita una notizia: israele ha trovato un giacimento di gas, in Palestina, sapete chi è (in questo momento) sulla lista, il primo acquirente? L'ANP, che lo rivenderà ai Palestinesi. Cioè lo rivende a chi l'ha rubato.
Queste però sono ancora noccioline a confronto di altri fatti......
Io e G, un giorno, abbiamo scoperto che un terreno edificabile a Ramallah (città per eccellenza dell'ANP) costa la metà di un terreno a New York o Parigi, ed un terzo rispetto a Berlino.http://www.middleeasteye.net/in-depth/features/palestine-s-other-land-war-1213915354
Stiamo parlando di Ramallah, dove non c'è un cazzo, ma soprattutto sei un ghetto sotto occupazione militare nazista israeliana e dove, per raggiungerla, ci metti ore perchè devi passare i checkpoint. Chi li ha fatti questi prezzi?
Beh, ma i vari “Ministeri”, ministeri di uno Stato che non esiste; così come fanno i prezzi del pollame o dell'olio. Quel pollo e quell'olio che o sei un contadino e te li fai, o se non lo sei non te li puoi più permettere. Questo perchè anni fa ti hanno tolto la terra, il lavoro e il futuro non implementando con altro tipo di lavoro.
Ma torniamo alla terra e alle case..... Torno su Rawabi, un mostro Palestinese, o forse non proprio autoctono....
Rawabi, sulla strada fra Nablus e Ramallah, è il primo “insediamento palestinese”, ne avevo già parlato; ma quest'articolo mi da non poche notizie della sua mostruosità: http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2014/09/rawabi-city-west-bank-accusation-partnership-israel.html#
Lo stesso architetto che ha disegnato l'insediamento illegale vicino a Bil'in ha disegnato Rawabi. Lo spot televisivo per vendere appartamenti a Rawabi è tristemente falso: mostra una famiglia di carnagione chiara (senza velo la donna), con figli stile “mulino Bianco” che vivono in uno di questo appartamenti stile europeo. Io vedo, quelle donne di Asira, che vivono con i loro 25 famigliari in due stanze senz'acqua. Dov'è la gente che si vede nello spot di Rawabi? Chi sono? A chi è indirizzato questo mostro?
E' indirizzato a chi vive e lavora a Ramallah, a chi può permettersi di comperare un appartamento con quel costo e fa una “happy life” perchè è per la normalizzazione dell'occupazione. Rawabi è per l'ANP, infatti non svilupperà l'economia della Palestina perchè non c'è un negozio al suo interno, non c'è una fabbrica e chi ha investito per costruirla non è Palestinese (nell'articolo che ho linkato trovate i dettagli agghiacciati). Chiaramente a Rawabi c'è acqua, gas e luce...niente taniche.
“Nessun sviluppo economico e controllo di ogni tipo di aiuto esterno per il suo sviluppo”....questo è l'aspetto che continuo a trovarmi davanti al naso. Beh, ma allora i “prodotti palestinesi” che si cerca di incentivare tramite il boicottaggio di quelli israeliani? Ecco..arriviamo alla nota dolente per molti che credono in questo modo di “fregare” israele.... Un anno fa ho scattato una foto in un cortile di una casa di Nablu. Contenitori di plastica di prodotto per le pulizie di casa, sopra c'è l'etichettatura che sono palestinesi. Sono vuote e vengono riempite in Giordania, con il liquido per lavare i pavimenti o il cesso, israeliano. Ma davanti ad una famiglia, povera, del centro di Nablus uno può anche capire....ma davanti alle industrie israeliane che hanno aperto negli insediamenti illegali (quindi su terreno rubato alla Palestina) uno fa entrare in gioco il BOICOTTAGGIO. Però, guarda caso, anche loro stanno facendo la stessa cosa “made in Palestine”. Ci aggiungiamo poi, il “corridoio economico” che Abu Mazen sta costruendo in questi giorni per far passare i prodotti da israele alla Giordania e per poi rivenderli in Palestina o esportarli.
Anche gli aiuti economici hanno un corridoio dell'ANP, tutto deve passare sotto il loro controllo. E arriviamo alla ri-costruzione di Gaza...
Al primo giorno di tregua lessi la notizia che a camminare fra le macerie e a trattare per la sua ricostruzione era già arrivato il Qatar (gli stessi di Rawabi), ma è al tavolo dei negoziati che la manovra non è stata nemmeno nascosta un po' vergogna: Abu Mazen chiede alla comunità internazionale di ricostruire Gaza. No, scusa.....israele distrugge Gaza e tu, Abu Mazen che dovresti essere in piena opposizione, non gli dici “mò la ricostruisci”, ma chiedi a terzi di costruirla? Perchè? Troppo avventato vero? Porterebbe a rompere i rapporti che ci sono e che non sono, evidentemente, di opposizione. In più... se arriveranno aiuti economici internazionali l'ANP ne avrà pieno controllo e potrà disporne come ha sempre fatto. Ecco allora che i palazzi residenziali per pochi, continueranno a crescere e di ospedali non se ne vedrà mai l'ombra.
Ah, gli ospedali in Palestina..... Questo l'ho scoperto anche sulla mia pelle....
Vengo ferita ad Ofer (Ramallah) quindi vengo portata all'ospedale di Ramallah con codice “HBS” (heat by soldiers) questo prevede che io non debba pagare nulla, bene. Però... all'ospedale di Ramallah mi fanno solo una lastra alle ossa e poi mi dicono “non hai nulla di rotto, è una distorsione e puoi camminare”. Non mi fanno la risonanza perchè sarebbe a carico dell'ANP.... Arrivo a Nablus e gli amici Palestinesi mi dicono di andare al più presto in un altro ospedale a fare una risonanza magnetica, ma al Rafhidia Hospital di Nablus non c'è la risonanza magnetica così mi tocca andare in una clinica privata. Nella clinica privata mi dicono che in quanto “privata” devo pagare tutto. Così pago 25 shekel per la visita e poi mi chiedono 1200 shekel per la risonanza magnetica. Non ce li ho così mi metto quasi a piangere e mi fanno uno sconto. La pago 800 shekel. Darà risultato di emorragia interna, femore danneggiato e legamento crociato danneggiato, così mi dicono che devo mettere un tutore in ferro, costo 175 shekel. Io, questi soldi li avevo perchè me li avete mandati voi che mi leggete, ma i Palestinesi? No, e allora ti trovi persone non curate, shebab che non camminano più, bambini che muoiono perchè non hanno cure. Nessuna vergogna per chi sta scegliendo le piastrelle per Rawabi? Sono vostri fratelli cazzo....sono Palestinesi.
Ma, i Palestinesi che vivono in una stanza senz'acqua non possono scriverlo quest'articolo, questa realtà. Sapete perchè? Perchè dopo un giorno arriva l'intelligence dell'ANP, che si chiama UCOI, e li rapisce. Li porta in una prigione orrenda che c'è qui a Nablus e, anche solo per solo per aver pubblicato una foto di Abu Mazen con critica su facebook, vengono torturati per giorni. Oppure vengono rapiti dalla polizia palestinese, rilasciati e segnalati ad israele che se li viene a prendere senza accusa di reato e li trattiene per anni in prigione in detenzione amministrativa.
Quindi, a tutti quelli che mi dicono “non scriverle tu queste cose, sono cose fra palestinesi, lascia che siano loro a scriverle...” bel giochino che fate, vorrei scrivere chi paga il vostro stipendio di “volontariato per i diritti umani” ( e lo farò). Lo sapete, vero, che davanti a tutto questo, se faccio da scudo umano non servirà ad una cippa?
Badate bene, non sto parlando di un Governo corrotto così come in tutti gli altri Stati su questo pianeta, sto parlando di collaborazione con i nazisti nell'unico Paese sotto occupazione che non è uno Stato dove lasciano passare 4 notizie in croce sulla violenza militare per nascondere la violenza economica che hanno creato e chi ne giova. E' una situazione unica al mondo.
Io e G. abbiamo due facce come pietre, il fiato lungo, ma il terreno corto perchè oramai ce ne hanno lasciato poco. Le nostre facce sono come pietre e non ci ricordiamo più il numero dei martiri che abbiamo visto. E' grave. Viviamo in Palestina, senza soldi, dormiamo per terra e mangiamo del riso. Intorno a noi un popolo di “attivisti” che fa selfie con i gas lacrimogeni.

Paolo, ho visto il video de “la gabbia” di due giorni fa, ho visto i tuoi occhi e la tua faccia. Io e G. ti abbracciamo, da qui, con gli occhi lucidi, anche se non cambia nulla.

domenica 28 settembre 2014

FATE PACE?

Non sono capace di scrivere slogan, nè frasi fatte, nè cose in cui non credo. Non mi è mai interessato trovare consenso in quello che scrivo, mi interessa solo scrivere la verità. Ogni volta che leggo falsità o ipocrisie, sto male e reagisco male, reagisco sparando (con la penna o con la video..). Siccome il primo sparo con il video di che cosa FA la RESISTENZA PALESTINESE non basta per le troppe zucche vuote/vendute..sparo ancora.
La Palestina è sotto 3 occupazioni:
1) l'occupazione nazista militare israeliana
2) l'occupazione dell'Autorità nazionale Palestinese
3) l'occupazione economica creata dai mostri punto 1 e 2.
Non so quale delle 3 sia la peggiore. Adesso fate pace se avete litigato con il vicino di casa.....

FIGLI DELLA RESISTENZA


Nablus, Arabya Specialized Hospital. Una Donna di Tulkarem ha dato alla luce due gemelli maschi. Sono i figli di un prigioniero politico Palestinese. Israele l'ha condannato a 3 ergastoli....
Questa è già una famiglia con due figlie, ma il sogno è di avere un figlio maschio, che porti avanti la lotta, la Resistenza e la continuità del nome della famiglia.
Inutile dire che israele non concede alcuna visita di contatto, oramai non concede nemmeno più le visite. E allora..inizia la storia …. Lo sperma del padre viene messo in una capsula, in mezzo al cioccolato, che viene ingoiata da un prigioniero che sta uscendo dalla prigione.
Lo sperma arriva in una clinica privata di Nablus che effettua la prova del DNA. Da qui arriva a questo ospedale specializzato che esegue la fecondazione in vitro. Questa famiglia non pagherà uno shekel, è tutto pagato dall'ospedale; in nome della Resistenza, dei diritti umani e del Popolo Palestinese.
Non avrà mai fine il Popolo Palestinese, nemmeno con il genocidio che israele sta perpetrando.
Questa Donna, forte, alleverà i due figli maschi senza il padre, che non vedrà mai i suoi figli, ma forse l'idea che siano nati gli darà la forza per sopportare vita e morte in una cella in mano ai nazisti.
Chissà questa Donna durante i 9 mesi con quale paura ha vissuto che i nazisti scoprissero tutto. E' forte, molto forte.
Parliamo con il Responsabile dell'ospedale, Mohammed Qabalan, che ci spiega, appunto, come hanno fatto ad avere lo sperma.
Il padre, in questo caso, Atta Abdul Ghani è stato preso il 30 \ 10 \ 2002 e condannato a 3 ergastoli, e soffre di diabete, oltre al fatto che durante l'arresto gli hanno sparato e non è mai stato curato. La moglie, Rola Abdul Ghani ha incoraggiato le altre mogli dei prigionieri politici Palestinesi con il suo gesto e con le sue parole “Questo dimostra che l'occupazione non può rompere la nostra volontà e la nostra forza, e incoraggio tutte le mogli dei prigionieri di seguire il mio esempio”.
"Zaid, e Zen", i due piccoli gemelli, mi hanno fatto tremare con la videocamera in mano oggi. Ero davanti all'azione della Resistenza Palestinese, fa tremare per quanto sia forte la sua bellezza.


venerdì 26 settembre 2014

ROMA 27/09 per la Palestina

Un mio piccolo contributo da qui ed un ringraziamento di alcuni Palestinesi per la manifestazione che si terrà domani a Roma in solidarietà alla Palestina.


domenica 21 settembre 2014

UNA STORIA DA RACCONTARE



La “gente” non mi crederà, ma è andata così...(dedicato a Paolo Barnard)

Avevo circa 8 anni, abitavo in Via Mellier a Novara. I miei amichetti erano: Giuseppe, Jessica, Antonella, sua sorella Lidia, Manuela e mia cugina Tatiana (che però abitava in un'altra città).
Volevo fare la regista e coinvolsi alcuni di loro in una rappresentazione teatrale: favola dei 3 porcellini.
Scroccai il giardino ad una vicina di casa e costruii con due pezzi di cartone una piccola capanna (solo appoggiando il tetto). Diedi loro una copia del libro come copione e gli chiesi di studiarsela. Arrivò quella domenica, arrivò mia cugina da Arona e la nonna mi a aiutò a chiamare le vicine di casa. C'era: ovviamente, la proprietaria del giardino, la Signora Carla con il marito Giovanni, i miei zii, la Signora Ines, l'altra Signora Carla, le mamme di Jessica e di Giuseppe, mia nonna e non mi ricordo se c'erano Antonella e Lidia (ma me lo dirà Antonella che ora è in contatto con me su facebook). Io, non recitavo..facevo la regia. Iniziò male perchè mia nonna si mise a raccontare come cucinava la paniscia alle vicine e mi distraeva il pubblico, così mi arrabbiai.. Poi, gli attori non avevano studiato le battute, e mi arrabbiai una seconda volta. Poi crollò la capanna con all'interno i 3 commedianti...e lì mi misi a piangere. Ma volevo continuare e raccontare il finale. Mia nonna mi disse “sei tremenda, hai litigato con tutti, ti è crollata la capanna, è pronta la paniscia..basta..non ti arrendi mai?” E giù caramelle.
Io ero rimasta colpita che c'erano 3 esseri all'interno di una capanna e un mostro fuori che voleva distruggergliela e poi mangiarli. Volevo farlo vedere a tutti quelli che conoscevo, ai vicini di casa, volevo raccontarla questa cosa.
Sono a casa, in Palestina, e non potrò camminare per un bel po' grazie agli israeliani nazisti. Ho ancora quella voglia di quella domenica pomeriggio, di raccontare la storia.
Ho iniziato a montare il mio secondo film: “israele, il cancro”.
Voglio raccontarvelo questo cancro che mangia dentro, che rende disumani. Voglio raccontarvi il danno che fa all'umanità, che mi ha fatto e che fa alla mia collega. Voglio farvelo vedere perchè quello che sto vivendo non è quello che scrivo nei report, dovete vederlo. Voglio farlo vedere ai Giovanni, alle Carle, alla Ines, al vicinato che parla di panisca o di parmigiana.


Ci vorranno mesi e non so quale sarà il finale, ma, tanto non mi ricordo nemmeno come finisce la favola dei 3 porcellini.

venerdì 19 settembre 2014

APPELLO PER YOUNES: PASSO N.2



Younes Oldwan, 17 anni di Azzoun (Qalquilja). Ho iniziato a parlarvi di lui in quest'appello al quale rispose Luca Bauccio pagandogli internet. http://www.samanthacomizzoli.blogspot.com/2014/09/appello-hanno-tarpato-le-ali-younis.html
Purtroppo, come avevo già scritto, quel giorno in cui installammo internet in casa di Younes avevamo scoperto che il computer non c'era più. La famiglia l'aveva venduto per pagare l'ambulanza del giorno dell'incidente.
Younes al momento ha un computer prestatogli da un amico (che oltretutto non funziona) e il portatile del fratello, che però non c'è mai perchè studia e lavora. Come immaginavamo, è stato importantissimo per lui avere internet. Parlare con persone nuove, che lo supportano e almeno per un po' può distrarsi da quello che è successo e partecipare a ciò che stiamo facendo per lui.
Scrivo quest'appello per chi volesse aiutare Younes prima della partenza della campagna per un motivo....
La campagna per aiutare Younes non è ancora iniziata perchè ci sono alcuni vuoti ai quali l'Autorità Nazionale Palestinese deve rispondere.
Ovvero..: il trattamento che Younes doveva iniziare non è ancora iniziato, i lavori per adattare la casa alle esigenze di Younes, il trasporto per raggiungere l'università.
Non vedo corretto includere questi aspetti nella campagna se devono essere assolti dall'A.N.P., che al momento è latitante. Stiamo quindi, aspettando queste risposte e forse vi chiederò presto di scrivere dall'Italia a chi deve rispondere, sollecitandoli affinchè Younes non sia l'ennesimo shebab che non può camminare perchè non ha ricevuto cure.
Avete scritto in tanti per Younes, quindi nell'attesa, chi volesse aiutare e sostenere un ragazzo di 17 anni che è in questa situazione per aver difeso i diritti umani, può rispondere a quest'appello:

  • Younes non vuole un computer per problemi di mobilità, preferisce lo smartphone. Costo qui in Palestina 2000 shekel (500 euro)
  • La famiglia di Younes è molto povera e quindi, lui, non ha vestiti. Vorremmo portargli qualcosa sia di vestiario sia di biancheria intima. Quantifichiamo con 100 euro.

Ecco, è tutto qui, per il momento, ma ripeto..può darsi che presto chieda a voi tutti di fare pressione sull'A.N.P. per le cure di Younes e i lavori in casa.

A tutti coloro che risponderanno, un grazie, ancora una volta. Anche per questa volta potete usare il c/c che trovate sul sito di SHOOT, ma scrivete nella causale “Younes”.

Grazie.

mercoledì 17 settembre 2014

AGGIORNAMENTI DAL FRONTE



Poco tempo fa avevo scritto quest'articolo su Waleed con video allegato. http://www.samanthacomizzoli.blogspot.com/2014/09/waleed-il-bambino-che-sorride-per.html Oggi, Hassan mi ha fatto visita e gli ho chiesto come sta Waleed. Mi ha dato una notizia triste, Waleed non vuole più andare a scuola.
Tutto a scuola per lui è diventato un problema, dice che i suoi compagni sono più piccoli di lui e che non capiscono, ed è diventato violento. A scuola dicono che ha creato molti problemi. L'avevo scritto a fine articolo, ho davanti un martire.
Waleed ha raccontato con dettagli davanti alla telecamera che cosa gli è successo prima dell'arresto, durante e fino al processo. Nessuno sa cosa sia accaduto in quei mesi di prigione in mano ai nazisti, ma stiamo pensando tutti la stessa cosa.
Ed è questo il danno più grande del mostro, non è fisico, non sono le foto con il sangue...è il danno mentale che crea. E' un cancro nella psiche che ti mangia con violenza, piano piano. E non mangia solo chi è attore del fatto, ma anche tutti quelli che ne vengono a conoscenza o in contatto.
Il sorriso nervoso di Waleed è un buco nel mio cervello. Potete solo immaginare cosa c'è nel suo? Non dice cosa gli è successo in prigione, non ce la fa a dirlo...
La famiglia di Waleed ha rifiutato ogni supporto psichiatrico per lui, purtroppo non si trova in una famiglia premurosa...... La sensazione è che Waleed voglia scappare da questa realtà per tornare a quella realtà mostruosa che l'ha rovinato, tornare dal mostro.
Non ho parole positive o di speranza per chiudere questo aggiornamento. Questa è la realtà.

Oggi a farmi visita è venuta anche la famiglia di Jehad, abbiam parlato di lui..
Non ne avevo dato notizia, ma lo faccio ora. Una settimana fa Jehad è stato trasferito dalla prigione di Megiddo a quella nel Naqab. Ha telefonato a casa per comunicarlo e per dire che quella prigione è bella e sta bene.
Cuore di guerriero, qui sappiamo tutti cos'è la prigione nel Naqab...
I prigionieri che vengono portati lì, a sud (lontano dalle loro famiglie così diventa ancora più difficile fargli visita) sono i prigionieri ritenuti “indomabili”.
Israele usa questa prigione per far esercitare i soldati. I prigionieri vivono in uno stato pessimo, fra topi ed insetti dannosi per la salute.
La famiglia di Jehad è in lista d'attesa per la visita presso la Croce Rossa che controlla le visite e tutto ciò che entra in prigione. La visita per i parenti in questa prigione è autorizzata una volta ogni 3 mesi. Quindi, Jehad, se tutto va bene, riceverà una visita.
Ha telefonato a casa e ha detto “sto bene, questa prigione è più bella di quella di prima..”.

Chi nasce indomabile ha amore dentro e quello non si placa, mai.

lunedì 15 settembre 2014

IL BRUTALE OMICIDIO DEL PICCOLO MOHAMMED



Nessuno di noi può dimenticare il brutale omicidio del piccolo Mohammed di Shuf'at, Gerusalemme. Quando venne rapito dai coloni israeliani, picchiato e poi torturato fino a fargli bere benzina e bruciarlo dall'interno, vivo.
E' stato il periodo peggiore da quando sono qui. La scomparsa dei 3 coloni, gli attacchi di israele ai villaggi con il rapimento di 600 Palestinesi, i continui tentativi di rapimento ai bambini Palestinesi da parte dei coloni. Non che ora sia molto diverso, ma sicuramente quel periodo ha visto un concentrato di violenza israeliana notevole, finito poi, con bombardare Gaza.
Insomma, in pochi mesi è accaduto tanto, troppo, che ci porta a dimenticare ciò che è accaduto prima.
Per questo motivo riporto (tradotto in italiano) in quest'articolo, la confessione del colono Ben David, arrestato per l'uccisione del piccolo Mohammed, 16 anni. La confessione è stata pubblicata da Ynet news l'11 agosto 2014.
La testimonianza di Joseph Ben-David, 29 anni, che ha confessato di aver ucciso un adolescente arabo, Mohammed Abu Khdeir, mostra come ciò che è stato inizialmente pensato per essere un pestaggio o atti vandalici alla fine è diventato un piano per uccidere un arabo.

Per non dimenticare Mohammed.....


Il 30 giugno, il giorno in cui i corpi di adolescenti Gil-Ad Shaer, Naftali Frenkel e Eyal Yifrach sono stati trovati in Cisgiordania, ho concluso il lavoro al negozio di ottica a Gerusalemme, sono andato a casa, ho cenato con la moglie e poi siamo andati a raccogliere uno dei giovani che poi presumibilmente prenderà parte all'omicidio. Abbiamo deciso che dovevamo prendere vendetta per quello che hanno fatto. Entrambi ci dicevano: 'Cerchiamo di vendicare,' ho detto il mio sangue bolliva e mi ha detto il suo sangue bolliva e tutto il paese era in silenzio e ci chiedevamo perché lo hanno fatto questo a loro.
Dopo questo, secondo la testimonianza di Ben-David, la decisione è stata di andare nei quartieri arabi di Shuafat e Beit Hanina a Gerusalemme Est, a "maltrattare qualcuno o di proprietà araba danni o colpire qualcuno, non c'era nulla di definito ..." I due poi hanno guidato intorno ai quartieri arabi di Gerusalemme Est, ma perché hanno incontrato solo alcuni gruppi di arabi evitando il confronto.
"Eravamo alla ricerca di un uomo arabo solo, così potevamo picchiarlo"
Videro una donna con il passeggino e due bambini piccoli. Ben David scese dall'auto e attaccò i bambini e poi la madre.
Abbiamo detto che non porterà più figli nel mondo, così abbiamo deciso di picchiarla il più possibile. Indossava un copricapo ... Afferrò il ragazzo in una morsa ... e calci l'altro ragazzo così poteva scappare ... ho visto, le diedi un pugno nel naso ... lei volò a terra e urlò "
I due sono fuggiti dalla scena, il giovane tornò alla yeshiva dove studiava e Ben-David tornò a casa. Il giorno dopo si incontrarono di nuovo a casa di Ben-David, insieme ad un altro minore, "a suonare la chitarra". Ma quando i tre si incontrarono, il tema della vendetta tornò di nuovo, questa volta l'obiettivo è stato dichiarato.
"Avevamo detto che avremmo vendicato e bruciato un arabo, in realtà sapevo prima di allora che stavo andando a bruciare (qualcuno), e ho preso tre bottiglie vuote da casa, ne abbiamo trovate altre due, e sono andato alla stazione di gas Hizma, dove ho riempito cinque bottiglie di Coca Cola 1,5 litro di carburante. Eravamo irato e arrabbiato e determinato a bruciare qualcosa degli arabi ... abbiamo detto hanno preso tre dei nostri - prendiamo uno di loro .”
I tre hanno continuato con la loro ricerca, quando improvvisamente notato Mohammed Abu Khdeir. In un primo momento, egli sparì dalla loro vista, ma poco prima di rinunciare - secondo Ben-David - lo videro di nuovo seduto da solo. Ben-David immediatamente fermò l'auto e i due giovani con lui scesero. "Ho detto loro, noi possiamo sopraffarlo, uscite dalla macchina in fretta."
Hanno chiesto Abu Khdeir per le direzioni. "In realtà non rispose, e non parla l'ebraico, ha detto dritto e destra,"
Allo stesso tempo, i ragazzi hanno notato che Abu Khdeir era diventato sospettoso, si era alzato e stava cercando di effettuare una chiamata sul suo telefono cellulare. "In quel momento ho visto che A. aveva dato al ragazzo uno schiaffo e Y. coperto la bocca in modo che non potesse urlare", ha detto Ben-David, riferendosi ai due minori che non possono essere nominati. "A. entrò nella macchina prima e ha catturato le mani del ragazzo, Y. lui zitto e lo ha costretto in macchina, il ragazzo ha cercato di mettere fuori la gamba, in modo che non siamo riusciti a chiudere la porta.
Al fine di tenerlo in macchina, Y. tolse la mano dalla bocca di Abu Khdeir, permettendogli di chiamare le sue ultime parole, "Allahu Akbar," Abu Khdeir è stato spinto in macchina, e Ben-David chiuse le porte. A quel punto, un veicolo è arrivato sulla scena e il guidatore li chiamò. Scapparono.
"In quel momento non credevo che stesse accadendo davvero, a questo punto Y. stava soffocando il ragazzo, e gridai a lui, 'finirlo, finirlo. Uccidilo....Questo è per la famiglia Fogel, questo è per Shalhevet Pass”. "Il ragazzo ha cominciato a gorgogliare e ad un certo punto ha smesso di lottare e non parlava più ... "
Ben-David ha successivamente deciso di dirigersi verso Gerusalemme Foresta. ", in modo da sbarazzarsi di lui, ho detto 'finirlo perché hanno sette vite, così non si rialza."

Ben-David fermò la vettura e spento le luci, e buttò Abu Khdeir fuori dalla macchina.

"Ho toccato la gamba del ragazzo ed era freddo, a questo punto i suoi occhi erano aperti e lui era incosciente ... Non ho visto il volto del ragazzo, ero nervoso e frustrato, ho tirato il ragazzo per la sua felpa e lui cadde sul il pavimento. Avevo paura che si alzasse contro di me, ho detto....'Dov'è il piede di porco, dove si trova il piede di porco?Non mi ricordo se qualcuno me l'ha dato o l'ho preso io ... poi ho colpito il ragazzo sulla testa con il piede di porco come ho detto, 'questo è per la famiglia Fogel e questo è per Shalhevet pass', e il sangue cominciò a scorrere. "

Dopo aver battuto Abu Khdeir inconscio con colpi alla testa, Ben-David ha ordinato ad uno dei minori di portare il combustibile, la seconda minore preferì rimanere in macchina e non prendere parte.
"Ha cominciato a versare benzina sulla testa del ragazzo e poi mi ha dato la bottiglia e ho continuato a versare la benzina a gambe. Alla fine, abbiamo versato l'intera bottiglia."
Prima di dar fuoco ad Abu Khdeir, che, secondo il rapporto patologico è stato bruciato vivo, Ben-David gli diede un calcio. Secondo la sua testimonianza: "Ho dato al ragazzo tre calci alle gambe, e dicendo 'Questo è per Eyal, e questo è per Naftali, e questo è per Gil-Ad'."
"Ho preso un accendino e gli ho dato fuoco.”
Alla domanda cosa intendesse per tortura, David ha così risposto: “Così la vittima avrebbe saputo che stava per morire come un sacrificio per gli ebrei assassinati. Noi siamo ebrei, abbiamo un cuore”.
I tre poi hanno distrutto le prove, l'arma del delitto, le scarpe di Abu Khdeir e altri oggetti. Si lavarono le mani con irrigatori, affumicato e cambiati i vestiti per sbarazzarsi l'odore di carburante.
"C'è stato un enorme quantità di tensione e non abbiamo potuto parlare perché quello che avevamo fatto non era come parlarne, siamo ebrei, abbiamo un cuore,"
Più tardi, i tre hanno discusso di quanto sia facile era stato per la cattura di Abu Khdeir. "E tutti versato il loro cuore e rammaricato quello che avevamo fatto. Ho detto loro, ma era un obiettivo, ma non per noi, abbiamo sbagliato, siamo ebrei compassionevoli, siamo esseri umani"
Più tardi, i tre tornarono a casa di Ben-David. Lungo la strada, la polizia li ha fermati al posto di blocco Hizma. "Il mio cuore batteva forte,". Hanno aperto il bagagliaio della macchina, ha chiesto loro per l'identificazione e informati di Ben-David, che era stato alla guida senza luci. Quando raggiunsero casa, hanno suonato la chitarra e sono andati a dormire.

Ci tengo a precisare che in West Bank tutti i giorni, da cent'anni, i Palestinesi fanno i conti con questa mostruosità.

Fatelo leggere nelle scuole, leggetelo ai vostri figli e che lo legga la casalinga di Voghera. Non vorrei che qualcuno, allungando la mano chiedesse la pace e non “Giustizia” e si dimenticasse di Mohammed e tutti gli altri.

venerdì 12 settembre 2014

OFER: PAZZI CRIMINALI CON IL FUCILE



Sono le 17,00 quando arriviamo ad Ofer, difronte alla prigione e ai territori del '48 rubati ai Palestinesi.
Sulle colline ci sono un centinaio di shebab, difronte e sull'altra collina ci sono un centinaio di soldati. Poi ci accorgiamo che hanno piazzato due cecchini all'interno di un appartamento in un palazzo davanti a noi.
C'è una famiglia con 4 figlie femmine piccole che deve attraversare la strada, lo fanno terrorizzati.
Gli shebab, come al solito, tirano le pietre e i soldati nazisti israeliani rispondono con sound bombs, rubber bullets, gas. I due cecchini però sono pronti con i proiettili veri.
All'improvviso gli shebab da un'altra collina iniziano ad urlare: i soldati stanno arrivando verso di noi con le jeeps e a tutta birra.
Iniziamo a correre su quella strada in salita, gli shebab sono abituati, noi no. Mi ritrovo in fondo con la stampa presente e i soldati attaccati al culo.
Ci infiliamo dentro al cimitero perchè non ce la facciamo più a correre. Abbiamo il fiatone, un giornalista si mette la mano sul petto... gli chiedo se si sente bene e lui annuisce. Tempo 20 minuti a stare nascosti fra le tombe e i soldati si allontanano.
Ritorniamo su quella strada, i soldati e i cecchini sono ancora lì e hanno sparato ad un ragazzo. Gli hanno sparato una rubber bullet sulla guancia, che l'ha trapassata e gli è entrata in bocca. Lo portano via in ambulanza.
Non passa molto tempo, circa altri 20 minuti nei quali stiamo fotografando e io filmo; ma gli shebab si rimettono ad urlare: arrivano ancora con le jeeps e questa volta con la jeeps per arrestare persone.
Iniziamo a correre in salita, ma siamo stanchi, facciamo fatica e mentre gli shebab sono davanti a noi che corrono ci ritroviamo noi 3 della stampa e il paramedico sul fondo. Io vado correndo verso destra, verso il cimitero, gli altri 3 non fanno in tempo ad attraversare la strada..i solati sono già arrivati in mezzo fra me e loro. Sono a due metri dietro di me e mi sparano una sound bomb. Non mi colpiscono, ma ce li ho troppo vicini e sono troppo lontana dal cimitero, dove nel frattempo sono arrivati gli shebab. Così mi butto a terra, sulla sinistra della strada e mi copro la testa, ma loro mi tirano una sound bomb, quando sono a terra e di schiena. Sento G e gli altri che gli urlano “kalas, kalas” (basta, basta), Ma G. mi ha detto che erano soldati con la faccia di pietra.
Mi ero chiusa le orecchie e quindi non mi ha causato danni, sulla schiena avevo lo zaino che forse mi ha protetta. Ma, ora o mi muovo o mi prendono. Ho deciso di rischiare e di muovermi. Davanti a me c'è un salto da fare, un muro di circa un metro e mezzo, e salto. Salto con le gambe che mi tremano perchè in quel momento in cui sono in piedi potevano spararmi alla schiena, salto su dei rovi, quindi con scarso appoggio. Quando atterro, mi si piega il ginocchio sinistro male e sento “crack”. Cerco di rialzarmi per allontanarmi, ma non riesco a camminare, così striscio e mi sposto di solo qualche metro. Mi chiudo a riccio per terra e rimango lì per un po', fino a quando sento la voce di G. che mi cerca “shebab, shebab”.
Mi trova G., arriva il paramedico Ahmed, arrivano gli shebab. I soldati sono andati via. Piango per il male, ma ho vinto, non mi hanno presa. E allora inizio a ridere.
Mi caricano sull'ambulanza e mi portano all'ospedale di Ramallah, mi accoglie la polizia palestinese che mi chiede come mi chiamo, gli dico “Sofia Loren” e cosa mi è successo, gli rispondo che sono caduta.
io e lo shebab ferito da rubber bullet in bocca
Poi, però, dentro che aspetta di essere curato c'è lo shebab con la rubber bullet nella guancia che mi è vicino e arrivano anche gli altri shebab. Così il medico e la polizia gli fanno le domande...e capiscono che eravamo ad Ofer. Mi mettono una sigla sulla cartella di ricovero “HBS, hit by soldiers”.
Il ginocchio mi fa un male pazzesco. Mi fanno la lastra, non è rotto e da una prima visita sommaria sembra che nemmeno i legamenti siano rotti, ma questo al momento non è certo. Gli shebab di Ofer, il paramedico Ahmed e G. sono tutti lì con me, anche quando inizio a rompere per uscire a fumare e così gli shebab spingono l'intero lettino da ricovero fuori dall'ospedale e fumiamo tutti, compreso il ferito alla bocca che si è beccato due punti di sutura.
Torno a Nablus, a casa. Per due settimane non posso muovere un passo. Avrò, poi, la visita di controllo per verificare se è solo una forte distorsione o se c'è altro. Chiedo a voi tutti di esprimere la solidarietà a G. perchè mi dovrà sopportare per due settimane ed accudire, spero ne abbia la forza. Ahmed mi dice che non camminerò per mesi, spero si sbagli.
Ringrazio l'ospedale di Ramallah, Ahmed, tutti gli shebab e G, ovviamente.
In culo a quei soldati nazisti israeliani di merda, non mi hanno presa nemmeno oggi su quelle colline partigiane.

Allego foto, c'è il video, ma non ovviamente di quando mi hanno inseguita, non stavo riprendendo e pensavo ad altro.

giovedì 11 settembre 2014

Al Comune di Ravenna



  • Al Comune di Ravenna
  • alla stampa locale di Ravenna
  • All'Avv. Paola Monaldi
    e p.c. alle associazioni: Ravenna Punto a Capo, L'occhio verde, Colletivo Byzantium, Cruelty Free, Animal liberation,
    Animal Freedom, Ravenna Viva



Nablus, Palestina, 11 settembre 2014

OGGETTO: in rif. A Vs. richiesta di pagamento per causa zoo


Egregio Comune di Ravenna, vi scrivo dalla Palestina occupata dal mostro nazista israeliano dove mi trovo per difendere i diritti umani.
Poco tempo fa alcuni associati di Ravenna Punto a Capo e l'Occhio Verde hanno ricevuto Vs. richiesta di pagamento riguardante le spese per la causa da noi persa riguardante lo zoo di Ravenna. Richiesta di pagamento per associazione in solido, 1077 euro.
Io, non so come le altre associazioni chiamate in causa intendano procedere, rispetterò comunque le loro scelte, ma essendo la presidente di Ravenna Punto a Capo e l'Occhio Verde vi comunico quanto segue:
  • una notte ho ricevuto la soffiata che avevano introdotto gli animali nello zoo e si preparavano per aprire, questo quando ancora mancava la licenza ed in piena battaglia da parte nostra. Sono andata là, sul posto quella notte e ci sono tornata la mattina successiva e li ho visti, gli animali, in prigione, e mi hanno guardata negli occhi, anzi, ci siamo guardati negli occhi. Quegli occhi sono ancora con me, non ce l'ho fatta a salvarle quelle vite, sono in prigione.
  • Oggi, 11 settembre, è stata uccisa Danzica. Non ce l'ho fatta a salvarla.
  • 7000 persone (dei quali 500 bambini) sono in mano ai nazisti israeliani nelle prigioni, la maggior parte senza alcun accusa o processo. 2100 persone (dei quali 600 bambini) sono state uccise a Gaza. La media dei martiri, uccisi dai nazisti israeliani, qui in West Bank è di uno al giorno, molti sono bambini. Anche per tutti questi non ce l'ho fatta a salvarli.
Premesso ciò, non mi sento in colpa perchè ho fatto e sto facendo di tutto per evitare altre vittime innocenti. Fare lo scudo umano e altro è quello che posso fare..
La colpa è vostra, solo vostra se i diritti degli esseri viventi vengono uccisi dietro alle sbarre o sparandogli.
Nono sono riuscita a salvare tutte queste vittime, ma io non pago ai terroristi. Quindi, non vi pago, fossero anche 2 euro, non ve le do.
Sempre possibile che cambiate rotta e vi ravvediate passando dalla parte degli oppressori alla parte degli oppressi, vi saluto invitandovi a scendere dal carro dei colpevoli poiché noi rispondiamo a tribunali in mano a vostra, rispondiamo ai vostri fucili e alle vostre gabbie, ma voi un giorno se esiste un Dio risponderete e lui e se non esiste risponderete alla Storia che stiamo scrivendo.

p.s.: anziché chiedere soldi agli attivisti volontari, fate Voi una donazione di pari cifra per salvare esseri viventi (scrivo più chiaro l'invito).

Saluti
Samantha Comizzoli


mercoledì 10 settembre 2014

UN MESE DAL RAPIMENTO DI JEHAD



E' passato un mese da quando israele ha rapito Jehad Alhindi dal villaggio di Tel. A me sembra sia passato un anno anche se il ricordo di quell'alba è vivo come 5 minuti fa.
Se tutto va bene dovranno passare altri 4 mesi prima che Jehad sia libero, dico così perchè ovviamente di israele non mi fido.
Ancora nessuna visita possibile in prigione per lui, nemmeno del suo avvocato. Alla faccia di tutte le leggi e anche dell'abecedario.
Jehad è uno dei 7000 prigionieri politici Palestinesi in mano ad israele e dei quali il resto del mondo se ne sbatte. Praticamente ogni famiglia in Palestina ha qualcuno che è stato rapito.
E i rapimenti continuano...
Molto probabilmente Jehad è sotto tortura, tanto, nessuno li vede. Non vengono nemmeno fermati perchè torturano, violentano o ammazzano i bambini. Figuriamoci per degli adulti.
Ieri è morto un altro prigioniero politico Palestinese, ad Al Kahlil. Non era malato e non si conosce la causa della morte.
Si vociferava già una possibile ripresa dello sciopero della fame e oggi 2100 prigionieri hanno rifiutato i pasti.
Sono certa che Jehad è fra questi o comunque che farà lo sciopero. Ne sono certa, perchè è uno che anche solo con uno sguardo fa abbassare lo sguardo ai nazisti con il fucile in mano.

Non riesco a scrivere altro perchè tanto, ogni messaggio che vorrei mandargli non arriverà. Chiudo qui e stanotte alle 4,00 mi sveglierò come tutte le notti dal 10 agosto.

martedì 9 settembre 2014

SOLDATI ISRAELIANI UBRIACHI AD ASSIRA



Da circa due settimana israele ha concentrato la sua attenzione nella aree di Burin, Madma ed Assira AlQabilja.
Chiusure continue con checkpoint volanti delle strade principali, raid nelle case, assalti ai bambini che vanno a scuola, rapimenti degli shebab, incursioni con jeeps e a piedi sparando gas e sound bombs. Di notte e di giorno.
Una settimana fa rapivano da Burin, Ghassan, che avrebbe tirato un pugno ad un soldato mentre gli stessi attaccavano i bambini che andavano a scuola. Due giorni fa sono andati ad Assira a fotografare le case di alcuni Palestinesi, subito dopo hanno attaccato Madma sparando. E così via in queste due settimane....
Ieri ne hanno combinata un'altra. Sono arrivati nel villaggio di Assira a piedi, 6 soldati, scendendo dall'insediamento illegale di Yhitzar. La strada si incrocia con la strada che porta al villaggio di Urif. Da lì arrivava a piedi un uomo di Urif. L'hanno preso e portato fra gli ulivi per fargli un interrogatorio. E' stato rilasciato dopo un'ora circa quando gli shebab se ne sono accorti e si sono radunati nei pressi per mandare via i soldati. E' iniziata una prima sassaiola..Cosa fanno i soldati?
Fermano un auto che sta arrivando dove a bordo c'è una famiglia con padre, madre e due figli. Tirano giù a forza il padre che guidava, mettendolo davanti agli shebab. Gli puntano il fucile alla testa e dicono agli shebab: “se non ci lasciate andar via gli spariamo”.
Gli shebab si fermano. I soldati camminano all'indietro usando l'uomo come scudo per circa 10 minuti.
Quando sono ad una distanza per poter sparare, lasciano l'uomo e iniziano a sparare gas e sound bombs contro li shebab, che rispondono lanciando pietre.
Il tutto si ferma quando i soldati indietreggiano fino a tornare vicino ad Yhitzar, anche se rimangono in mezzo agli ulivi.
Anche prima che iniziassero erano fra gli ulivi, seduti, che bevevano. Li hanno visti chi passava di lì, chi abita lì e i bambini.
Non è la prima volta che, ubriachi, fanno visita ai villaggi.

Mostri comunque, ubriachi o no.

YOUNIS E INTERNET...



“Buon giorno dalla Palestina occupata dal mostro nazista israeliano”. Ho iniziato così oggi, su facebook, come tutti i giorni, ma avevo aggiunto un cuore....
Non scrivo mai prima dove sto andando per ovvie ragioni, non potevo scriverlo che stavamo andando da Younis ad Azzoun per mettergli internet in casa. Ma così è stato.
Il tecnico di Qalquilja ha installato internet in casa di Younis, presenti i suoi fratelli. Di questo, possiamo ringraziare l'Avv. Luca Bauccio che ha coperto la spesa con una donazione.
Ho già preso contatto con Younis su facebook e finalmente da questo post lo potrò taggare così ché possiate salutarlo direttamente e lui possa rispondere.
Ho fatto, purtroppo, un'amara scoperta però. Il computer che c'è in casa gli è stato prestato da un amico. Il computer di Younis è stato venduto per saldare le spese di trasporto dall'ospedale a casa quando è stato ferito dai soldati nazisti israeliani.
Questo sarà uno degli aiuti che chiederemo nella campagna per aiutare Younis e la sua famiglia. Mi ha detto che preferisce uno smart phone e non una postazione fissa e pesante per ovvie ragioni.
Ma, mentre siamo lì a fare le prove...arriva una telefonata: i soldati israeliani hanno chiuso il villaggio. Siamo chiusi dentro, come tutti in Azzoun.
Ok, la videocamera con me, qui abbiamo finito, andiamo all'entrata del villaggio.
Mando alcuni tweet per dare la notizia che siamo chiusi dentro. Il tempo di salutare tutti e andiamo al gate.
Erano lì i nazisti della border police israeliana, ma avevano già riaperto il gate del villaggio. E' l'ora nella quale tutti i bambini escono da scuola, fortunatamente oggi non rapiscono nessun bambino.
Ma questa è la realtà qui.
Torniamo a Younis......è poco, ma dargli internet è un gran gesto. La foto del profilo di facebook dice quando è arrabbiato Younis......

Ma, Younis, è l'amore che uccide i mostri, non l'odio. Il mostro israeliano è pieno d'odio, l'amore non sanno cosa sia. E' l'unica arma che abbiamo. A presto.

lunedì 8 settembre 2014

ISRAELE CHE SPACCA LA TESTA AD UN BAMBINO



Sta per iniziare la scuola in Palestina. I genitori di Mohammed gli comprano tutto l'occorrente. Ha 16 anni ed una vita davanti, anche se vive a Gerusalemme, città sotto occupazione nazista.
E' bravo a scuola Mohammed e i suoi genitori lo amano.
E' sera e a Gerusalemme ci sono degli scontri, come sempre, perchè i soldati israeliani attaccano i Palestinesi. Per rapirli, ferirli, distruggergli la casa; insomma un concentrato di violenza alla quale rispondono gli shebab.
Gli shebab sono tutti coloro che stanno in strada e Resistono, anche solo non spostandosi dalla strada quando arrivano i soldati e sparano, oppure tirando dei sassi a quei mostri armati fino ai denti.
E' sera e Mohammed è in strada con gli shebab, durante gli scontri. I soldati nazisti israeliani sparano una rubber bullet dietro al cranio di Mohammed. Sono a distanza ravvicinata e Mohammed cade a terra. Gli altri shebab cercano di fermare i soldati, ma non riescono a fermare quella violenza su Mohammed.....
E' a terra e i soldati israeliani si accaniscono su di lui prendendolo a calci in testa anche se gli avevano già sparato.
Mohammed viene portato all'ospedale, ha un trauma cranico e un'emorragia celebrale.
Per 6 giorni rimane attaccato ad una macchina e il suo papà attaccato a lui.
Ieri, Mohammed è morto. E' martire. 16 anni, pronto per andare a scuola.
Questo è quello che è accaduto, qualsiasi considerazione possiamo fare è inutile a mio avviso. E' già sufficiente divulgare i fatti. E' una delle tante tragedie in Palestina. Nessuno fermerà la prossima perchè il mostro israele ha l'appoggio dei nostri “stati civili”.

- Governo italiano, assieme ad israele, hai spappolato la testa di un altro bambino Palestinese.-

Sento la puzza del sangue che hai fatto versare.

SULL'APPELLO PER LA FAMIGLIA DI HOWARA....



Il giorno 6 agosto 2014 avevo scritto quest'importante ed urgente appello: http://www.samanthacomizzoli.blogspot.com/2014/08/appello-tutti-i-politici-in-italia-ed.html

Erano le settimane calde di Agosto, quindi ho preferito aspettare un po' prima di scrivere quello che sto per scrivere...
Molti, moltissimi di voi mi hanno scritto offrendo il proprio aiuto, anche economico per questa famiglia, soprattutto per la bambina che ha necessità urgente di trapianto di midollo osseo. Vi ringrazio tutti, davvero.
Non è stato l'unico mio appello per aiutare persone qui in Palestina e devo dire che sempre, sempre, voi italiani avete risposto con tempestività e generosità. Questa si chiama solidarietà, ma è anche muoversi concretamente per la difesa dei diritti umani.
Quest'appello però, nel suo specifico, era per i politici italiani e le organizzazioni umanitarie che da tempo si sono RIEMPITI LA BOCCA con la difesa dei diritti umani e il “Pace in Palestina”, o robe simili....
Ecco, sapete quanti di loro hanno risposto? ZERO.
Non ha risposto SEL, né Rifondazione Comunista, né i 5stelle, né le “organizzazioni umanitarie”.
C'è stato il loro silenzio su una bambina che sta morendo e sul resto della famiglia che ha i restanti figli con il diritto di ritorno in Italia per continuare il trattamento per l'anemia mediterranea.
Perchè ve lo scrivo?
Beh, intanto perchè quando inizio una cosa vado fino in fondo e non ne scrivo solo per scriverne, poi perchè molti di voi, come ho già detto, mi hanno scritto. Ma, soprattutto per dire a coloro che stanno in silenzio, magari passeggiando con una piccola bandiera palestinese in nome dei diritti umani, che, VOI VE NE FOTTETE DEI DIRITTI UMANI.
Questa bambina e la sua famiglia valgono meno degli altri? Le loro vite sono nulla per voi?
Perchè non vi siete mossi?
Forse perchè è facile far credere con 4 foto sulla stampa che vi sta a cuore la vita delle persone, impossibile invece per voi salvare una vita, anche una sola.

A chi mi legge e ha offerto il proprio aiuto, ricordatevi di questa vicenda e del comportamento dei chiamati in causa. Ricordatevene ogni volta che pubblicheranno un “link” o una “foto” o faranno una dichiarazione. Ricordatevi, la famiglia di Howara non può dimenticare......

sabato 6 settembre 2014

APPELLO: HANNO TARPATO LE ALI A YOUNIS



Sono tornata nel villaggio di Azzoun, Qalquilja, come avevamo promesso ad Hassan per una persona della quale ci aveva parlato.
Non siamo lì per fare un report/video fine all'informazione, ma usare questi mezzi per salvare una persona.
Si chiama Younis, ha 17 anni e vive ad Azzoun con una famiglia numerosa, molto povera. L'unico lavoro che ha il padre è “battere” le olive nella stagione delle olive. Poi c'è uno dei fratelli, che è un genio della matematica e ha iniziato ad insegnare. I restanti della famiglia sono donne o fratelli che non lavorano. La casa, nel centro del villaggio, è fatiscente.
Anche Younis è un genio, per le lingue, e stava studiando inglese all'università di Qalquilja.
Ma a Younis, israele, ha tarpato le ali.
E' venerdì 8 agosto quando, dopo la preghiera, circa duecento shebab vanno verso il muro che circonda Azzoun. E' una marcia di solidarietà a Gaza, non è nulla di organizzato dai “comitati”; sono solo gli shebab del villaggio che vogliono sostenere, la sorella, Gaza.
Quando arrivano vicino al muro dell'apartheid un gruppo di soldati inizia a sparare gas lacrimogeni, poi arriva un altro gruppo di soldati che sparano sound bombs.
Gli shebab stanno scappando da questo gruppo, sono di spalle che stanno correndo.... Ma i soldati iniziano a sparare proiettili veri e colpiscono Younis nella schiena con un proiettile.
Younis è a terra, gli shebab cercano di rialzarlo, ma lui dice “non mi sento le gambe”. Gli shebab sollevano Younis e lo portano lontano dai soldati che stanno continuando a sparare. Non c'è l'ambulanza sul posto e il primo centro di soccorso è a Qalquilja, che però non è attrezzato per un caso del genere. Da qui, inizia un calvario lungo ore, per riuscire a portare Younis al Rafidhia Hospital di Nablus.
E' stato colpito alla colonna vertebrale. Younis è figlio di una famiglia povera ed è su una sedia a rotelle. Non hanno i soldi per mangiare, figuriamoci per affrontare una situazione così. Younis che ha 17 anni, che vuole andare a scuola, che non ha internet, che non ha attrezzatura che lo porti dal piano superiore a quello inferiore dove si esce sulla strada.
Israele gli ha tarpato le ali.
Nonostante le lacrime nel vedere il padre che piange e i piedi di Younis che non reagiscono alle centinaia di mosche nella casa, io, Simonetta e G. non vogliamo lasciare Younis con le ali tarpate dal mostro.
Stiamo costruendo una campagna per sostenere economicamente Younis. Per permettergli di andare a scuola, di muoversi, di studiare. Di avere una “vita”.
Nel giro di poche settimana divulgheremo il tutto, ma, sapete perchè inizio a scriverne ora? Perchè non voglio che Younis sia escluso dalla campagna che lo riguarda, senza nemmeno cliccare “mi piace” sulle sue foto perchè non ha internet.
Hanno il computer in casa, ma non hanno internet perchè non possono pagarlo.
Ecco, mi piacerebbe che con lo stesso spirito con il quale avete aiutato la famiglia di Jehad quando è stato arrestato, ora in Italia qualcuno ci aiutasse a mettergli internet in casa, così che non sia completamene isolato, e magari possa anche usarlo per studiare; ma soprattutto perchè partecipi alla sua campagna, che vi possa rispondere direttamente quando lo salutate......
Servono 200 euro per l'installazione e per pagargli internet almeno per un anno. Inizio io, metto 40 euro dei soldi che mi avete mandato per me, come donazione per SHOOT.
Ci voglio credere, voglio crederci ancora una volta che anche chi non può, possa tornare a volare. Il mostro non deve vincere, l'amore vince.

Grazie a tutti coloro che risponderanno per Younis.


SCONTRI AD OFER: UNA RISATA LI SEPPELLIRA'

Beh, devo dire che oggi videoriprendere un soldato che andava via con il fucile zoppicando per una pietra e un gruppo di soldati che scappavano perchè gli hanno tirato indietro un fumogeno sparato da loro stessi...il tutto ad Ofer, ne è valsa la pena. Ferito da proiettili veri ad una gamba, purtroppo, uno shebab.


mercoledì 3 settembre 2014

ATTACCO ISRAELIANO A NABLUS



Avevamo passato una bella serata ed eravamo pronte per dormire, come in qualsiasi città di 135 mila abitanti durante l'estate.
E' l'una di notte, una di noi si sta incremando la faccia, pronta per andare a letto, ma......booooom!
E' una bomba, una sound bomb. I soldati israeliani sono qui, nel centro di Nablus. Usciamo in strada per capire esattamente dove sono e sentiamo altre bombe.
Ok, il tempo di mettersi le scarpe e iniziamo a correre. E' l'una di notte. In quel momento mi viene un dubbio “cazzo..siamo distanti dal luogo delle esplosioni e non c'è nessuno in strada, solo noi tre....non vorrei incontrare i soldati prima di arrivare da qualcuno, dagli shebab...”.
Non faccio in tempo a finire la frase che arrivano verso di noi 3 jeeps di soldati israeliani. Ho anche la Kheffia rossa al collo.....
Passo lungo senza correre e attraversiamo la strada per andare dove c'è luce, loro non si fermano. C'è andata bene.
Arriviamo a piedi a Sharatell con alcuni shebab che incontriamo lungo la strada. Pochissimi shebab, devo dire, e il motivo può essere uno solo: i soldati sono qui per rapire shebab.
Nel frattempo ricevo altre telefonate da altre zone, i soldati sono anche a Ras El Ain, Rafhidja e Al Najah. Sono dappertutto, c'è anche la border police.
Iniziamo a supportare gli shebab anche solo con la nostra presenza e le telecamere. Urlo varie vole che siamo internazionali e stiamo documentando con un video quello che faranno; i soldati israeliani, di risposta, ci puntano con il laser del fucile e ci sparano contro a distanza ravvicinata il gas lacrimogeno, più volte.
Quattro ore... a Saharatell, di spari e raid nelle case, gli ho urlato di tutto a quei mostri. Hanno devastato anche un centro sportivo, una scuola materna femminile e un centro di recupero per i disabili.
Finalmente verso le 4,00 si allontanano e vediamo jeeps in altre strade. Ci incamminiamo verso la piazza di Nablus e salutiamo la maggior parte degli shebab. Coraggiosi, come al solito, non si spostavano nemmeno se puntati dal laser del fucile.
Quando arriviamo nella piazza incrociamo un taxi con le portiere sporche di sangue. Il taxista ci dice che ha appena portato un bambino al Rafhidia Hospital: i soldati gli hanno sparato ad una mano. Ha 14 anni.
Decidiamo di andare all'ospedale per vedere cos'ha lasciato israele quando se ne è andato.
Il bambino è sotto shock e il proiettile gli ha perforato la mano. C'è un altro ragazzo ferito da rubber bullet ad una gamba, al petto e alla testa. E' già fasciato e sta bene.
Poi vedo un padre di 60 anni piangere all'ingresso dell'ospedale. Suo figlio sta urlando dentro all'ospedale, si lamenta e chiama gli shebab.
Il figlio si è gettato del terzo piano per non farsi prendere dai soldati. Credo abbia qualcosa di rotto internamente. Non siamo sciacalli dell'informazione e non facciamo pressioni né per fare domande a chi sta piangendo, né a chi sta lavorando.
Un medico ci chiama per documentare tutto comunque quando devono trasportare il ragazzo in sala operatoria. Lo filmiamo con la bombola di ossigeno sulla barella e il sangue ovunque. Questa è l'immagine della “pace” creata da israele.
Torniamo a casa distrutte. Abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare, ma siamo consapevoli che non fermerà il prossimo attacco dei soldati israeliani in Palestina.

Stanno dando il sangue e il resto del mondo va a gin-tonic.

lunedì 1 settembre 2014

WALEED, IL BAMBINO CHE SORRIDE PER TORTURA



Villaggio di Azzoun, distretto di Qalquilja, West Bank, Palestina. Sono 500 i bambini rapiti da israele in questo momento e detenuti nelle prigioni israeliane.
Il villaggio di Azzoun ha un triste primato: ha il più alto numero di bambini rapiti da israele. 70 bambini.
Hassan, un funzionario del Municipio ci aggiorna sul fatto che alcuni sono stati rilasciati, ma altri sono stati rapiti. Pertanto il numero dei bambini al di sotto dei 14 anni in mano ad israele è ancora quello. 70 bambini.
Chiediamo di poter intervistare uno dei bambini rilasciato da israele. Al Municipio di Azzoun, arriva Waleed, 14 anni.
Il bambino è stato detenuto alla prigione di Megiddo per 3 mesi. Aveva 13 quando l'hanno preso. Ma, è importante fare un passo indietro, ad un mese prima dell'arresto. Quando i soldati perpetrano su Waleed una violenza....
Waleed è con alcuni suoi amici sulla collina, stanno raccogliendo delle foglie d'uva , che qui si usano per cucinare. Arrivano i soldati israeliani, prendono Waleed per il bavero della maglietta per spingerlo dentro alla jeep militare; ma devono aspettare che arrivi un'altra jeep. Gli fanno un paio di foto con le mani legate e poi...si mettono a fare questo “gioco” con Waleed.
GLI METTONO UNA SOUND BOMB DIETRO ALLA SCHIENA E LO FANNO CORRERE AVANTI ED INDIETRO DAL CANCELLO DELL'INSEDIAMENTO ILLEGALE DI MA'ALE SHOMRON. I soldati israeliani lo guardano e ridono aspettando che la sound bomb esploda.
Non esplose la bomba, ma Waleed ne torna a casa violentato psicologicamente. Dice ai suoi genitori che ha incontrato i soldati, ma non dice cos'è successo.
I genitori però si accorgono che il bambino continua ad avere movimenti nervosi con il corpo e che ha un sorriso “nervoso”.
Un mese dopo, marzo, Waleed viene arrestato dai soldati israeliani. Viene picchiato da loro, gli legano mani e piedi con manette di ferro, e viene portato per una notte ad Howarra. Lì viene denudato e lasciato nudo per ore, facendolo abbassare in ginocchio in continuazione.
Passerà la notte da solo; la mattina successiva gli faranno firmare un foglio scritto in ebraico. Waleed, ha 13 anni, è ovviamente sotto shock, e firma. Su quel foglio c'era la dichiarazione che lui tira pietre ai soldati ed ai coloni. Il giorno successivo viene trasferito a Megiddo, senza indumenti, con i soli pantaloni calati sulle caviglie. I vestiti gli verranno dati dagli altri prigionieri.
Lo processano e lo condannano a 3 mesi nella prigione di Megiddo, che Waleed sconta in una cella assieme ad altri 10 bambini.
Chiediamo a Waleed che cosa vuol fare da grande, perchè sarebbe bello scrivere un lieto fine (almeno di speranza) in questa storia. Ma Waleed risponde “non ci penso...”.
Ho davanti un martire, di 14 anni. Una vita distrutta, una famiglia distrutta.
Il sorriso, l'espressione più esplicativa della felicità, sul volto di Waleed è invece una conseguenza di una tortura violenta di israele.
Quel sorriso, non lo dimenticherò mai, è stato come ricevere una pugnalata ogni volta che lo faceva, ed in 25 minuti d'intervista lo avrà fatto 200 volte.


Allego solo un breve video dell'intervista a Waleed.
La versione integrale sarà visibile in un secondo tempo.