Sono le 22,00 quando i
soldati israeliani e la border police irrompono nel centro di Asira.
Arrivano da 3 punti diversi e conferiscono nel centro del villaggio
tagliandolo in due.
In quel momento chi si
trovava fuori casa rimane impossibilitato a rientrarvi. Iniziano a
sparare gas lacrimogeni e sound bombs dentro e fuori le case.
Chi si trova per strada
si rifugia nelle case più vicine, ma al loro interno si inizia a
soffocare per i gas. Con altre attiviste decidiamo di andare sul
posto anche se le strade sono chiuse dai loro checkpoint.
Arriviamo in taxi verso
le 23,30 e ci fermano al checkpoint. Ci chiedono se siamo “turiste
in israele” e gli rispondo che questa è la Palestina, non israele.
Il soldato con il mio passaporto in mano va dai suo colleghi a
riferirgli “questa qui sostiene che siamo in Palestina”. Mi
ridarà il passaporto qualche minuto dopo. Siamo fermi sulla strada e
vediamo gli armored fermi davanti alle case con i soldati che corrono
dentro, per ispezionarle/devastarle. Le vie di Asira sono strette e
in quel momento sono talmente piene di soldati e di mezzi militari
che non ci passa nemmeno un cane.
Dopo 20 minuti che siamo
ferme decidiamo di andare a fare un po' di pressione dicendogli che
siamo stanche, che è notte e che noi dobbiamo dormire lì...
Iniziano a comunicare via radio e ci dicono che in 10 minuti se ne
andranno. Dopo un quarto d'ora i mezzi iniziano a muoversi per
lasciare il villaggio, è passata la mezzanotte.
Arriviamo nel centro del
villaggio e poco a poco si riempie di persone che erano chiuse in
casa. I bambini di Asira non ci sono e in quel momento, più di ogni
altra cosa hopensato a loro. A come avevano vissuto tutto questo, con
la paura, sperando che finisse.
Gli shebab ci fanno
entrare in due negozi che sono stati attaccati dai soldati, hanno
rotto tutto. Mentre sto filmando sentiamo urlare, stanno tornando.
Sono due jeeps militari, parte una sassaiola contro di loro... quei
sassi pare dicessero... “basta, basta, basta, basta..”.
Le jeeps si fermano
all'entrata del villaggio e formano un checkpoint. Decidiamo di
rimanere lì, potrebbero tornare. Sono le sei del mattino quando
lasciamo Asira e sulle strade ci sono ancora i checkpoint.
Un'arancia meccanica
militare che dura da cent'anni. Quegli shebab che tirano le pietre,
una volta erano i bambini di Asira e sono nati vedendo queste cose.
Avevano due o tre anni e venivano attaccati di notte, come la scorsa
notte; ora sono adulti e sono forti. Ripenso ai bambini di Asira ai
quali ho insegnato “Bella ciao”. Per questa volta non hanno preso
nessuno di loro.
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