A Nablus, nel suk vado
sempre a comperare la verdura da un omino con gli occhi buoni e mi da
la verdura a poco prezzo. Non ha un negozio, solo una bancherella.
Qualche giorno fa mi ha chiesto cosa faccio qui in Palestina e quando
gliel'ho detto mi ha risposto “grazie a tutti voi per essere qui,
la vedi questa foto sulla parete della casa? E' mio figlio, è in
prigione, gli hanno dato 30 anni”. Mi ha spaccato il cuore e questa
storia inizia così, come una delle tante storie della seconda
intifada.
E' aprile 2002, siamo nel
suk a Nablus. Il suk di Nablus è bellissimo, fatto di portici bassi
e vie molto strette, tutto in pietra. E' la vera vita di Nablus.
Quando scende la notte però, in quelle stradine buie arriva il
mostro. Siamo in piena seconda intifada. Israele arriva nel suk con
un lanciamissili largo quanto la stradina del suk e spara nel suk,
sulle case, mentre i Palestinesi sono dentro. E' un disastro. Hussein
è un fruttivendolo, viene colpito da proiettili e schegge varie alla
testa, alle braccia e alle gambe.
Agosto 2002, israele
piazza dei cecchini sulla collina, è sera tarda e iniziano a sparare
da quella collina verso il suk. Feriscono centinaia di persone,
feriscono il figlio di Hussein e ammazzano il fratello di Hussein.
Erano sul terrazzo che stavano parlando.
Hussein ha un figlio,
Ahmad Hussein, 21 anni e lavora nella polizia palestinese. Dopo
quest'ennesimo attacco e dopo che israele si è presentato lanciando
missili nel suk, Ahmad decide di difendere la Palestina, la sua
famiglia, di fare il suo lavoro. Tenta di piazzare una bomba per
l'arrivo dei soldati nel suk di Nablus, i soldati arrivano, gli
sparano, lui risponde al fuoco ferendo un soldato.
Novembre 2002, è notte e Ahmad sta dormendo nella casa della sorella. Israele trivella di
spari la casa. Ahmad ha paura per la sorella e non reagisce. Viene
arrestato.
Il processo si svolge in
modo a dir poco “delinquente” perchè è all'interno della
prigione e senza un avvocato difensore.
Ahmad Hussein viene
condannato a 30 anni di prigione. In prigione la polizia israeliana
gli fa visita con i cani e viene attaccato da essi.
Ahmad Hussein è malato,
urina sangue e ha problemi allo stomaco. Se dovesse
scontare tutta la condanna sarà libero a 51 anni. Per i primi 4 anni
nessuno ha potuto far visita ad Ahmad in prigione, ora ogni 6 mesi
possono fargli visita i suoi genitori e le sorelle. La sorella più
piccola ha 10 anni, quindi non ha mai potuto abbracciare o toccare
Ahmad, l'ha conosciuto attraverso un vetro. Ahmad in
prigione, nonostante tutto, sta studiando e il padre è felice di
questo.
Due anni fa il padre, che
vende la verdura a me a poco prezzo nel suk, ha preso un avvocato che
ha fatto riaprire il processo perchè svolto senza l'avvocato
difensore. Il padre è speranzoso che Ahmad entro un anno venga
liberato.
Faccio qualche foto alla
bancherella di Hussein, alla foto del figlio con vicino le date di
possibilità di visita in prigione. Il tutto posizionato sulla parete
della casa trivellata dai missili e dalle pallottole. Chiedo ad
Hussein se ha un messaggio da scrivere in questo articolo per gli
altri Paesi e mi risponde: “la Palestina vive sotto due
occupazioni, quella israeliana e quella dell'ANP”.
Due più due fa quattro,
suo figlio era un poliziotto dell'ANP, ma la polizia palestinese
normalmente non interviene per difendere i Palestinesi.
Pensate a quest'immagine
quando sentite i media che chiamano i Palestinesi “terroristi”,
pensate ad Hussein, che vende la verdura, con gli occhi dolci e pieni
di lacrime e trivellato sul corpo dai proiettili israeliani. Pensate
ad Ahmad che per difendere i diritti umani, la sua famiglia e la
Palestina ora è in prigione, pisciando sangue, per 30 anni.
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