La sveglia (per me) è
stata alle 5,30. Appuntamento alle 6,30 per andare alla corte
militare israeliana di Salem. C'è la prima udienza per Jehad. Non
entrerò, ma mi basta accompagnare i famigliari che entreranno e mi
basta pensare che sarò lì quando usciranno e saprò com'è andata.
Arriviamo a Salem, anzi
no, quando la vedo ho un'altra visione: arriviamo alla porta
dell'inferno.
Prima del primo cancello
c'è un voswagen con una tenda e un tavolo, lì vendono cibarie e
bevande. Ad aspettare ci sono un centinaio di persone, fa già molto
caldo a quell'ora. Alle 08,45 un soldato israeliano arriva al secondo
cancello e inizia a chiamare chi aveva consegnato il documento
d'identità e si era messo in lista per entrare. Ci saranno ben 15
minuti per poter entrare. Dopo non entra più nessuno. Quando passi
il secondo cancello inizia un labirinto di gabbie e tornelli stile
macello, ma molto più lungo e contorto. Sopra a tutto questa area
c'è una torretta aperta con all'interno una soldatessa che non posso
definire donna, nemmeno femmina (mi vengono solo parolacce).
Dall'alto guarda il labirinto con tutti i Palestinesi (madri dei
prigionieri compresi) ammassati dentro. Vanno verso la sala che li
perquisirà. Passato tutto questo si va verso la corte.
Alt! Ho detto “corte”,
ma è meglio specificare che stiamo parlando di: container israeliani
costruiti illegalmente in Palestina dove con leggi militari
israeliane verranno giudicati SOLO Palestinesi rapiti dai soldati in
modo illegale e la maggior parte delle volte, senza accusa di reato.
I parenti di Jehad
entrano e noi iniziamo ad aspettare, lì fuori.
Tutt'attorno alla zona
c'è una “strada defence” dove le jeeps militari continuano a
passare per ronde.
Lì fuori sono rimaste
una sessantina di persone; non sono lì per udienze, ma perchè in
questo posto orribile rilasciano anche i permessi di lavoro per il
territorio israeliano.
Passano le ore e il caldo
aumenta. Iniziano ad arrivare le telefonate di amici che chiedono
aggiornamenti. Niente, non sappiamo nulla, siamo qui ed aspettiamo,
una sigaretta dietro l'altra.
L'uomo delle bevande è
fuori di testa, urla senza senso in continuazione. Non è il caldo,
è quel posto e a stare lì davanti tutti i giorni che l'ha conciato
così. Non c'è il bagno ovviamente...
Arriva mezzogiorno,
abbiamo superato i 40° e non sappiamo ancora un cazzo. Chi attende
il permesso per il lavoro è ancora lì; così gli chiedo “ma a che
ora siete arrivati?”. Mi rispondono: “siamo qui da ieri sera,
abbiamo dormito qui per terra”. Poi ci allungano uno dei materassi
per poterci sedere un po' all'ombra......
Sono le 14,20 quando
intravedo i parenti di Jehad nel labirinto/gabbie per uscire. Ci
alziamo e corriamo verso di loro e vedendo le loro facce un po' mi si
rallentano le gambe.
“Jehad non l'abbiamo
visto, l'udienza per lui è domani e dobbiamo tornare domani”.
Distrutti tutti.
La notizia che l'udienza
era oggi era arrivata direttamente da una sua telefonata dalla
prigione e la cosa aveva dapprima entusiasmato poi, ragionandoci
sopra, ci siamo chiesti come avesse fatto a telefonare.......
Ok, israele usa questo
tipo di torture: ti da il telefono, ti usa per capire chi ami (perchè
poi ti ricatterà proprio su quelle persone) e ti da informazioni
false da dargli.
Jehad è nella prigione
di Megiddo, non può telefonare e nessuno (nemmeno l'avvocato) può
avere notizie o fargli visita. E' in una cella d'isolamento dove
subisce torture psicologiche del tipo: aria fredda e calda, luce di
notte e di giorno, odori nauseabondi, menzogne varie, cibo avariato.
Quando si presenterà
alla corte non avrà un segno sul corpo, ma sarà sotto tortura.
Alcuni prigionieri al terzo giorno così iniziano ad urlare che non
ce la fanno più....
Ora, sono riuscita a
scattare due foto di questa porta dell'inferno. Ma, per onestà, vi
chiedo: io non ho letto forse abbastanza sui campi di concentramento
e sull'olocausto, quindi faccio fatica a definire tutto questo; forse
chi sa più di me di Auschwitz e degli ebrei che entravano nei campi
solo perchè ebrei, mi troverà una definizione adatta per le
prigione israeliane dove entri perchè sei uomo Palestinese. Forse mi
potrà definir meglio i 5000 prigionieri in mano ad israele (bambini
compresi) e i duemila martiri Palestinesi (uccisi da israele).
Io ho negli occhi gli
occhi di Jehad prima di entrare, quelle persone che dormiranno lì
questa notte per il permesso di lavoro, tutti i martiri che ho visto
fino ad ora, le facce dei parenti di Jehad, il vecchio impazzito che
urla lì davanti, il labirinto di gabbie, le persone schiacciate e i
porci sulle torrette che ridono. Se sei Palestinese, maschio e dai 15
anni in su ogni giorno potrebbe essere l'ultimo. Mi viene solo una
definizione: questo è l'olocausto.
Domani si replica.
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