Oggi in Palestina era
venerdì, ma era anche un altro giorno di rabbia contro l'occupazione
nazista israeliana.
Da Nablus, con 3 autobus,
arriviamo al campo profughi di Balata. Da qui partiremo tutti
assieme, marciando, fino a raggiungere il checkpoint di Beit Furik.
Quando arriviamo a Beit
Furik è già l'inferno. Al checkpoint sapevano che saremmo arrivati
oggi perchè la manifestazione era stata annunciata. Cerchiamo di
usare i blocchi di cemento per proteggerci dagli spari. Fino a quando
sparano gas lacrimogeni e sound bomb va ancora bene, perchè vedi la
traiettoria. Quando però sparano proiettili veri il discorso cambia.
Senti il sibilo, ma non li vedi. I cecchini si sono appostati fra i
cespugli. Sparano su persone con le braccia alzate o che tirano
pietre.
Sono davanti al
checkpoint e in piedi, dietro ad un blocco di cemento. Sparano,
davanti a me c'è uno shebab con una kheffia bianco/nera che sta
camminando verso di me per cercare altre pietre. E' ad un metro
davanti a me quando sparano, io mi abbasso, lui no. Quando mi rialzo
mi si inginocchia davanti e piega la testa. Gli hanno sparato dietro
alla testa, dalla kheffia una macchia di sangue si spande. Urlo,
urlano e corrono gli shebab, che lo prenderanno in braccio per
caricarlo sull'ambulanza. Da lì in poi è un susseguirsi di feriti
da proiettili veri, quasi tutti alle gambe; tranne uno negli occhi.
Un ragazzo giovane che, sapremo poi dall'ospedale, ha perso un
occhio.
Seguo uno dei feriti alle
gambe fino all'ambulanza perchè continuano a sparare e, anche questa
volta, sparano sull'ambulanza.
C'è stato un momento
durante la manifestazione che si è dovuti arretrare parecchio. Così
mi sono messa davanti agli shebab, con le braccia alzate e senza
kheffia. Per fargli capire che avrebbero sparato ad
un'internazionale. E' andata bene per un po', poi, una merda di
cecchino ha iniziato a “giocare”... Mi puntava, sparava, io mi
abbassavo e quando mi alzavo sparava di nuovo. Dopo tre volte ho
scelto di arretrare e non “rimanere in piedi e fermare il gioco”
per un solo motivo: ho avuto paura che ferisse qualcun altro vicino a
me, magari uno shebab.
Un altro “gioco” di
oggi è stato attaccare la stampa presente. Dapprima spintonati per
farli spostare ed evitare che documentassero; e dopo, quando avevano
scelto un'altra postazione, presi di mira dalla “skunk water”. La
skunk water l'hanno fatta arrivare assieme ai rinforzi (altre 5
jeeps), spara un liquido non identificato che provoca forti pruriti e
un odore che riesce a farti vomitare e ti rimane addosso per 15
giorni. Insomma, un'arma chimica.
Gli shebab oggi sono
stati strepitosi. Hanno lottato per quattro ore, con un caldo atroce,
senz'acqua (perchè è finita a tutti nella prima ora) contro a dei
cecchini che sparavano proiettili veri.
Il bilancio finale è di
15 feriti, nessuno grave, tranne il ragazzo che ha perso l'occhio.
Sono proiettili molto piccoli che quando ti colpiscono fanno un buco
enorme, ma non penetrano in profondità da trapassarti.
Lo so che è orribile che
io ne parli in questo modo così tecnico e poco umano, ma oramai sono
convinta che nessun messaggio umano possa trasmettervi quello che si
vive e si prova qui.
A me, che lo vivo, vedere
uno shebab che mi si accascia davanti con la testa che sanguina;
cambia la vita. Per voi, voi che state leggendo o guardando il video,
sentirete un pugno allo stomaco (forse), ma non dovete fare i conti
con il problema.
Dopo la manifestazione,
solitamente corro a montare il video perchè ci metto circa 4 ore.
Oggi gli shebab mi avevano invitata a Sama Nablus, un parco sopra
alla città da dove c'è una vista bellissima.
Già da tempo sto facendo
uno sforzo enorme per restare umana, mi sto piano piano
macchinizzando, sto diventando orribile. E' il mostro che come un
cancro ti entra nel cervello. E ti occupa. Così ho pensato che avere
una bella serata a Sama Nablus avrebbe tolto un po' di quel nero che
sta crescendo dentro di me.
Ma non ce l'ho fatta.
Dopo un paio di ore sono tornata qui a montare il video e a scrivervi
questo report.
Per annullare almeno una
parte del mostro, avrei bisogno di una bellezza così travolgente che
qui non ho.
E la fine, a questo
punto, è imposta. Va avanti la macchina e si ferma l'umanità. La
foto che ho scattato del corteo a Balata rispecchia benissimo quello
che ci stanno facendo.
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