Maher Saleh ha 47 anni,
di Zawata, Nablus. Padre di 6 figli.
Maher è un paramedico
volontario di Nablus. Quando mi hanno sparato mi ha soccorsa, così
come ha sempre soccorso tante persone ferite durante gli scontri. E'
sempre presente, in mezzo ai gas e ai proiettili che sparano gli
israeliani, nonostante stia lottando da tempo contro un altro mostro:
un tumore.
Sono moltissimi i
palestinesi malati di tumore in Palestina, e poiché sei palestinese,
le cure sono un terno al lotto. Qui in West Bank non ci sono cure, a
volte c'è la radio terapia e un po' di chemio, ma solo quando
israele concede l'ingresso dei materiali. I palestinesi per curarsi
devono correre in Giordania o a Gerusalemme. Succede però, quello
che succede a quasi tutti i palestinesi: israele gli vieta di
lasciare la Palestina. Il finale delle loro storie potete
immaginarlo.
Maher Saleh ha seguito
una terapia presso il Rafhidya Hospital di Nablus, ma non è
sufficiente. Il Rafhdya ha preparato tutta la documentazione che è
stata presentata alla DCO palestinese per far curare Maher a
Gerusalemme presso il Victoria Hospital a spese dell'autorità
nazionale palestinese.
Israele ha rilasciato a
Maher un permesso di 3 mesi per entrare, non in tutta Gerusalemme, ma
solo per recarsi direttamente al Victoria Hospital.
Dopo la prima visita al
Victoria, il medico ha comunicato a Maher che deve essere subito
operato per rimuovere il tumore. Questo tipo di operazione c'è solo
in un altro ospedale di Gerusalemme, il Saint Joseph Hospital.
Dal Victoria Hospital, in
relazione con la DCO, fanno richiesta ad israele per cambiare il
permesso di Maher. L'intervento chirurgico è fissato per venerdì
prossimo.
Due giorni fa Maher mi
telefona e mi dice che israele gli ha negato il permesso.
Allora.... questo non ha
nulla a che vedere con motivi di sicurezza perchè se ti danno il
permesso per entrare a Gerusalemme e recarti in un ospedale, non vedo
come possa diventare pericoloso in un altro ospedale.
Questa è punizione e
tortura di israele verso i palestinesi. La tortura più crudele.
Maher, mi aveva chiesto
al telefono di dare notizia alle organizzazioni per i diritti umani.
Gli ho chiesto di vederci faccia a faccia, perchè non sapevo come
dirglielo che le organizzazioni per i diritti umani se ne sbattono il
cazzo di Maher, di Zahi, dei palestinesi che non hanno futuro.
Gliel'ho detto ieri a
Maher, guardandolo negli occhi, avrei voluto mentirgli, ma non ce
l'ho fatta. Dopo una chiaccherata ci siamo accordati per raccontare
questa storia affinchè più persone la conoscessero.
A Maher Saleh, con tutto
il mio rispetto per la sua grande umanità in un mondo disumano.
Zahi ha 47 anni, di Beit
Furik, Nablus. E' stato rapito così tante volte da israele che ha
passato in totale 6 anni nelle prigioni israeliane. L'ultima volta
per 3 mesi in detenzione amministrativa. Per chi ancora non lo
sapesse i nazisti si sono inventati questa formula per rapire senza
ragione, la detenzione amministrativa. Cioè vieni detenuto senza
accuse e dicono che stanno indagando. Sono molti i prigionieri
detenuti in questo modo e nella maggio parte dei casi la detenzione
viene rinnovata ogni 3 mesi per diverse volte, proprio quando ti sta
per scadere.
Zahi è un ingegnere, ma
con tutti i periodi di mancanza dalla vita “fuori” ha perso i
lavori perchè i clienti si sono rivolti ad altri, visto che lui era
in prigione.
Nell'ultima detenzione ha
iniziato ad avere problemi di salute. Pisciava sangue. E' andato dal
dottore della prigione che (così come dice a tutti i detenuti) gli
disse che non aveva nulla, ma che era importante al suo rilascio
farsi subito visitare da un dottore....
Zahi è stato rilasciato
il 25 febbraio del 2015, ha fatto subito tutte le analisi e il
risultato è stato quello che temeva: ha il cancro.
Ma, siccome per israele
la tortura non è mai abbastanza, non lascia uscire Zahi dalla
Palestina per curarsi.
Qui le cure per il cancro
sono saltuarie perchè a volte per diversi mesi, israele, blocca le
medicine per la chemioterapia e per il resto non c' è molto.
Un altro ex prigioniero
che conosco ha contratto il cancro, ha avuto la possibilità di
andare nel '48 per fare la chemio. Ha finito il ciclo, ma doveva fare
ancora qualche seduta in un periodo più dilatato, così è tornato
qui in West Bank, a casa. Israele blocco le medicine per la chemio
per due mesi consecutivi. Lui tornò nel '48, ma fu troppo tardi,
c'era già la metastasi. Ora sta morendo.
Non è nella percentuale
delle casualità che ci si ammali nelle prigioni israeliane, è tutto
“aiutato” dai metodi di detenzione. I palestinesi sono forti e
resistono alle torture fisiche e psicologiche, ma la pessima
alimentazione, e la mancanza di cure per ogni disturbo o male
incentiva di certo la formazione di malattie.
In questo video, un
appello di Zahi, per lui e per tutti i prigionieri politici
palestinesi. Ascoltatelo, soprattutto voi: avvocati, associazioni per
i diritti umani e medici. Ascoltatelo e non fermatevi
all'indignazione. Salvatelo. Salvate tutti questi esserei umani.
Viyan Peyman, di Maku in
Kurdistan orientale (Iraq), combattente kurda che alleviava il morale
dei combattenti cantando canzoni con la sua bellissima voce. E' morta
il 6 aprile 2015 durante un combattimento contro l'isis. Martire.
La “giornalista
italiana” Doriana Goracci scrive che è stata uccisa mentre
combatteva contro lo “stato islamico”..... Questa non è
ignoranza, questa è stronzaggine. Ma non voglio scrivere attaccando
la stronzaggine, non mi interessa, voglio scrivere CHI uccide Viyan
Peyman.
Vi sarà capitato sovente
di trovarvi di fronte a fotografie della Palestina prima del 1967,
quelle in bianco e nero. Avete notato le donne? Poche con il velo,
quasi tutte sorridenti, con le gonne, i capelli sciolti, foto anche
di danze arabe. Cos'è successo dal 1967 ad oggi? Perchè oggi le
donne in Palestina non possono danzare, andare in bicicletta, devono
essere coperte, non possono ridere o parlare ad alta voce in
pubblico, non possono camminare mano nella mano con il loro consorte,
e molto altro?
Scusate eh, ma il Corano
è stato scritto prima del 1967 e non è cambiato, e prima dei quella
data qui erano musulmani.
Chi era in Palestina nel
1967 o seguiva le sue vicende quotidiane se lo ricorderà: nel 1967
gli arabi persero la guerra, in quel momento alcuni Sheik (persone
che interpretano le scritture del Corano e le divulgano al popolo)
parlarono tutti concordanti al popolo dicendo che la colpa era delle
donne. Che gli shebab erano distratti dalle donne e quindi
quest'ultime dovevano “coprirsi e che alcuni comportamenti
diventavano vietati”.
Non c'è niente di peggio
dell'incolpare le vittime, ed opprimerle ancora di più. Questa si
chiama repressione su altra repressione e non ha nulla a che vedere
con il credere in Dio, anzi, va contro Dio. Un essere di potere che
reprime la libertà di altri esseri può solo essere contro Dio.
La domanda successiva
potrebbe essere “perchè tutti hanno creduto a quegli Sheik?”.
Forse perchè non hanno fatto solo questo, ma hanno anche: impoverito
l'educazione e l'istruzione censurando ed omettendo, hanno limitato
le arti, lo spettacolo, la cultura, la creatività, inventandosi
interpretazioni del Corano estrapolando solo alcune frasi. Qui in
Palestina non c'è la danza del ventre, che è nella cultura araba,
ma qui è proibita.
Esempio: “il martedì
le donne non possono andare in piscina, è scritto nel Corano “
Beh, però gli Sheik che
hanno creato tutto questo, perchè l'hanno fatto? O meglio, per chi?
Ecco, allora, ritorno su
quello che ho scritto più volte: la Palestina vive sotto più
occupazioni. E questa volta, le scrivo tutte.
L'occupazione del
mostro israele.
L'occupazione
dell'autorità nazionale palestinese.
L'occupazione del
mostro economico creato dai primi due mostri.
L'occupazione
patriarcale creata dai primi due mostri.
L'occupazione delle
ONG, nata dai primi due mostri.
Della quinta occupazione
(ONG) parlerò in un altro articolo, perchè merita spazio. Ma voglio
dire fin d'ora che tutte queste occupazioni sono collegate e
collaborano fra di loro con un unico scopo, non liberare la
Palestina.
La repressione sulla
donna non crea controllo solo sulla donna, ma anche sugli uomini che
vivono di conseguenza “repressi”.
E' bel pacchetto,anzi, un
bel piano: togli la cultura, lo svago, l'istruzione, il lavoro, la
terra, la libertà di “scegliere” e “decidere” e fai sentire
colpevoli chi si ribella a tutto questo davanti a Dio.
Questa situazione qui è
pesante e crea conseguenze sociali pesanti che fanno pagare alla
Resistenza. Vi faccio alcuni esempi: uno shebab ha un rapporto
sessuale con una donna prima del matrimonio. Purtroppo sta succedendo
che in molti casi la donna lavora per israele, sanno benissimo della
situazione repressa degli shebab e della società nel quale si vive,
quindi la sfruttano. Conseguenza: lo shebab è costretto a sposare
quella donna e lavorerà anch'esso come spia per israele.
Altro esempio: dal 1967
ad oggi l'autorità palestinese ha creato “associazioni culturali”
per i giovani dove viene prodotta poca cultura, ma soprattutto
vengono indottrinati con idee allucinanti. Ho sentito con le mie
orecchie uno shebab dire “se quando sarò sposato e mia moglie
dovrà partorire all'ospedale non ci saranno medici donne, nessuno la
toccherà, può morire”. Eppure la famiglia di questo shebab non si
fa di questi problemi. Idee infilategli in testa da questa
associazione.
Altro esempio: nella
maggior parte dei villaggi le donne non partecipano alle
manifestazioni contro israele perchè “non sono adatte e devono
stare chiuse in casa”.
Altro esempio: vicino a
Nablus c'era un appartamento dove per parecchio tempo venivano
portati gli shebab a sfogare la loro repressione sessuale, ebbene....
le ragazze avevano tutte l'aids. L'appartamento era di una persone
dell'autorità nazionale palestinese. C'ha fatto anche parecchi
soldi.
Questo non ha nulla a che
fare con la religione, ripeto, prima del 1967 la percentuale di
musulmani era la stessa. Questo è un piano costruito a braccetto con
l'occupazione israeliana.
Ci sono donne che stanno
lottano contro l'occupazione israeliana, contro l'isis e contro la
società costruita da loro. Come vivono se non vengono ammazzate come
Viyan Peyman? Male, sono viste come puttane, come pazze, malati
mentali, violente, terroriste, che vogliono fare di testa loro.... e
questo ritratto viene usato per ogni persona libera che lotta per la
libertà. Ovviamente il ritratto non cambia se a dirlo è uno Sheik,
o una ONG o l'autorità nazionale palestinese o un “gruppo
estremista creato all'ultimo minuto”.
Fa paura chi è libero e
non ha sete di potere, ma combatte solo per la libertà altrui, vero?
In allegato il video di
Viyan Peyman riportando uno dei commenti, di un compagno:
“Viyan Peyman è
scomparsa oggi. L'ho incontrata in Kobanê lo scorso dicembre. A quel
tempo si stava riprendendo da una ferita. Era stata ferita in un
conflitto con ISIS (DAIS), un mese prima. Lei era uno dei comandanti
del fronte in Kobanê. Viyan ha sempre combattuto coraggiosamente
contro ISIS. Con la sua voce Viyan Peyman dava coraggio e la forza ai
suoi compagni. Era una cantante, ma a causa della guerra nel suo
amato paese non poteva fare altro che proteggere la gente. Ha cantato
elegie, lamentandosi contro l'oppressione, contro la disuguaglianza
sociale e contro la cultura maschilista. Oggi abbiamo perso una
guida, una persona sociale e solidale forte nella guerra contro il
terrorismo. Forza a tutti voi.”
Ieri ho fatto visita a
Nidal, il fotografo al quale hanno sparato assieme a me il 16 maggio.
Nidal stava fotografando che mi avevano sparato la prima rubber
bullet, quando ne è arrivata una seconda (e non ho ancora capito se
la seconda ha preso me di striscio al braccio e poi ha colpito lui o
se ce ne sono state altre due) che è entrata nella sua maschera
antigas, rompendola, e ha colpito l'occhio sinistro.
Non è la prima volta che
sparano a Nidal, ovvio qui in Palestina, gli avevano sparato altre
due rubber bullet anche la settimana prima nella pancia. Stava
fotografando... è il suo lavoro.
Purtroppo Nidal non può
ancora tirare il sospiro di sollievo, non sa ancora se dovrà essere
operato oppure no. L'occhio non è messo bene, non ci vede e non può
aprirlo. Nidal ha forti emicranie e dolori all'occhio persistenti.
L'hanno imbottito di gocce e medicinali e gli hanno imposto il sonno
continuo..... Non vede i messaggi su facebook perchè non ci vede, ma
gli ho detto del vostro sostegno dall'Italia e gli ha fatto piacere.
Abbiamo parlato, ieri, io
e Nidal di quel momento.. Il cecchino voleva uccidere. Era piazzato
sdraiato per terra, la canna del fucile era ad altezza gambe, ma ha
mirato me al cuore e a Nidal in faccia. Ha alzato la mira.
Nidal in questo momento
non sta lavorando, ovvio, 3 figli e moglie da mantenere... Medicine
tutte da pagare... E' andata bene, certo, siamo ancora qui. Ma, Nidal
è un fotografo, un giornalista, stava scattando una foto; io ero con
le braccia aperte e camminavo. E israele è il killer che non paga
mai.
Ecco..come dire.. non me l'aspettavo: ho ricevuto un riconoscimento.. dai Palestinesi. Sono emozionata e ripeto, non me l'aspettavo. Oggi presso il Tanweer center di Nablus, alla presenza di tutte le forze politiche e rappresentanti di Balata, Howwara, Askar si è tenuto un incontro per tirare le somme su quello che è accaduto il 16 maggio al checkpoint di Howwara per i 67 anni della Nakba. C'erano gli shebab feriti, c'era Khalid Mansour, quel signore che nel video ha la kheffia in testa e vedete per terra. I soldati gli hanno sparato una rubber nella pancia, poi una nella schiena e quando era per terra, una in un piede. Io e Khalid in due abbiamo fatto cinquina.. C'era un altro signore che gli hanno sparato nella pancia. Non c'era, di persona, Nidal Eshtayeh , il fotografo al quale hanno sparato in un occhio. La sua testimonianza è arrivata tramite telefono, ed è stato un momento emozionante. Poi, è arrivato il mo turno di parola, ho raccontato i fatti e ho dichiarato che sono felice di aver fermato due rubber bullet con il mio corpo che avrebbero potuto ferire due giovani shebab; altresì che in questo momento vorrei solo una cosa: tornare al più presto al checkpoint di Howwara. Ed, ecco che dopo...sono arrivati questi riconoscimenti da tutti i partiti uniti. Mi hanno dato la targa per i 67 anni della Nakba, a me, a Jehad, a Khalid e ad altri due feriti. Non me l'aspettavo (e si vede dalla faccia da scema che ho nella foto). Non sono mai stata per queste cose, ma il fatto che a darmela sia stata l'unità, mi ha dato di più di una targa, mi ha dato la speranza. Nel piattino di plastica c'è ciò che ci hanno sparato quel giorno. Chiudo qui, commossa.
Questo è il video, realizzato da Nablus TV, della manifestazione per la Nakba del 16 maggio ad Howwara checkpoint. Al minuto 0,53 c'è il momento quando il cecchino mi ha sparato. Un istante dopo hanno sparato al fotoreporter Nidal. Al termine della manifestazione c'erano 8 feriti da rubber bullet e molti soffocati.
Le prime due foto sono i due spari che ho preso dal cecchino israeliano, due rubber bullet. Una al braccio, che ha ferito il muscolo, e l'altra al seno. Le altre due foto sono del fotografo Nidal Eshtayeh, la rubber bullet gli ha spaccato la maschera antigas e colpito l'occhio. Eravamo ad Howwara checkpoint per marciare per la Nakba. Stavo semplicemente camminando verso il checkpoint con le braccia aperte. Quando hanno iniziato a sparare le sound bombs e i gas non mi sono spostata. Hanno piazzato il cecchino e, sempre con le braccia aperte, mi muovevo veloce orizzontalmente per fare da scudo agli shebab. Essendo donna ed internazionale pensavo fermasse il cecchino, che, invece, mi ha sparato due rubber bullet e ha sparato un'altra rubber bullet a Nidal che stava fotografando. Questo è tutto, mi spiace di non essere uscita dall'ospedale in tempo per ritornare alla manifestazione. Lunga vita alla Resistenza. Un dito in culo ad israele. Grazie a tutti per i messaggi di solidarietà.
Scontri ad Ofer, Ramallah, per i 67 anni dalla Nakba (scacciata del popolo palestinese da parte di israele). I soldati israeliani attaccano il villaggio e il gruppo stampa.
Il 15 maggio saranno 67
anni dalla Nakba. Le “celebrazioni” sono già iniziate oggi, qui
in Palestina.
Un anno fa ero davanti
alla prigione di Ofer a Ramallah. Gli shebab protestavano, appunto,
per la Nakba. I soliti comitati avevano già fatto la loro marcia e
ai primi gas si erano allontanati; rimangono gli shebab a tirare
pietre all'incirca a 20 mt di distanza dai primi soldati. Quelle
pietre non possono far vittime...
Mi sto mettendo la
kheffia e alla mia destra c'è un gruppo di giovanissimi shebab. Uno
di loro mi guarda e mi dice “hai dei begli occhi”. Lo ringrazio,
sorrido.
Mezz'ora dopo un cecchino
israeliano uccide con un proiettile Nadim Nawara, 15 anni, passaporto
americano. Lo shebab che mi aveva fatto il complimento era lì vicino
con i suoi amici e vedeva il suo amico morire.
Non passano trenta minuti
e con un altro proiettile, il cecchino israeliano, uccide proprio
quello shebab. Si chiama Mohammed Zaher, 16 anni. Corrono gli shebab
con il suo corpo in braccio verso l'ambulanza. Io sto filmando e vedo
la testa e gli occhi girati all'indietro di Mohammed. Ho il gelo, non
ce la faccio e d'istinto spengo la telecamera.
Due martiri, nello stesso
giorno, nello stesso luogo. Due giovanissimi.
In seguito verranno
aperte le indagini (forse perchè Nadin aveva passaporto americano) e
si concluderanno dicendo che nessuno dell'esercito israeliano sapeva
che quel cecchino stava sparando proiettili veri.... E' una balla due
volte, ovviamente, anche perchè ad Ofer sparano tutti i giorni
proiettili veri.
Un anno dopo, siamo
ancora qui, a “celebrare la Nakba”. Nadin e Mohammed no, non ci
sono più, sono morti. Sono morti per celebrare la Nakba, perchè ci
credevano, perchè sono Martiri.
Lui si era soffermato sui
miei occhi dicendo “belli”, io ricordo i suoi occhi girati
all'indietro perchè morto.
Chi ha visto “israele,
IL CANCRO” si ricorderà di un sequenza funerali di martiri ai
quali ho assistito, ma si ricorderà soprattutto di Imam, quel
bambino di 15 anni sul tavolo d'acciaio dell'obitorio.
Io, Imam, l'ho visto solo
così, solo in quel momento della sua vita. L'ho visto martire.
29/12/2014 Erano finiti
gli esami a scuola, Imam con un suo amico si dirigono verso la cima
della collina. Lì c'è una piccola piscina naturale e i bambini
palestinesi ci vanno ogni tanto per giocare.
Nessuna voce di
avvertimento, nessun colpo in aria. I soldati nazisti israeliani
hanno sparato direttamente ad Imam ed al suo amico. L'amico ferito,
Imam ucciso. 15 anni.
Quel giorno al Rafhidya
Hospital di Nablus c'erano moltissimi giornalisti palestinesi (io ero
l'unica internazionale a documentare). Non sono riuscita a farmi
spazio fra la folla della stampa, dei parenti che piangevano, della
polizia palestinese che cercava di gestire la folla. Ho pensato di
filmare quello che potevo, o almeno, questo era quello che avevo
pensato. Ma, quando l'ho visto, quel corpicino sul tavolo d'acciaio,
nel lenzuolo verde.. Quando l'ho visto ho iniziato a piangere e non
guardavo più cosa stavo filmando. Ricordo il padre che si chinava a
baciarlo e il fratello che non lo lasciava. Non sono riuscita a fare
domande ai famigliari, nulla.
Ieri sono andata da
quella famiglia a fargli visita. Non era una visita per scrivere un
report, né per fare delle foto. Era per dirgli che non avevo
dimenticato e per sapere come stavano, loro, che hanno avuto un
figlio di 15 anni ucciso da un cecchino israeliano.
Il padre, un uomo di
bell'aspetto e con una dignità ed una forza rare, che ho visto in
pochi, ha la voce del figlio sul cellulare. Si, perchè Imam un
giorno aveva telefonato ad una radio per dire due parole a supporto
dei prigionieri politici. Il padre tiene quella telefonata registrata
dalla radio sul suo cellulare e ce lo gira per farcela sentire.
Ho pensato molto, ieri ed
oggi, se scrivere di questa visita... E ora vi dico perchè ne ho
scritto. Non ci sarà nessun processo per l'uccisione di Imam.
Nessuno può testimoniare perchè verrebbe arrestato per terrorismo.
Non ci sarà giustizia.
Ecco, allora mi
piacerebbe che Imam avesse la Giustizia dei vostri cuori e di tutti
quei cuori che lo conosceranno tramite voi.
Voi avete visto Imam,
fatelo vedere a tutti, anche a chi non vuol vedere.
Onore al martire Imam, 15
anni, di Beita (Nablus). Onore e rispetto alla sua famiglia.
Siamo subito dopo la
seconda Intifada, al checkpoint di Howwara a Nablus, durante l'Eid.
Israele ha chiuso il checkpoint e lo apre per solo 3 ore nel
pomeriggio. I palestinesi vengono dai villaggi per andare a Nablus
per comperare cibo e doni per l'Eid, ma si rendono conto che 3 ore
non sono sufficienti. Arriva un service al checkpoint e iniziano a
protestare con i soldati perchè il checkpoint chiuderà presto....
Dopo molta insistenza arriva il comandante e “concede” un'ora in
più d'apertura. I palestinesi risalgono sul service ed una donna
commenta “è andata bene, il comandante dei soldati era un
brav'uomo”.
Raccontato da un
palestinese: Fino alla seconda Intifada quando c'era un martire
tutti scendevano nelle strade, andavano al checkpoint ed attaccavano
i soldati con le pietre. Oggi... giochiamo a carte nelle caffetterie
e mentre giochiamo con lo sguardo sulle carte uno chiede all'altro
“c'è stato un martire?” “sì, a Ramallah” “ah, che Dio lo
benedica”.
Non è che perchè
sono in Palestina non ho più storie d'amore, non si vive senza
amore. Ho avuto una storia, con un palestinese che da un incontro
all'altro con me, spariva completamente. Passavano settimane senza
un messaggio, un segno, nulla. Un giorno, eravamo a letto
abbracciati, in uno di quei momenti dove il tuo odore e la tua
temperatura sono misti ai suoi. Allora gli chiedo “mi hai pensata
in questa settimana?” e lui onestamente e tranquillamente mi dice
“no”. Io, ancora da stupida donna occidentale penso abbia
un'altra e incalzo la dose e gli chiedo “scusa, ma a chi pensi
quando non sei con me, a cosa pensi?”. Lui, con la stessa
tranquillità mi risponde con parole come pietre: “io voglio
essere martire”.
Un palestinese
chiede all'autorità palestinese di organizzare autobus che portino
gli shebab a piantare gli ulivi e a lavorare la terra, qui, vicino
alle loro case, ma l'autorità rifiuta. Due mesi dopo l'autorità
palestinese organizza autobus per portare gli shebab nel '48 a
lavorare la terra. Vedranno i negozi lussuosi, le auto nuove, le
belle case, la figa. Quando torneranno, così come è stato per
altri shebab, diranno “la vita è là”.
Sono in mezzo agli
scontri vicino a Ramallah, ci sono gli shebab che stanno tirando con
le slin shot. Io mi sto avvicinando, ma mentre cammino costeggio 3
auto. Al loro interno ci sono palestinesi che stanno comunicando al
cellulare chi c'è e dove sono gli shebab, la stampa, e la
sottoscritta. Chiedo ad alcuni shebab amici se sanno chi sono quelli
nelle auto e mi rispondono “sono i mukabarak”. Un'ora dopo uno
shebab viene ferito da proiettile alle gambe, non c'è l'ambulanza,
ma nessuna delle 3 auto lo carica per portarlo all'ospedale. Arriva
un'auto dal villaggio e lo portano con quella. Chiedo agli shebab
come fanno ad accettare una presenza così e mi rispondono che loro
se ne fottono dei soldati israeliani, figuriamoci se si preoccupano
delle spie palestinesi. Racconto ad un mio amico palestinese
l'accaduto e gli dico che non sono più convinta di andare in quel
luogo di scontri, lui mi risponde “Samantha, se ti fai problemi
per i mukabarak o l'Wucoi, non dovresti andare in nessuno scontro,
perchè sono dappertutto”.
Ho salutato un'amica
una settimana fa. E' stata qui poco, solo 15 giorni e per me non è
stato facile gestire la sua presenza. Perchè quando qualcuno viene
qui per un po', è come una visita in prigione. Vorresti piangere,
non hai la testa per ascoltare cosa c'è là fuori, ma non puoi, non
puoi comportati così. E così ti punisci e freni ciò che corresti
essere. Poi l'amica riparte, esce dalla prigione e tu rimani, e
crolli.
Una mia amica
palestinese di Haifa ha lasciato la Palestina quando c'è stata la
Nakba ed è andata a vivere in America. Torna in Palestina spesso,
quasi tutti gli anni. Due giorni fa mi ha detto “questa è al
peggior Palestina che io abbia mai visto dopo la Nakba, perchè sono
tutti collaboratori di israele”.
Ieri notte dopo
l'una il mio sonno è stato interrotto da una raffica di spari,
forse erano spari per festeggiamenti (non credo perchè era dopo
l'una di notte), ma il problema è che no mi sono posta il problema.
Mi sono girata dall'altra parte e ho continuato a dormire.
Vedo il mondo diviso fra
chi soffre anche se vede morire un pesce e chi, invece, gratta con
gli artigli nel cuore delle persone e intanto sorride; e dopo aver
grattato ripassa sul tuo corpo pulendosi i piedi come uno zerbino.
Non so, non riesco a capire come questi ultimi possano vivere, non
sono umani.
Ho fatto un film
(israele, IL CANCRO) che aprisse uno spiraglio di discussione su
questo. E' stra boicottato, la gente vuole vederlo, ma quasi nessuno
vuole proiettarlo. Il 12 maggio sarà a Pavia ( 12
maggio: Pavia, ore 19,30 presso Circolo Arci Via d'Acqua - Viale
bligny, 83 - 27100 Pavia. ).
Io e G. ci stiamo
arrampicando su uno specchio per non scivolare giù, ma stiamo
scivolando verso il buio con il cuore grattato dagli artigli troppe
volte, troppe.
Mi ha fatto male fare questo video, ma è un dovere. E' un dovere perchè forse molti di voi non hanno mai visto.. E' un dovere perchè la conoscenza e la memoria ci rendono liberi. E' un dovere perchè è responsabilità di tutti. Ovviamente il dovere non è stato un piacere. Onore ai martiri.
Devo raccontarvi una
brutta storia, un altro orrore della Palestina.... Da giorni (almeno
per chi mi segue) è iniziata questa cacciata dei venditori ambulanti
di Nablus. Quelli caratteristici che riempivano la piazza e il centro
con i loro carrettini colorati e dove si poteva acquistare la verdura
o bere il classico caffè o mangiare. E' una classe sociale povera,
costituita per lo più da vecchi. Io sempre acquistato da loro perchè
con loro si instaura anche un rapporto umano.
Devo raccontarvela questa
storia perchè nessun palestinese (almeno per il momento) può farlo
e per farvi capire che quando dico che non c'è nessuna speranza vi
sarà più chiaro capire il perchè.
Ieri una fonte stampa
palestinese (dopo 3 giorni di guerra a Nablus) ha scritto: “shebab
stanno portando ruote delle auto per essere bruciate in piazza Nablus
senza motivo....”. Giustamente nei commenti qualcuno gli ha scritto
“lo sapete il motivo, perchè non lo scrivete cosa sta
succedendo?”.
Non possono farlo perchè
si ritroverebbero nella prigione palestinese di Jneid in 5 minuti.
Ieri gli shebab hanno
tentato due volte durante la giornata di bruciare le ruote delle auto
così come si fa quando arrivano i soldati israeliani e non so cosa
accadrà nelle prossime ore....
Non lo so perchè come vi
ho detto prima, questa classe sociale è per lo più di vecchi, non
di shebab che possono tirare pietre e protestare e chi ha creato
tutto questo lo sa benissimo e dorme tranquillo.
Hanno iniziato con il
CHIUDERE la piazza di Nablus, muovendo i carrettini del cibo e del
caffè di qualche metro, e costruendo quelle due orribili casette di
cemento. Oltretutto la piazza ora non si può più attraversare
perchè è, appunto, recintata.
Poi, 4 giorni fa, la
grande azione: 3 corpi di polizia palestinese (Municipio, Governo e
soldati della Presidenza) sono piombati nel centro di Nablus e hanno
iniziato a far chiudere i carrettini, alcuni sequestrati, altri
distrutti, persone spintonate, 8 arrestati. Sono andata lì con la
videocamera e ho fatto quel primo video. Ieri, addirittura non c'era
più un carrettino in giro e la gente non parla, ha paura. Le
motivazioni della polizia? “Facciamo Nablus più bella...”, una
scusa che non tiene perchè lo vedono tutti il disastro.
Oggi sono ritornata in
centro, in quel centro deserto che sembra Hebron (chiusa dai soldati
israeliani). Ho incontrato uno di quei vecchi, con le stampelle, che
mi dice che ha 5 figli ed ora è senza lavoro. Poi mi sono spostata
in un'altra zona del suk, dove vado di solito e sono “cliente” e
ho fatto 4 chicchere..... Ed ecco che il merdone viene a galla....
Un ragazzo di 20 anni mi
dice che ha 14 carrettini (nella sua famiglia), glieli hanno portati
via tutti. Tutta la famiglia è senza lavoro, tranne un componente
che lavora nell'autorità palestinese e m dice “non possiamo
ribellarci, sennò anche lui perde il lavoro”. Eh, certo, è la
fotografia di tutte le famiglie qui; tutti hanno un parente
nell'autorità, così non possono protestare... Un altro mi dice che
era già successo in precedenza, non con questa violenza, e che fra
qualche giorno se ne sbatteranno e torneranno dov'erano... Ma, poi
c'è un'altra persona, che però indossa una divisa, e che iniziamo
con il sorriso a puntare per avere delle risposte.
La realtà viene fuori
dopo un'oretta..... La piazza è stata chiusa perchè è stata
privatizzata e chi ha la piazza ha costruito le due casette ad uso
commerciale che si adattano alla porcheria di costruzione che c'è di
fronte: il centro commerciale. Allora chiedo... chi è che ha
comperato tutto?
Risposta: Ghassan El
Shak'a, il Sindaco di Nablus.
Lo stesso sindaco che un
anno fa ha privatizzato Sama Nablus, il parco con vista che era di
tutti i palestinesi e oggi, invece, è chiuso, si paga l'ingresso ed
ha locali solo per i ricchi (infatti sono vuoti).
Vabbè, direte, un'altra
storia in stile europeo che però è in Palestina, direte voi...
Invece no, perchè qui siamo in Palestina, siamo sotto occupazione
israeliana e tutto questo ha un senso diverso che vi “accendo”
dicendovi la storia di Ghassan El Shak'a.
Era il Sindaco di Nablus,
ma per diverse azioni, tutti sapevano che era un “jasous” cioè
un collaboratore stretto di israele. Inizia a stringersi il cerchio
intorno a lui e a temere per la sua vita fino a quando arriva lo
sparo. Chi, però, arriva per ucciderlo, si sbaglia ed ammazza il
fratello.
Ghassan El Shak'a si
“allontana” dalla Palestina per un po', per salvarsi il culo
(tanto essendo jasous può entrare ed uscire dalla Palestina come
vuole). Nomina un sostituto, ma mica un sostituto a caso... Questo
inizia a comperare con i soldi di Ghassan Shak'a pacchi di zucchero,
farina, olio, etc.etc.. Ci scrive sopra il nome di Ghassan Shak'a e
li regala alla gente di Nablus. Per parecchio tempo, il tempo utile
per arrivare alle elezioni; nelle quali Ghassan Shak'a non farà
nemmeno campagna elettorale. Ovviamente viene eletto.
Ora, voi capite, che
nella scacciata dei carrettini c'è un piano ben preciso:
l'occupazione della Palestina.
Se gli “jasous” (che
sono collaboratori di israele) hanno in mano i centri delle città e
tolgono la vita ai palestinesi; è giusto che così come boicottiamo
israele debbano essere boicottati anche loro.
E' l'unica cosa che posso
fare per supportare la Resistenza: scrivere la storia e boicottare.
L'altra possibilità è
che gli shebab dei campi profughi e del centro storico (cioè quelli
più poveri) reagiscano. Ma ci sono due ostacoli: parenti che
lavorano nell'autorità palestinese e che perderebbero il lavoro e,
altresì, quello che è accaduto due mesi fa....al campo profughi di
Balata, dove una miccia interna ha fato sì che si sparassero fra di
loro (nulla è per caso).
Io sto dalla parte delle
vittime, dei vecchi, dei ragazzi con 5 fratelli che vendono i
pomodori per vivere. Io boicotto la piazza di Nablus, anzi, la piazza
di Ghassan Shak'à, la piazza di israele.
Ma, volevo andare a
vedere con i miei occhi e così oggi ci sono andata. Vi racconto
passo dopo passo che cosa è successo perchè io stessa non ci
credevo mentre lo vivevo.
Partiamo da Ramallah con
il service, passando dal checkpoint vicino a Nabi Saleh, ed
imbocchiamo la strada per Rawabi. Lungo la strada ci sono i
cartelloni pubblicitari con scritto “luxuri houses” e facce di
persone occidentali stile “happy life”, ovviamente nessuna donna
viene raffigurata con il velo. Arriviamo all'ingresso di Rawabi dove
c'è un cancello come quello degli insediamenti illegali israeliani.
Al cancello ci sono le guardie private e poi c'è un tornello stile
checkpoint. Entriamo senza che nessuno ci chieda o dica nulla e uno
delle guardie chiama qualcun altro al telefono per far arrivare
un'auto per noi.
Mentre aspettiamo
iniziamo a guardarci attorno....stanno costruendo quest'orrore di
architettura. Arriva l'auto che ci porta (scarica) in cima alla
collina in una super reception dove all'ingresso c'è una ragazza
bionda con occhi azzurri che parla americano e ci dice “welcome in
Rawabi”.
Ci chiede se abbiamo un
appuntamento, ma le diciamo che siamo lì solo per fare qualche foto
al villaggio e che non sapevamo di dover prendere un appuntamento.
A quel punto la ragazza
ci dice che non crede di avere un'auto che ci può accompagnare nella
visita, ma intanto dobbiamo lasciare i nostri “dati basilari” per
entrare perchè devono registrare tutti. Quali sarebbero i “dati
basilari”? Nome, cognome, telefono, mail, agenzia per la quale
lavoriamo, indirizzo. Alla faccia dei dati basilari, ma poi, perchè?
Cioè..siamo in un villaggio palestinese o siamo in un altro posto?
I dati, però, li scrive
solo su un post it che allunga nell'altra stanza....mmm sa molto di
ricerca tramite google. Nel frattempo arriva un ragazzo che ci offre
un caffè, ma, attenzione: il caffè è americano, non c'è caffè
palestinese.
Torna la ragazza che i
invita a vedere il film il 3d di presentazione a Rawabi. Non avevo
mai visto un film il 3d, lo vedo nel villaggio “palestinese” di
Rawabi. Ovviamente essendo in 3d, non posso riprendere con la
videocamera perchè no si vedrebbe una ceppa. Il film fa cagare più
di quanto mi aspettassi: occidentali felici che si abbracciano,
bevono il caffè e il figlio gioca a pallone nel campo da calcio di
Rawabi. Però noto una cosa sia nel film che nelle foto c'è una
strana omissione: non sono disegnati gli insediamenti illegali
israeliani che circondano Rawabi.
Finisce il film e,
sinceramente, per il lusso nel quali mi trovavo e il film che avevo
visto, mi viene la voglia di fottere tutti gli occhiali da 3d e
regalarli agli shebab. Ma sono già nella fase shock e ripongo anche
i miei di occhiali.
Quando usciamo la ragazza
ci dice che con vero dispiacere non c'è nessuno che ci può
accompagnare per la visita e che c'è pronta un'auto che ci riporterà
all'ingresso per lasciare il villaggio... Le diciamo di non
preoccuparsi che possiamo camminare e intanto scattare qualche foto,
ma mi fa presente che non possiamo camminare nel villaggio e che
soprattutto anche se scatto delle foto saranno per uso personale e
che non posso pubblicarle perchè non sono autorizzata (autorizzata
da chi esattamente, non lo so, visto che l'autorità palestinese in
realtà non ha autorità). Vabbè, scatto ugualmente, poi saliamo in
auto e a metà strada, ovviamente, chiediamo di fermarci per fare un
paio di foto. Il guidatore imbarazzato si ferma ugualmente. Risaliamo
ed arriviamo all'ingresso dove stranamente c'è il service che ci
aspetta. Scattiamo altre due foto, ma si avvicina la security e uno
di loro ci dice qualcosa..ma non capiamo..lo ripete e noi sempre
rispondendo in arabo che non capiamo... Allora ci risponde in arabo e
solo in quel momento abbiamo realizzato che non capivamo perchè
prima ci aveva parlato in ebraico e scopriamo altresì che il suo
arabo è pessimo. Non avevamo davanti un arabo.....ed è la security
del villaggio palestinese di Rawabi.
Saliamo nel service...son
scioccata. La ragazza ci ha detto che non c'era nessuno disponibile
perchè sono tutti occupati per l'apertura del villaggio a fine
maggio. Molti palestinesi arriveranno qui da tutto il mondo.. Ma
davvero? E' stato conquistato il diritto al ritorno per il popolo
palestinese? Ma, non mi ha risposto. Mi hanno regalato un portachiavi
con il logo di merda di Rawabi, che come design richiama il logo di
Jawall, forse il grafico è lo stesso.
Torniamo a Ramallah, io
con la mia kheffia del pflp e la mia collega con la kheffia di Hamas
e con gli abiti “stile scontri” come mi dicono gli shebab.. e
penso.. penso ai palestinesi che conosco nei villaggi attorno a
Nablus, alle loro case di una stanza per tutta la famiglia, penso
agli shebab di Ofer che non hanno 1 shekel in tasca per comperarsi
l'acqua da bere, penso ai martiri morti per la libertà della
Palestina, penso a chi non può uscire dalla Palestina e a chi non
può tornare in Palestina, penso che fra pochi giorni sono 67 anni
dalla Nakba, penso ai poveri venditori ambulanti scacciati da Nablus.
Non so se mi faranno
entrare all'inaugurazione di Rawabi, ma se qualcuno che legge
quest'articolo ha la possibilità di andarci, vi prego...andate in
uno di quei cessi lussuosi e cagate fuori dal cesso per me. Grazie e
welcome in Rawabi.
Chi è stato a Nablus ha
sicuramente nel cuore i caffè bevuti in piazza fatti dai venditori
ambulanti caratteristici della Palestina. Così come si ricorderà
dei vecchi che spingono i loro carretti colorati e che vendono
frutta, verdura, dolci. Ecco..sono un ricordo per tutti da oggi a
Nablus, perchè non ci sono più.
Questa mattina alle ore
7,00, mentre Nablus riprendeva la vita quotidiana, la polizia
palestinese ha fatto irruzione nel suk per far chiudere i venditori
ambulanti. Nel suk non ci sono riusciti perchè gli abitanti hanno
reagito tirandogli le pietre; ma nel resto della città è stato un
disastro.
Chiusi tutti i baracchini
del caffè e del cibo nella piazza di Nablus, chiusi tutti i carretti
dei venditori ambulanti delle vie adiacenti alla piazza. Chi si
opponeva ha trovato la violenza della polizia che ha rotti le
bancarelle e arrestato i venditori (8 fino a qualche ora fa). Gli
shebab mi hanno detto cosa stava succedendo , così sono tornata a
casa di corsa per prendere la videocamera e girare il video.
Ovviamente la polizia palestinese sa benissimo che non hanno autorità
sugli internazionali, quindi, anche se hanno provato a fare gli
stronzi, non hanno potuto con me e ho continuato a filmare e a fare
domande.
Guardate il video e vi
renderete conto della merda che c'è stata oggi a Nablus. Spero che
la situazione si risolva con le scuse della sede comunale di Nablus,
ma la mia speranza andrà come al solito a vuoto. Gli shebab
reagiranno, la solita guerra interna che non va contro l'oppressore
(israele). Allora, spero, che a reagire sia qualche poliziotto della
polizia palestinese meno stronzo degli altri e che si sia sentito più
merda del solito oggi a Nablus.