giovedì 5 febbraio 2015

“JE SUIS LE PALESTINIAN JOURNALIST”



Scrivo dalla Palestina. Scrivo agli italiani. Vi scrivo perchè troppo spesso si fa confusione sulla libertà d'informazione/espressione e i vari teatrini politici/mediatici italiani.
Più volte ho visto bandiere per gli Erri De Luca e i Saviano in nome della libertà di stampa. No, scusate, ma è inaccettabile.
E' inaccettabile soprattutto per chi vi sta scrivendo quando vedo i giornalisti qui in Palestina morire o farsi sparare o rapire per mandarvi la verità, la realtà. Questi Giornalisti che gli Erri De Luca e Saviano bombardano, non con le parole, ma con le armi israeliane.
Sono stata al MADA, il centro palestinese per lo sviluppo e la libertà stampa. Già nel loro sito trovate TUTTI i report possibili immaginabili e dettagliati delle violazioni, delle violenze, delle aggressioni, e dei morti ad opera di israele e dell'autorità palestinese sui GIORNALISTI PALESTINESI.
17 giornalisti palestinesi uccisi a Gaza solo nei 60 giorni la scorsa estate, 34 uccisi dal 2000 ad oggi; poi c'è tutto il resto. Un giornalista che perde la vista o le gambe non fa notizia in Italia, vero? No, si porta la bandiera di chi gli ha tolto la vista e le gambe, di Erri De Luca e Saviano.
Questi che si fanno sparare addosso per documentare con una foto l'uccisione di un bambino, come li vogliamo definire allora? Vogliamo, per favore, almeno urlare i loro nomi e portare le loro bandiere? Visto che in nome della libertà d'informazione oggi ci sono e domani forse no?
Li taggherò su facebook quando pubblicherò quest'articolo, non per avere un responso da loro, ma per dare a voi la possibilità di capire chi va supportato e chi, invece, uccide.
Ho fatto una breve intervista al direttore generale del MADA:




Ma, credo che più di tutto sia esplicativo il video fatto da MADA, dai giornalisti e con i giornalisti che sono vittime in nome della libertà.




Ora, a chi vuole continuare a sostenere i teatrini della libertà d'informazione faccio presente che in Paesi come l'Italia c'è tutta la libertà che si desidera. E' piuttosto una questione di scelte. Vuoi scrivere sul Corriere o su La Stampa, farti pagare, avere le TV che ti passano, etc. etc...? Bene, scrivi fino a qui e poi ti fermi, oppure non scrivi di questo e quell'altro. Sono scelte. Sapete, ce ne sono di giornalisti in Italia che non lavorano, che fanno la fame, che non ricevono nulla in cambio per anni di sapiente e duro lavoro e per aver sacrificato la loro vita.
Cosa diversa è, invece, qui. In Palestina non c'è la libertà d'informazione perchè è occupata da israele e negli ultimi tempi anche l'autorità nazionale palestinese, che è tutt'ora priva di leggi, ha iniziato a reprimere i media. E la “repressione” non sono le denunce nei tribunalini del cazzo....

Saluti ai “stra appagati” pennivendoli servi dei sionisti italiani.


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