mercoledì 13 marzo 2019

IN VETTA


Qualche giorno fa una mia amica è stata riconosciuta colpevole da un tribunale e condannata. Senza entrare nel dettaglio e senza riportare il suo nome, voglio scrivere la storia con una mia riflessione.
Veronica (nome casuale, ma con significato), parecchi anni fa ha partecipato ad una manifestazione contro la guerra. Per l'aver partecipato è stata condannata in via definitiva.
Passano gli anni e la vita di Veronica cambia dal farle nascere l'esigenza di tornare a svolgere il lavoro per il quale aveva studiato e per il quale aveva avuto vocazione. Parliamo di un lavoro inerente alla cura della persona. Per far questo, deve fare l'iscrizione all'albo dei professionisti del suo settore. Dopo un mese aver presentato l'iscrizione scopre (con non poco sgomento) che le viene rifiutata per quella vecchia condanna presa. Assurdo due volte perchè contro la guerra, proprio coloro che si occupano di curare le persone, dovrebbero esserci tutti/e.
Questa è la prima doccia fredda per Veronica, perchè significa che non potrà più lavorare e proprio quel lavoro scelto e studiato con laurea.
Ma, ecco l'ulteriore colpo di scena: alcuni mesi dopo i carabinieri gli notificano la denuncia. La presidente dell'albo l'ha denunciata per non aver dichiarato sulla domanda che aveva quella vecchia condanna.
Ok che la legge non ammette ignoranza... ma, Veronica non solo si era dimenticata di dichiararlo, ma proprio non aveva pensato che fosse influente; tanto che aveva presentato domanda di iscrizione all'albo.
Due giorni fa, Veronica è stata condannata a due mesi di reclusione per falso in atto pubblico.

Fino a qui i fatti. Ora … scrivo questa storia perchè rimanga scritto il seguito. Perchè magari un giorno io e Veronica non saremo più amiche (può accadere) oppure magari, un giorno la legge non sarà più così (questo è un po' più difficile che accada..).
Voglio scrivere che questa condanna profuma di onore per Veronica. E' l'onore dell'onestà verso i diritti umani, verso le persone, verso le vite. Voglio ringraziarla per la sua immensa onestà che non si è mai ridotta a sfilare in manifestazione, ma a scegliere eticamente come vivere. Questo va aldilà della solidarietà nelle lotte e ad essere nelle piazze; questo è sacrificare la propria vita per la causa. Si contraddistingue perchè si viene perseguitati, anche (appunto) nella vita privata. La persecuzione nei confronti di Veronica, in questo caso, è proprio l'indice dell'ingiustizia applicata a chi vive con scelta etica.

Per me è un onore essere tua amica, Veronica. Questo non ti ridarà il tuo lavoro, gli anni di studio e d'esperienza. E non ti ripagherà dell'ingiustizia subita da ste merde; ma volevo scriverti, che io ti vedo in vetta. La vetta dell'umanità. Hai vinto.
Loro sono disumani e hanno perso, per sempre.




MI CHIAMO MOHAMMED



“Mi chiamo Mohammed,
ho 10 anni, sono palestinese. Vivo a Beit Eil, vicino all'insediamento israeliano Psagot. Qualche giorno fa, i soldati israeliani sono entrati in casa mia di notte. Cercavano mio cugino Mahmuod, ha 19 anni. Ma quando hanno preso Mahmuod, hanno iniziato una contrattazione con la mia famiglia: in cambio del rilascio di Mahmuod, volevano me. E dopo, hanno preso tutti e due. Mi hanno picchiato e puntato la pistola alla schiena. Ci hanno portati in un centro d'investigazione. Per arrivare lì, mi hanno tenuto bendato; poi hanno tolto la benda e mi hanno costretto a guardare il pestaggio a mio cugino Mahmuod. Alcuni soldati lo picchiavano, gli altri cantavano e ballavano attorno a noi. Sono stato rilasciato dopo 11 ore, così che potessi raccontare del pestaggio a mio cugino. Mi sono fatto la pipì addosso, anche perchè non mi hanno permesso di andare in bagno nonostante li implorassi.”

Breve racconto di Mohammed, 10 anni, palestinese. Uno dei tanti... (e quanti ne ho visti così).

giovedì 7 marzo 2019

CHIEDO L'AIUTO DI TUTTI




Ok, so che ne avete delle vostre, so che il mondo è pieno di storie di merda; ma vi chiedo una mano per quello che segue...

Questa notte ho avuto un incubo che so da dove nasce.. Quando sono stata in prigionia per mano israeliana, ho avuto conoscenza di una storia che forse è rimasta irrisolta.
Nella cella 110 della prigione di Givon c'era una donna in isolamento da anni. Non è palestinese, è internazionale. Le prigioniere mi avevano raccontato di lei; fu il mio primo articolo quando rientrai in Italia. E' breve, vi prego di leggerlo perchè vi chiedo un aiuto in merito: https://samanthacomizzoli.blogspot.com/2015/06/chi-ce-nella-cella-n-110.html

Sono passati 4 anni e nessuno, ad oggi, pare si sia occupato di questa donna. Escludiamo che sia italiana perchè avevo chiesto al Console di verificare e l'esito era stato negativo. In ogni caso, in qualche parte del mondo risulterà fra le PERSONE SCOMPARSE. Forse in questo momento è già morta in quella cella, ma forse no. E' assurdo che sia là, in quella cella, in isolamento, che qualcuno la stia cercando e che passi il resto della sua vita lì.
Proviamoci, forse è tempo perso, ma proviamoci... Vi chiedo di scrivere tutti... ONG, ONU, Ministeri degli esteri di altri Paesi. Scrivete a chi cazzo volete e se avete idee a chi scrivere, ditemele. E' l'8 marzo ed è il giorno giusto; saranno tutti più sensibili.
Di seguito, la mia lettera mandata all'ONU. Vi prego di scriverne una anche voi.


  • All'ONU in Italia
  • To International Court of Justice

Egregie ONU e Corte Internazionale di Giustizia, mi chiamo Samantha Comizzoli (video reporter). Nell'anno 2015 ho vissuto in prigionia per mano israeliana nella prigione di Givon. In quei pochi giorni ho appreso e visto con i miei occhi, che nella cella 110 vi era una donna internazionale in isolamento da almeno 5 anni. Le prigioniere mi riferirono che al momento dell'arresto non aveva i documenti d'identità né aveva risposto all'interrogatorio per l'identificazione. Di seguito, per aver risposto in malo modo ad una carceriera, fu messa in una gabbia completamente chiusa per 48 ore (anch'io ho saggiato quel metodo di tortura). Quando uscì dalla gabbia aveva perso completamente la lucidità e fu messa in isolamento.
Mi dissero che parlava più lingue, che la sua identità e Paese di provenienza erano sconosciute e che , pertanto, non potendo rimpatriarla, avrebbe passato lì il resto della sua vita.
Forse in qualche Paese la sua famiglia la sta cercando. Forse la credono morta. Forse in questo momento è morta. Forse è negli elenchi degli scomparsi.
Vi chiedo, con questa mia, di intervenire.
Attendo Vs. riscontro.

Samantha Comizzoli




mercoledì 6 marzo 2019

ALL'8 MARZO


A tutte le Donne vittime di violenza maschile e/o femminile.
A tutte le Donne vittime di abusi maschili e/o femminili.
A tutte le Donne vittime di umiliazioni maschili e/o femminili.
A tutte le Donne vittime di sessismo, razzismo, emarginazione.
A tutte le Donne vittime di borghesia, conformismo, political correct impostogli dalle loro madri e/o padri.
A tutte/i le/gli Donne ed Uomini che sono prima di tutto, persone.
A tutti coloro che vivono la vita come un'opera d'arte, lottando e camminando lentamente verso la Libertà.
A voi tutti, il mio cammino.
All'8 marzo con i suoi concetti confezionati e le sue banalità da multinazionali, invece, il culo.

domenica 3 marzo 2019

SEMPLICEMENTE "NO"



Questa è l'immagine che contraddistingue la Palestina; il nocciolo del discorso.
E' un palestinese (non scrivo neanche il nome perchè non è importante) che torna indietro dal confine fra Gaza ed Egitto...anzi, torna indietro da un confine della Palestina. Torna, perchè non lo fanno uscire. In questo caso sono stati gli egiziani, ma se non sono gli egiziani, sono i giordani o il 99% delle volte...gli israeliani che controllano TUTTI i confini della Palestina. Quindi, ricapitoliamo: gli israeliani vogliono la Palestina, perseguitano da decenni i palestinesi, ma al tempo stesso non li fanno uscire da lì. (Ho ridotto il discorso ai minimi termini, ma è così).
Quindi... uno si dovrebbe chiedere "ma, allora, perchè?"
Scritto e riscritto, ma lo riscrivo perchè molti dimenticano (non i palestinesi ovviamente).
PERCHE' LA PALESTINA E' UN LABORATORIO ED I PALESTINESI SONO CAVIE PER GLI ISRAELIANI; CAVIE SULLE QUALI SPERIMENTARE METODI DI REPRESSIONE ED ECONOMICI, TORTURE, ARMI, PROIETTILI. TUTTA QUELLA ROBA CHE, POI, SIONISMO ED IMPERIALISMO, APPLICANO NEI NOSTRI PAESI. Questo c'è da scolpirselo nella testa, sennò si corre il rischio di continuare a prestarsi per slogan e battaglie per la liberazione della Palestina che non servono ad un cazzo; servono solo a chi le organizza per ritagliarsi il suo quadratino di notorietà nel mondo. Se si conosce il nemico ed il suo obiettivo, si trova una strategia per fermarlo; diversamente è aria fritta ed i palestinesi continuano a vivere (o non vivere) così.
ps.: chiedo scusa per aver usato il maiuscolo, ma il pensiero di non poter più riabbracciare amici/che in Palestina perchè non possono uscire (ed io rientrare), mi fa girare particolarmente il cazzo.