27 Gennaio, Aleppo,
Siria; la famiglia Dawaab, palestinese, è oramai senza forze. Tutti
stanno bombardando la Siria e i suoi campi profughi palestinesi. Non
si capisce nemmeno chi ti sta bombardando/sparando. Hanno solo un
figlio, il piccolo Imer di 6 anni. Decidono di incamminarsi verso il
“viaggio della vita”, di cercare di raggiungere l'Europa per
salvarsi, ma soprattutto per salvare il piccolo Imer.
E' fine gennaio, fa
freddo, ma non hanno scelta; in Siria oltre a bombardare non c'è più
cibo, né acqua, né speranza. Partono, tutti e tre, e arrivano al
confine, non sapendo che lì verranno respinti. Respinti verso la
morte certa.
Quando arrivano alle reti
di confine ci trovano le flotte di polizia, sparano gas lacrimogeni
contro di loro, li picchiano con i manganelli, qualcuno usa anche dei
bastoni, sparano proiettili contro chi resiste ai gas e alle
manganellate. Papà e mamma Dawaab sanguinano. Il sangue scende sui
loro volti, respirano a fatica e fa freddo. La mamma si accascia, il
piccolo Imer piange, vicino a lei tenendola per mano. Il papà,
sanguinante, si alza in piedi e urla a braccia aperte, scagliandosi
contro il cordone della polizia. Vuole salvare Imer e la sua
famiglia, è disperato e resiste. La polizia risponde con il fuoco,
gli spara. Il papà di Imer è per terra, morto. La mamma, morente,
trova ancora la lucidità e dice ad Imer “corri, tu sei piccolo,
non ti vedranno, scappa e corri verso l'Europa, prova ad arrivare in
Italia. Vivi”.
Imer si gira e vede che
potrebbe passare in mezzo alle gambe dei poliziotti, perchè è
piccolo e i piccoli hanno una visione diversa dei mostri; trovano una
via di passaggio e li eludono.
Imer, come un topo,
scappa in mezzo alle gambe dei poliziotti e cammina, al buio verso
l'Europa.
Fa freddo, molto freddo,
sono km che Imer sta camminando. I suoi piedi non li sente più. E'
solo. Ha 6 anni.
Vede i giorni e le notti,
sempre camminando e sempre al freddo. Ad un certo punto, al buio, non
ce la fa più, si accascia e si addormenta. Sogna, sogna la sua mamma
e il suo papà; piange nel sonno e non realizza che con quel freddo
potrebbe morire. Non lo realizza perchè i bambini piccoli non hanno
il concetto di “fine della vita”, di “morte”. Ma,
all'improvviso, un suono lo sveglia. Non l'aveva mai sentito quel
suono, Imer.
C'è una costruzione
alta, e vicino alla cima ha delle cose di ferro coniche con un
pistillo come un fiore e muovendosi fanno dei suoni, molto forti. C'è
il sole che scalda un po' Imer e quel suono sembra dargli il
benvenuto. Sul suolo non c'è più la terra, ma del ciottolato e
tutt'intorno dei palazzi. Imer vede dei soldati con una jeep. Quelli
sa cosa sono, c'è cresciuto vedendo soldati...
Solo che non sa se sono
soldati buoni o cattivi... Lui ha 6 anni, è piccolo e ci prova:
“scusi sign. Soldato,
dove mi trovo?” chiede il piccolo Imer al ninja mimetico alto 1,80.
“sei a Bologna, in
piazza grande”, risponde il soldato.
“ ce l'ho fatta”, ha
pensato Imer. Quasi gli viene da piangere, pensando alla sua mamma e
papà.
“uhh che bello, mi puoi
aiutare? Io non ho più mamma e papà e vengo da.....”
“togliti dai coglioni
marocchino..” esclama il soldato senza lasciar finire Imer di
parlare.
Imer non si stupisce,
cataloga solo quelli come “soldati cattivi”. Anzi, pensa che gli
è andata anche bene.
Quando era in Siria, la
sua mamma, gli leggeva storie dell'Italia. Quindi, Imer, un po'
conosceva il luogo devo era arrivato.
Ogni sera la sua mamma
gli leggeva le favole di Paolo Barnard. Ad Imer piacevano tantissimo.
Così Imer pensa.... se trovo quell'angelo custode che è Paolo
Barnard, lui mi saprà aiutare, forse mi darà una mamma ed un papà
che non ho più, perchè io sono piccolo, troppo piccolo per
continuare a camminare da solo. Inizia a chiedere in giro, vagando
per Bologna, sperando di trovare Barnard nei parchi, fra gli archi di
Bologna, in qualche vicolo del centro. Ma niente, Barnard non lo
trova, non trova colui che poteva essere il suo angelo custode. Poi,
qualcuno gli dice... “sai, domani, un gruppo che si chiama MMT sarà
a Roma perchè c'è il Family day, forse lì trovi Barnard”...
Imer si illumina di
speranza. Il “Family day”, caspita! Se non trovo lì persone che
mi aiutano, che mi danno una famiglia....
Quindi, pieno di speranza
si incammina verso Roma, lasciando Bologna. E ci arriva, in quella
piazza romana piena di gente e di bandiere. Nessuno lo vede, è
piccolo lui, ha 6 anni. Così strattona i pantaloni di un uomo
elegante... “sei un amico di Barnard? Sei dell'MMT? Sei al family
day, io sono da solo, ho 6 anni, sono palestinese... mi aiuti per
favore?”
- “levati dai coglioni, vai dai tuoi amici pacifisti di sinistra, marocchino di merda”, gli risponde quell'uomo.
Tira la gonna ad una
donna, facendogli le stesse domande e chiedendo aiuto....
- “io sono israeliana e tu sei un terrorista, figlio di terroristi, vattene o chiamo la polizia”.. gli risponde la donna.
Tira la giacca di un
ragazzo, chiedendogli se fosse dell'MMT e se conosceva Paolo
Barnard...
- “si, sono dell'MMT e Barnard non sta con noi. Che cazzo vuoi?
Imer è affranto,
affamato e sempre solo; e pensa.. che fortuna che non ho incontrato
Paolo Barnard qui. Uno che ha scritto questo.. http://paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=691 è
ovvio che non sta con questa gente. Avevo bisogno di lui, ma almeno
non l' trovato nel posto sbagliato. Poi ripensa alle parole del primo
uomo.. “vai dai tuoi amici pacifisti di sinistra...”.
Forse Imer ha degli amici
qui in Italia e non lo sa, forse loro lo possono aiutare a trovare un
papà ed una mamma. Così cammina, ancora, e va in un'altra piazza.
Colorata di bandiere colorate e gente colorata. Imer ci riprova a
strattonare le persone per farsi notare, ma nessuno gli da retta;
solo una donna con capelli rasati gli risponde urlando più o meno la
stessa frase della precedente donna nella precedente piazza “sono
israeliana e tu sei un terrorista figlio di terroristi. Per me puoi
morire”. Poi gli si avvicina un'altra donna “sei palestinese? Io
sono per i due Stati, israle e Palestina, per la Pace. Aspetta che
chiamo un giornalista e facciamo una foto, t'aiuto io”. Il piccolo
Imer è confuso ed ha bisogno d'aiuto, ma gli risponde con tono fermo
“quali due Stati? La mia famiglia è di Haifa, lì era la Palestina
e la mia famiglia è stata scacciata. Ora lì si chiama israele”. E
poi scappa correndo.
Imer non sa cosa fare,
non sa dove andare, e rivede quelle cose di ferro che suonano. Sono
su una grandissima costruzione, più grande di quella di Bologna.
Così va all'entrata di quella grande casa... C'è una scritta vicino
alla porta “questa è la casa di Dio e le sue porte sono aperte a
tutti”.
Imer tira un sospiro di
sollievo, ma un uomo lo blocca subito all'entrata: “c'è da pagare
il biglietto per entrare”..
“ il biglietto?”
chiede Imer.. “io non ho soldi”.
“ E allora non puoi
entrare” risponde l'uomo.
Imer non ha altro da fare
e non sa dove andare, se non tornare a Bologna....
Ritorna in quella piazza,
a piedi, ripensando a quanta gente aveva visto... alcuni gridavano
per i diritti alla famiglia, altri gridavano in nome della libertà e
di avere figli, altri lavoravano e chiedevano di pagare il biglietto;
ma nessuno, nessuno aveva visto o aiutato Imer, palestinese, di 6
anni. Eppure, era un bambino di 6 anni.
Arriva di nuovo in piazza
Maggiore, Imer, è stanco ed è già buio. Si accascia sui gradini e
pensa “ho bisogno di dormire, preferisco dormire”.
E si addormenta.
31 gennaio, Bologna,
Italia. Il sole splende e le campane suonano ad aprire la giornata.
Sono al bar e leggo il giornale: “bambino palestinese di 6 anni
muore, ucciso dal freddo in piazza Grande a Bologna”.
Dormi Imer, che mi
ricordi quel bambino, ma con il nome al contrario, dei cartoni
animati con il quale sono cresciuta, che cercava la sua mamma.
Dormi Imer, che aveva
ragione la tua mamma a dire che non t'avrebbero visto.
Dormi Imer, che non t'ha
ucciso il freddo, ma la gente.
Dormi Imer, che con gente
così è più umana la morte.
Dormi Imer, che io non
t'ho incontrato, perchè eri troppo piccolo e perchè son troppo
piccola anche io.