domenica 31 gennaio 2016

LA STORIA DEL PICCOLO IMER



27 Gennaio, Aleppo, Siria; la famiglia Dawaab, palestinese, è oramai senza forze. Tutti stanno bombardando la Siria e i suoi campi profughi palestinesi. Non si capisce nemmeno chi ti sta bombardando/sparando. Hanno solo un figlio, il piccolo Imer di 6 anni. Decidono di incamminarsi verso il “viaggio della vita”, di cercare di raggiungere l'Europa per salvarsi, ma soprattutto per salvare il piccolo Imer.
E' fine gennaio, fa freddo, ma non hanno scelta; in Siria oltre a bombardare non c'è più cibo, né acqua, né speranza. Partono, tutti e tre, e arrivano al confine, non sapendo che lì verranno respinti. Respinti verso la morte certa.
Quando arrivano alle reti di confine ci trovano le flotte di polizia, sparano gas lacrimogeni contro di loro, li picchiano con i manganelli, qualcuno usa anche dei bastoni, sparano proiettili contro chi resiste ai gas e alle manganellate. Papà e mamma Dawaab sanguinano. Il sangue scende sui loro volti, respirano a fatica e fa freddo. La mamma si accascia, il piccolo Imer piange, vicino a lei tenendola per mano. Il papà, sanguinante, si alza in piedi e urla a braccia aperte, scagliandosi contro il cordone della polizia. Vuole salvare Imer e la sua famiglia, è disperato e resiste. La polizia risponde con il fuoco, gli spara. Il papà di Imer è per terra, morto. La mamma, morente, trova ancora la lucidità e dice ad Imer “corri, tu sei piccolo, non ti vedranno, scappa e corri verso l'Europa, prova ad arrivare in Italia. Vivi”.
Imer si gira e vede che potrebbe passare in mezzo alle gambe dei poliziotti, perchè è piccolo e i piccoli hanno una visione diversa dei mostri; trovano una via di passaggio e li eludono.
Imer, come un topo, scappa in mezzo alle gambe dei poliziotti e cammina, al buio verso l'Europa.
Fa freddo, molto freddo, sono km che Imer sta camminando. I suoi piedi non li sente più. E' solo. Ha 6 anni.
Vede i giorni e le notti, sempre camminando e sempre al freddo. Ad un certo punto, al buio, non ce la fa più, si accascia e si addormenta. Sogna, sogna la sua mamma e il suo papà; piange nel sonno e non realizza che con quel freddo potrebbe morire. Non lo realizza perchè i bambini piccoli non hanno il concetto di “fine della vita”, di “morte”. Ma, all'improvviso, un suono lo sveglia. Non l'aveva mai sentito quel suono, Imer.
C'è una costruzione alta, e vicino alla cima ha delle cose di ferro coniche con un pistillo come un fiore e muovendosi fanno dei suoni, molto forti. C'è il sole che scalda un po' Imer e quel suono sembra dargli il benvenuto. Sul suolo non c'è più la terra, ma del ciottolato e tutt'intorno dei palazzi. Imer vede dei soldati con una jeep. Quelli sa cosa sono, c'è cresciuto vedendo soldati...
Solo che non sa se sono soldati buoni o cattivi... Lui ha 6 anni, è piccolo e ci prova:
“scusi sign. Soldato, dove mi trovo?” chiede il piccolo Imer al ninja mimetico alto 1,80.
“sei a Bologna, in piazza grande”, risponde il soldato.
“ ce l'ho fatta”, ha pensato Imer. Quasi gli viene da piangere, pensando alla sua mamma e papà.
“uhh che bello, mi puoi aiutare? Io non ho più mamma e papà e vengo da.....”
“togliti dai coglioni marocchino..” esclama il soldato senza lasciar finire Imer di parlare.
Imer non si stupisce, cataloga solo quelli come “soldati cattivi”. Anzi, pensa che gli è andata anche bene.
Quando era in Siria, la sua mamma, gli leggeva storie dell'Italia. Quindi, Imer, un po' conosceva il luogo devo era arrivato.
Ogni sera la sua mamma gli leggeva le favole di Paolo Barnard. Ad Imer piacevano tantissimo. Così Imer pensa.... se trovo quell'angelo custode che è Paolo Barnard, lui mi saprà aiutare, forse mi darà una mamma ed un papà che non ho più, perchè io sono piccolo, troppo piccolo per continuare a camminare da solo. Inizia a chiedere in giro, vagando per Bologna, sperando di trovare Barnard nei parchi, fra gli archi di Bologna, in qualche vicolo del centro. Ma niente, Barnard non lo trova, non trova colui che poteva essere il suo angelo custode. Poi, qualcuno gli dice... “sai, domani, un gruppo che si chiama MMT sarà a Roma perchè c'è il Family day, forse lì trovi Barnard”...
Imer si illumina di speranza. Il “Family day”, caspita! Se non trovo lì persone che mi aiutano, che mi danno una famiglia....
Quindi, pieno di speranza si incammina verso Roma, lasciando Bologna. E ci arriva, in quella piazza romana piena di gente e di bandiere. Nessuno lo vede, è piccolo lui, ha 6 anni. Così strattona i pantaloni di un uomo elegante... “sei un amico di Barnard? Sei dell'MMT? Sei al family day, io sono da solo, ho 6 anni, sono palestinese... mi aiuti per favore?”
  • “levati dai coglioni, vai dai tuoi amici pacifisti di sinistra, marocchino di merda”, gli risponde quell'uomo.
Tira la gonna ad una donna, facendogli le stesse domande e chiedendo aiuto....
  • “io sono israeliana e tu sei un terrorista, figlio di terroristi, vattene o chiamo la polizia”.. gli risponde la donna.
Tira la giacca di un ragazzo, chiedendogli se fosse dell'MMT e se conosceva Paolo Barnard...
  • “si, sono dell'MMT e Barnard non sta con noi. Che cazzo vuoi?

Imer è affranto, affamato e sempre solo; e pensa.. che fortuna che non ho incontrato Paolo Barnard qui. Uno che ha scritto questo.. http://paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=691 è ovvio che non sta con questa gente. Avevo bisogno di lui, ma almeno non l' trovato nel posto sbagliato. Poi ripensa alle parole del primo uomo.. “vai dai tuoi amici pacifisti di sinistra...”.
Forse Imer ha degli amici qui in Italia e non lo sa, forse loro lo possono aiutare a trovare un papà ed una mamma. Così cammina, ancora, e va in un'altra piazza. Colorata di bandiere colorate e gente colorata. Imer ci riprova a strattonare le persone per farsi notare, ma nessuno gli da retta; solo una donna con capelli rasati gli risponde urlando più o meno la stessa frase della precedente donna nella precedente piazza “sono israeliana e tu sei un terrorista figlio di terroristi. Per me puoi morire”. Poi gli si avvicina un'altra donna “sei palestinese? Io sono per i due Stati, israle e Palestina, per la Pace. Aspetta che chiamo un giornalista e facciamo una foto, t'aiuto io”. Il piccolo Imer è confuso ed ha bisogno d'aiuto, ma gli risponde con tono fermo “quali due Stati? La mia famiglia è di Haifa, lì era la Palestina e la mia famiglia è stata scacciata. Ora lì si chiama israele”. E poi scappa correndo.
Imer non sa cosa fare, non sa dove andare, e rivede quelle cose di ferro che suonano. Sono su una grandissima costruzione, più grande di quella di Bologna. Così va all'entrata di quella grande casa... C'è una scritta vicino alla porta “questa è la casa di Dio e le sue porte sono aperte a tutti”.
Imer tira un sospiro di sollievo, ma un uomo lo blocca subito all'entrata: “c'è da pagare il biglietto per entrare”..
“ il biglietto?” chiede Imer.. “io non ho soldi”.
“ E allora non puoi entrare” risponde l'uomo.
Imer non ha altro da fare e non sa dove andare, se non tornare a Bologna....
Ritorna in quella piazza, a piedi, ripensando a quanta gente aveva visto... alcuni gridavano per i diritti alla famiglia, altri gridavano in nome della libertà e di avere figli, altri lavoravano e chiedevano di pagare il biglietto; ma nessuno, nessuno aveva visto o aiutato Imer, palestinese, di 6 anni. Eppure, era un bambino di 6 anni.
Arriva di nuovo in piazza Maggiore, Imer, è stanco ed è già buio. Si accascia sui gradini e pensa “ho bisogno di dormire, preferisco dormire”.
E si addormenta.

31 gennaio, Bologna, Italia. Il sole splende e le campane suonano ad aprire la giornata. Sono al bar e leggo il giornale: “bambino palestinese di 6 anni muore, ucciso dal freddo in piazza Grande a Bologna”.

Dormi Imer, che mi ricordi quel bambino, ma con il nome al contrario, dei cartoni animati con il quale sono cresciuta, che cercava la sua mamma.
Dormi Imer, che aveva ragione la tua mamma a dire che non t'avrebbero visto.
Dormi Imer, che non t'ha ucciso il freddo, ma la gente.
Dormi Imer, che con gente così è più umana la morte.
Dormi Imer, che io non t'ho incontrato, perchè eri troppo piccolo e perchè son troppo piccola anche io.


domenica 24 gennaio 2016

I SERVIZI SEGRETI SONO UN OROLOGIO SVIZZERO



La scorsa settimana mi è stato notificato un decreto penale nei miei confronti, emesso il 30/12/2015. Si riferisce alla querela della CMC di Ravenna per una mia dichiarazione/articolo di 4 anni fa ove dicevo che la cooperativa rossa aveva fornito il cemento per il muro dell'apartheid costruito in Palestina.
Che casualità, proprio dopo che sono tornata in Italia e dopo 4 anni di silenzio....
Il decreto penale consiste nel fatto di darmi l'opportunità di pagare la condanna minima per la diffamazione quantificata in mille euro per evitare il processo.
Ho deciso, assieme al mio avvocato Vainer Burani, di fare opposizione al decreto penale e pertanto di andare a processo.
Non ci vado per difendermi e provare la mia innocenza. Vado a processo perchè qualunque sia il giudizio del giudice, è il giudizio di una persona e di una società. Non temo il giudizio perchè sono stata già giudicata da questa società molte volte; non temo la prigione perchè ho già avuto la prigionia per mano israeliana; non temo la tortura perchè ne ho già avuta per mano dei carcerieri israeliani; non temo che mi sparino perchè mi hanno già sparato; non temo che brucino il mio nome perchè l'hanno già fatto; non temo la morte perchè sarò morta e non avrò nulla di cui preoccuparmi.
Quindi, non avendo nulla da temere o da perdere, vado a processo con tranquillità e lottando sempre fino alla fine per affermare Libertà, Verità e Giustizia. Con questo spirito, e con molta più conoscenza della Palestina e del mostro, faccio opposizione e vado a processo (quando sarà).
In fondo, pensate, Gesù Cristo fu giudicato colpevole da giudici e società e fu torturato ed ucciso in croce. Figuriamoci gli esseri, con assolutamente non pari significato, che gli sono seguiti.....

E pensate, altresì, ad oggi, a ciò che conosciamo: “siamo tutti figli di israele” l'ha detto Renzi qualche mese fa, l'ha detto il partito democratico. E volete, che la loro cooperativa non gli abbia dato almeno qualche sacco di cemento?

sabato 16 gennaio 2016

JEHAD



Chi mi ha seguito nei due anni di Palestina sa chi è Jehad Alhindi, il guerriero di Tell. Ma nell'aggiornarvi sulla sua situazione, lo ripresento a chi non lo sa.
Jehad è un amico, un compagno del villaggio di Tell, Nablus. E' il maschio più grande in famiglia perchè il padre è morto dopo essere stato imprigionato dai soldati israeliani. Qundi, Jehad è colui che ha un po' la responsabilità della famiglia.
Jehad è uno che non si piega all'occupazione nazista israeliana e non sta a compromessi. E' un lottatore.
La prima volta che gli israeliani vennero per prendere Jehad, attaccarono il villaggio, staccarono la corrente elettrica dappertutto. Gli shebab erano in strada. Gli israeliani spararono nelle gambe a Jehad, che però riuscì a raggiungere l'ospedale per farsi curare. Nel frattempo nel villaggio, gli israeliani presero in ostaggio la sua famiglia e dissero alla madre “fallo tornare qui perchè se lo prendiamo noi, tuo figlio, te lo riportiamo morto”. Lo vidi quella notte/mattina, che camminava a fatica e gli avevano sparato anche una rubber bullet in testa. Jehad scelse di non scappare e si presentò ai soldati. Sapeva che l'avrebbero imprigionato ed era ferito. Io ero a pezzi e lui mi ripeteva “ma fisc muschela” (non c'è problema). Fu la prima volta che mi sentii di dire “israele mi ha bruciato il cuore”.
Dopo un mese di udienze alle quali partecipavo sostando davanti alla prigione, il tribunale militare israeliano diede a Jehad 5 mesi e circa 500 euro di cauzione per il rilascio (io lo chiamo riscatto). Dalla mia pagina facebook, chi era in contatto con me, fece partire spontaneamente una raccolta fondi. La famiglia accettò quel dono e Jehad fu liberato dopo 4 mesi.
Quando mi telefonava dalla prigione ero felice, ma al tempo stesso stringevo le chiappe perchè sapevo benissimo che israele gli dava il telefono e israele aveva quindi il mio numero ed ascoltava cosa dicevamo (dei gran strafalcioni lui in inglese ed idem io in arabo).
Il video del momento del rilascio di Jehad è sul mio canale youtube, ma quelle immagini emozionanti sono anche alle fine del film “israele, IL CANCRO”.
Agosto 2016, io non sono più in Palestina perchè sono stata rapita e deportata. Al checkpoint di Howwara, Nablus, i soldati israeliani sparano nuovamente alle gambe di Jehad. Il proiettile gli entra da davanti e gli esce da dietro. Jehad viene portato al Rafhidia Hospital di Nablus ed operato. Viene dimesso il giorno successivo.
Poche ore dopo, quando arriva la notte, arrivano i soldati israeliani nel villaggio di Tell e portano via un'altra volta Jehad.
Da allora si aspetta e Jehad dorme su un letto di ferro tutte le notti, in cella. Non hanno ancora formulato nessuna accusa, quindi non si può far nulla.
Oggi 16 gennaio 2016 c'è stata l'udienza. E' stata nuovamente rimandata al mese prossimo.
Sapete come funziona il “rimandare un'udienza al tribunale militare israeliano”? Ora ve lo spiego.
Ammanettato e a volte con i piedi legati vieni portato dalla prigione al “tribunale”. Le udienze iniziano alle 9,00 del mattino e terminano attorno alle 15,00. Non c'è un ordine di orario e non sai quando sarà la tua. Aspetti per ore e non c'è il bagno. Per questo motivo, i prigionieri, dalla sera prima non mangiano e non bevono sennò sanno già che il giorno successivo si faranno tutto nei pantaloni o devono trattenere e visto che sarà l'unica volta che avranno la visione della mamma o dei cari....
I parenti, invece, che assistono all'udienza (max 2) devono riuscire entrare e passare tutti i controlli dalle 8,30 alle 8,45. Chi non riesce ad entrare in quei 15 minuti non entra più. Li fanno attendere per tutte quelle ore in uno stanzino piccolo, senz'aria, dove non puoi portarti nulla e non puoi uscire fino alla fine dell'udienza che ti riguarda; o fino alle 15,00 perchè hai aspettato fino a quel momento che ci fosse l'udienza.
Se l'udienza c'è, il prigioniero è “fortunato” perchè almeno avrà avuto la possibilità di rivedere la mamma.
Jehad Alhindi, il guerriero di Tell, prigioniero politico, colpevole di essere Palestinese; si è fatto tutti e due i compleanni in cella.

Le persone come Jehad sono quelle che fanno la differenza in un mondo che fa pena. Vorrei dirgli che sono orgogliosa di lui e credo che anche altri qui in Italia lo siano.

martedì 12 gennaio 2016

OFF TOPIC



Oggi in Palestina gli israeliani hanno ammazzato altri 3 palestinesi, più tutto il resto... Sono giorni che non mi collego per non leggere e ricevere merda, e non parlo di israele.
In questi giorni ero praticamente in clinica. E' così...
Ho riabbracciato colei che ha vissuto con me tutto della Palestina, fra noi due ci chiamiamo “shebab”.
Da quando sono stata deportata, è stato il primo abbraccio con il mondo che mi hanno tolto. Cioè con la mia vita che mi hanno rubato. E' stato, però, anche l'abbraccio per me più importante.
Io e lei abbiamo vissuto il mostro assieme, ci capiamo con uno sguardo e con gli occhi abbiamo la stessa visione, a 360°.
In questi giorni ci siamo fatte decine di selfie, niente, non ne va bene nemmeno uno. Abbiamo cambiato cellulare, abbiamo chiesto di farci una foto,ma niente. Il problema sono le nostre facce. Un anno di Palestina è come dieci anni di vita in un altro posto. Siamo state lì due anni. In un anno io ho tutti i capelli bianchi, lei li ha persi. La nostra pelle...diosanto, la nostra pelle..... che cazzo c'è successo...
Ieri sera abbiamo trovato una foto di esattamente un anno fa. Tutte e due a bocca aperta. Come abbiamo fatto ad invecchiare così in un anno?
Stiamo in piedi ad alcool e sigarette e stiamo ancora in piedi perchè io sono tornata ancora con le mie gambe, i miei occhi, le mie braccia. Poteva andare peggio, sarebbe bastato tornare su una sedia rotelle e la mia vita sarebbe stata molto più merda di com'è. Quindi siamo fortunate a non aver perso le gambe o la vista.
Abbiamo, però, perso altro. Abbiamo perso il futuro, la speranza. Così, oggi, ci siamo dette che cosa vogliamo veramente fare in futuro.. Ancora progetti, ma nessun posto chiaro al mondo per noi. Se devo veramente dire che cosa vorrei fare: “ stare in una casa su un'isola, con un M16 e sparare a chiunque si avvicini, a ridere e a bere, tanto non abbiamo più nulla da perdere”.
Ecco, io e lei siamo in chemioterapia perchè abbiamo il cancro. Il cancro al cervello e si chiama “israele”. La metastasi è la cosa più difficile da trattare, perchè non sono i gas che ci siamo respirate per tutto quel tempo ad averci rovinato la pelle; no, è tutta la merda che prendevamo tutti i giorni. La prendevamo e la prendiamo da voi che condividete un post/articolo dai mossad e non capite nemmeno che sono mossad, dalla “non violenza e dal pacifismo” che davanti alle torture ad un bambino reagisce con “sorry”, dal patriarcato che ha rincoglionito parte del Popolo palestinese riducendo molte delle donne a borse di make up e aspiranti trombatori molti shebab. E' stata la società occidentale a dare il colpo di grazia ai diritti umani, non i soldati con il fucile.
Ho costruito di più nel suk di Nablus, ogni volta che passavo il tempo a piangere, ascoltare e parlare con il vecchio che vende le verdure. Non chiedeva nulla, era umanità.
Ecco, davanti alla morte dell'umanità che non ho più nulla da perdere, né io né lei. Siamo in chemio, moriremo senza un poster da martiri perchè questo vostro mondo di merda vede e conosce solo ciò che gli viene venduto. E' andato perduto il desiderio di scavare e conoscere.
Io e lei abbiamo una cerchia di persone che ci amano e che noi ricambiamo in modo pessimo, siamo come mostri. Ed il bello è che io lo so, lei lo sa, ma non riusciamo a farci nulla. Sembra che sfoghiamo su di loro le nostre frustrazioni: che non hanno conosciuto ciò che abbiamo conosciuto noi, che la società è formata da persone vuote con vite vuote, che davanti all'ignoranza reagiamo vomitando.

Shebab, è andata, al mondo di merda possiamo solo mostrarci così, come i selfie che ho allegato; o con il khalashnikov dalla finestra.  

sabato 2 gennaio 2016

IL MOSTRO


 Non ho voglia né di fare un bilancio del 2015 personale né in generale sulla Palestina. Ci sono tutti gli articoli nel mio blog scritti via via per ogni cosa che è, e mi è, accaduta.
Da giorni però, voglio scrivere una riflessione su quest'ultimo periodo (dal 1° ottobre) in Palestina; anche maggiorata dall'ultimo fatto a Tel Aviv.

1a parte)
Nella foto n. 1 c'è un coltello da pasto, da bistecca, di quelli che si trovano in qualsiasi cucina e che usiamo a tavola.
Nella foto n. 2 c'è un coltello tipo trinciante, quindi di dimensioni più grandi, di quelli che si trovano in qualsiasi cucina e che usiamo per la preparazione dei cibi.
Nella foto n. 3 ci sono i soldati israeliani che, armati fino ai denti, fanno quello sappiamo tutti i giorni in Palestina da 70 anni.

Ora... se voi doveste andare ad un checkpoint dove ci sono 50/60 soldati israeliani con la volontà di ucciderne uno o di più, con quale coltello ci andreste? La logica della domanda così posta fa rispondere “con il coltellone”, con un gesto da sx a dx alla gola, si è già ammazzato un soldato. Invece, la logica di andarci con il coltello da pasto (per alcuni dei palestinesi uccisi) fa sì che dal 1° ottobre ad oggi ci siano 142 martiri palestinesi. Ci sarebbero stati comunque, anche se usavano il coltellone, non cambiava nulla. Ma, il focus è un altro.
E' “lo scopo” di andare ad un checkpoint con il coltello da pasto. Sai già che verrai ucciso, e non ci vai nemmeno con l'arma migliore che hai per uccidere?
Certo, perchè forse lo “scopo” non è uccidere, ma farsi uccidere.
Io lo so che questo concetto non va proprio giù a chi parla di “azioni della Resistenza” tipo alcuni pro- pal... ma chi sta facendo passare tutto questo per “azioni della Resistenza” è anche israele per dare motivazione “al mondo” del GENOCIDIO che sta portando a termine.
Quindi porto avanti la realtà della Palestina che io conosco, quella del mostro, del cancro, che il primo danno che fa è nella mente delle persone. Così come ho affrontato in “israele, IL CANCRO”.
Aldilà di tutte le interviste che ho fatto, alcune nel film, è sufficiente guardare questo video del 1° gennaio a Gaza.... La giornalista va dalle persone a chiedergli che cosa desiderano per l'anno nuovo. Va da questo bambino e quando glielo chiede, lui risponde “spero di morire”. Lei chiede “perchè, amore mio dici così?”. Il bambino le risponde che questo mondo lui lo odia, perchè è orribile e che lui non può andare a scuola perchè deve lavorare per portare i soldi alla sua famiglia per i fratelli più piccoli.
E' un bambino palestinese che avrà 10 anni al massimo, vuole morire. https://www.facebook.com/ShehabAgency.MainPage/videos/1273459989363085/?pnref=story

2a parte)
Ieri a Tel Aviv, uno uomo, entra in un negozio e con molta attenzione, aspettando il momento giusto e non facendo inquadrare la sua faccia dalle telecamere di sorveglianza; tira fuori un fucile automatico dallo zaino ed inizia a sparare per strada. 2 coloni israeliani uccisi e 10 feriti. L'uomo non viene preso. Iniziano le ricerche e viene divulgata la sua identità e da subito viene detto che è palestinese perchè c'era una copia del Corano nello zaino.
Allora..... può essere. Tutto può essere, così come può non essere. Per un semplice motivo: non è stato preso quando sparava o subito dopo. Il che mi fa dubitare, e mi crea un deja vù al primo di ottobre, cioè quando tutto è iniziato.
Il 1° di ottobre ad Howwara, Nablus, un'auto di coloni viene attaccata da spari. Muoiono padre e madre, i figli in auto non vengono uccisi. Gli assalitori non vengono presi al momento, ma 20 giorni dopo 5 persone vengono prese in un villaggio di Nablus, sono di Hamas. Vengono accusati dell'omicidio.
Sapete, in Palestina tutto può essere. Può essere che alcuni Palestinesi amici fra di loro si siano organizzati e abbiano fatto quest'attacco per vendicare la famiglia palestinese bruciata viva a Douma, e che il ragazzo palestinese sia arrivato a Tel Aviv e che sia un super soldato di natura e che, quindi sia riuscito a fare quello che ha fatto senza farsi prendere. Può essere che fra i tanti palestinesi che lavorano, purtroppo, per i servizi segreti israeliani ci siano il gruppo di Howwara e il ragazzo a Tel Aviv ieri. Così come può essere che lo stesso israele abbia compiuto i due attacchi e poi preso dei Palestinesi alla cazzo, tanto i processi sono SEMPRE delle commedie, non servono nemmeno le prove, agli avvocati difensori non vengono dati nemmeno gli atti e i testimoni palestinesi non sono ammessi.

3a parte.
Dopo due settimane di morti ad ottobre, attentati con coltelli da burro, veri attentati, finti attentati... parlavo con chi ha vissuto la Palestina come me. Lei mi dice una cosa “ho un'impressione e voglio parlarne con te. Samantha, ho l'impressione che stiano facendo training, che israele sia in un'esercitazione”. Non l'ho escluso subito, ma allora non ci pensavo proprio. Così ho iniziato ad osservare senza scartare anche questa ipotesi e tenendo conto che proprio io ho scritto che “israele è la più grande base militare al mondo e la Palestina, un laboratorio. I Palestinesi cavie sui quali vengono sperimentate le torture, i vari tipi di repressione, e le economie”.
Oggi, 2 gennaio 2016, il bilancio è di 142 palestinesi uccisi. Solo una parte di loro aveva fatto la volata in solitario con il coltello o con l'auto. Molte Donne, bambini, stavano solo passando di lì, davanti ai soldati in quel momento. Sono morti.
Ma aldilà di questo, ho osservato i video, le foto... Cazzo, nel 98% delle uccisioni, a compierle sono stati soldati. Soldati, capito? Non la “border police”. Soldati.
Per chi non lo sapesse... quando vogliono fare davvero i cattivi o c'è davvero una situazione a rischio, israele schiera la border police.
Seguiamo la logica di “difesa” che avrebbe israele: in una situazione così, dove secondo loro, i palestinesi fanno partire l'intifada dei coltelli, dove i coloni israeliani vogliono maggior sicurezza perchè “hanno paura”..... la West Bank non è piena di border police, ma lascia i soldatini che stanno svolgendo il servizio di leva.
israele è un mostro a 7 teste, noi non riusciamo a pensare come lui, non ce li sogniamo proprio certi pensieri così mostruosi.

4a parte.
Fra i primissimi martiri di quest'ultimo periodo c'era un bambino figlio di un martire. Andò a Gerusalemme con un coltello, venne ucciso. Lasciò una lettera indirizzata a Mahmuod Abbas, ove lo criticava per aver issato la bandiera palestinese all'ONU e per tutta la porca politica che ha fatto il non-eletto presidente. Tutti i Palestinesi sanno che per fare l'Intifada, deve essere prima fatta contro l'Autorità Nazionale Palestinese. Ed infatti, dopo 142 martiri, non è Intifada.
Anzi... ieri israele ha rilasciato 23 corpi di martiri tenuti nei congelatori per settimane. 14 di Al Kahlil (quella è già una zona molto calda..). Ehi? Dico.. già quando rilasciano il corpo di un martire scoppia la reazione. Ve lo immaginate voi, con un funerale per 14 corpi, decine di migliaia di partecipanti, quanta rabbia sale??
E chi avrebbe “trattato” per far rilasciare i corpi in quel modo? Forse... Mahmuod Abbas. Forse israele fa un altro esperimento già in progetto. Ma sta di fatto, che ai funerali, ad Al Kahlil, Mahmuod Abbas non c'era. Sapete dov'è? A trattare per lo “Stato di Palestina”.
Verrà riconosciuto nel 2016 (spero di sbagliare): saranno Ramallah (solo in centro) e Rawabi come zona residenziale. Tutto il resto è israele. Sì, perchè gli esperimenti sono quasi finiti. Il gioco è quasi finito e chi non farà parte di quello “Stato di Palestina” che si fotta, verrà rapito, sparato e lasciato morire dissanguato come i 17 martiri di Al Kahlil, o si butterà contro i soldati con il coltello da burro perchè sceglie l'eutanasia.

5a parte.
Perchè gli esperimenti sono finiti? Perchè noi siamo bruciati e israele ha vinto. Ha vinto perchè un bambino di 10 a Gaza desidera morire e noi, l'unica risposta che sappiamo dare è mandargli dei soldi. Se lui avrà la possibilità di crescere, l'unico desiderio che avrà con i soldi in mano, che noi gli mandiamo, è “andarsene dalla Palestina”. Per tutto questo si ringrazia: israele, l'ANP, le ONG, facebook e i media. Il bambino ancora non lo sa che qui si riempiono le piazze per dire quanti sono “brutti e cattivi” Salvini, Berlusconi, Renzi, casa pound, etc. etc.... Sono cattive anche le zanzare d'estate.

Buon 2016 su facebook......