- Dal racconto diretto di una vecchia palestinese.....mio marito aveva un terreno, faceva il contadino, vivevamo dei prodotto della terra. Come tutti i Palestinesi a quel tempo. Il suo orto era a fianco ad un altro orto, di un ebreo. Avevamo un bellissimo rapporto di amicizia con loro, ci scambiavamo tutto, così come loro e noi facevamo con la Terra stessa. Un giorno, il nostro vicino d'orto arrivò da mio marito e gli disse “vado via da qui, lascio la mia terra perchè sta arrivando il “progetto israele”. Non mi vogliono, mi uccideranno se rimango qui ed uccideranno tutti voi. Questo posto diventerà l'inferno in Terra”.Il contadino ebreo se ne andò, lascio la Palestina. Noi siamo rimasti, ma poco tempo dopo iniziarono ad arrivare le notizie di bocca in bocca.. i soldati stanno spingendo tutti via..stanno distruggendo tutti i villaggi, le case, gli ulivi, stanno uccidendo i Palestinesi e prendendo la terra. Erano a pochi km da noi; così decidemmo di nasconderci nelle grotte. Molti Palestinesi lo facevano. Entrammo nella grotta, io e mio marito, e ci restammo per 11 giorni. Sentivamo movimento da fuori, spari. All'undicesimo giorno, dopo un po' di silenzio, decidemmo di uscire. Pensavamo che forse se ne erano andati..Quando siamo usciti dalla grotta, davanti a noi la Terra... piena di bandierine di israele. Era la Nakba. Riuscimmo ad arrivare in Giordania su due asini. E ora siamo ancora qui.
- (2014) vedo uccidere Nadeen e Mohammed davanti alla prigione di Ofer.
Ad Ofer, gli shebab, hanno questa particolarità: si mettono la kheffia di Fatah, la bandiera di Hamas e la striscia in testa del Fronte. Non si sono mai fatti infinocchiare dalle divisioni, dai giochi di potere e soprattutto dalle sfilate dei “comitati”. Sono sempre lì, vivono lì, davanti alla prigione di Ofer. Lì sono nati, lì sono cresciuti e lì, molti, trovano la morte.E' il 14 maggio, ricorre la Nakba, quando in molti ci raduniamo davanti alla prigione di Ofer a Ramallah. Ho la videocamera e sto riprendendo gli scontri. Un giovane shebab mi guarda mentre mi metto la kheffia rossa e mi dice “hai gli occhi belli”. Lo ringrazio. Lui ha la bandiera di Hamas, ma proprio per come ho detto sopra, per me è semplicemente uno shebab. Pochi secondi dopo udiamo degli spari di proiettili. Gli israelìani hanno sparato a sangue freddo ad uno shebab, giovane (17 anni). E' Nadeen, amico di Mohammed, quello shebab che mi aveva fatto complimento poco prima. Nadeen, con passaporto americano, muore quel giorno da 4 proiettili che l'hanno trafitto al petto. Mohammed lo vede morire, è un suo amico. Passa solo mezz'ora e altri proiettili trafiggono al cuore... Mohammed. Mi avvicino con la videocamera all'ambulanza e vedo la testa di Mohammed, con gli occhi rivolti al contrario, due palle bianche. Mohammed, che mi aveva guardato negli occhi un'ora prima.. ora io guardavo i suoi occhi bianchi, privi di vita. E' morto quel giorno, aveva 16 anni. israele fu messo sotto indagine per aver ucciso Nadeen (passaporto americano), ma tutto fu archiviato come al solito con “errore del soldato che ha usato proiettili veri di sua iniziativa”. Tutte balle, come al solito. Ad Ofer tutti i giorni sparano proiettili veri. Sono testimone, io c'ero. - (2015) mi sparano, sparano al fotografo Nidal.
Come tutti gli anni, si commemorava la Nakba. Andiamo al checkpoint di Howwara, Nablus. Dico agli shebab “oggi mi voglio divertire”. Cazzo... manco ho fatto in tempo ad arrivarci al checkpoint che gli israeliani avevano già piazzato un cecchino sdraiato sull'asfalto, davanti a noi. Dietro a me ci sono Osai e Zaid, 15 e 16 anni. L'avevo fatto altre volte e non ci ho pensato molto a rifarlo: ho aperto le braccia per fare da scudo.. Sono bionda, occidentale, non sparare cazzo. Ma il cecchino mi tiene di mira, mi sposto veloce in modo orizzontale, ma lui mi segue nel mirino e spara. Aveva mirato al cuore. Ho la sesta di seno, mi ha aiutato quel giorno.. Frazione di secondi nel chiudere le braccia per il male e mi arriva un secondo colpo (non so ancora cosa fosse), di striscio mi prende il braccio sinistro. Abbasso lo sguardo e vedo la mia pelle friggere come le patatine nell'olio bollente e, l'odore.. Ma, nonostante mi sento mancare in quel momento, sorrido. Perchè mi sono resa conto che il risultato non era stato mortale. Mi avevano sparato, ero viva ed intera e non ne avevo più paura. ( video dello sparo al min. 0,53: https://www.youtube.com/watch?v=IhYWERtvjAY ). Sento una persona che mi porta in braccio all'ambulanza. Mi ci caricano e lì vedo che, ferito, c'era il fotografo Nidal Shteye. Quel proiettile che mi aveva preso di striscio al braccio e che mi aveva portato via un pezzo di carne, aveva terminato la sua corsa nella maschera antigas di Nidal, rompendola, e beccandogli l'occhio sinistro.Così come seppi dopo che quella persona che mi portava in braccio all'ambulanza, era Jehad. All'arrivo all'ospedale Rafhidia di Nablua, c'è la polizia palestinese... Questa volta non potevo dargli il nome finto (Sofia Loren), perchè sono in troppi lì a conoscermi. E così la mia presenza al checkpoint di Howwara, quel giorno, è ufficiale. E sono cazzi.....che si svilupperanno il mese successivo (ma di questo tornerò a parlare poi).Il momento peggiore dello sparo è stato qui, in ospedale. Perchè? Ora ve lo dico, un anno dopo... Perchè lì, ad offrirmi le cure in struttura privata e sborona, a volermi caricare in macchina..sono arrivate le persone dell'autorità palestinese che avevo denunciato pubblicamente in qualche articolo poco tempo prima. Rappresentanti di Fatah, Mr. Jawal (Masri) e altri in divisa. Sono riuscita a svignarmela perchè qualche shebab è arrivato e ha detto “lei è con noi”. Ma lì, avevo capito che il cerchio aveva iniziato a stringersi attorno a me. Due giorni dopo, Masri, mi cerca tramite conoscenze.. mi vuole al suo palazzo. Altro problema.. non posso dire “no” e non posso dire “si”. Me li sentivo addosso e non riuscivo a scrollarmeli dalle spalle.Un mese dopo il mio rapimento e deportazione. Nidal Shteye ha perso il 70 % della vista dall'occhio sinistro e non ha lavorato per mesi.Nessuno è stato mai riconosciuto colpevole per questo, manco indagato.
Solo 3 storie d'esempio,
di tutti i giorni in Palestina, per dirvi che oggi, 16 maggio 2016,
sono 68 anni dalla Nakba che non è mai finita.
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