Tutte le violenze alle quali assisti o subisci in Palestina sono piccoli traumi, piccole bombe nel cervello. E’ incredibile come la mente umana, davanti ad un trauma, cancelli momentaneamente particolari per farli riaffiorare in un secondo o terzo tempo.
Qualche giorno fa mi sono ricordata di un particolare al momento del mio rapimento. Giuro, a quel ricordo c’ho pianto tutto il giorno.
Quando i soldati israeliani attaccarono il taxi, fummo fermati davanti ad un campo di ulivi. Dopo ore lì fermi, sotto al sole, il mio sguardo andò verso l’ulivo che avevo davanti. Sono scesa dal taxi e sono andata verso quell’ulivo, ero circa a due metri da esso. Ho raccolto due olive, erano piccole, le ho guardate e ho pensato che non sarei stata lì per la stagione delle olive e che quelle sarebbero state le ultime olive palestinesi che toccavo. Le ho annusate, le ho passate vicino alla guancia e poi me le sono messe in tasca con un sorriso. Era l’ultima cosa che portavo con me, della Palestina. Un soldato mi vide, si avvicinò all’ulivo, strappo una manciata di olive e le buttò in mezzo alla strada dove passavano le auto. Aveva un sorriso strafottente e con quel gesto rimarcò tutto: “io faccio il cazzo che voglio, prendo ciò che voglio, sarò qui, io sono il potere”.
Venni poi trasferita all’insediamento illegale di Ariel e poi alla prigione di Ben Gurion; avevo sempre le olive in tasca ed ogni tanto ci infilavo la mano e le toccavo.
Quando arrivai, dopo giorni, alla prigione di Givon, mi fecero l’ispezione corporale e mi fecero svuotare le tasche. Tirai fuori le due olive, e le guardai in quell’istante con un sorriso. La donna mi fece riporre il contenuto delle tasche sul tavolo. Lei prese le due olive e le gettò nella spazzatura. Le urlai “no, perchè?” e lei rispose “stai zitta”.
Ecco, me le hanno tolte, mi hanno tolto la Palestina.
L’ulivo, simbolo della Pace, che in Palestina è diventato oggetto da distruggere per gli israeliani; e testimone, altresì, di tutte le violenze sui palestinesi. Fra gli ulivi rapiscono persone, le feriscono, le uccidono.
Chi ha visto il mio secondo film, si ricorderà certamente delle parole dell'Aja Mafhuda, sugli ulivi ......
Ecco, io non ci sarò a settembre/ottobre per la stagione delle olive in Palestina; ma voi potete esserci. I palestinesi mi hanno detto che pianteranno un ulivo con il nio nome, ma sinceramente preferirei per me e per la Palestina che lì arrivassero tanti italiani e che almeno uno mi portasse in Italia due olive.
Con questo mio, vi lascio le coordinate del Solidarity Movement fo Free Palestine.
Contattateli e avrete tutte le info per fare la raccolta delle olive quest’anno. Sarà una bellissima esperienza e vi porterete nel cuore per tutta la vita la bellezza della Palestina.
Andateci con lo spirito che passa da questo video:
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