Ora, mi tocca cambiare idea e spiego l'unico motivo che mi ha INCHIODATA.
Non voglio sminuire i vostri (tanti) messaggi pubblici e privati che mi avete scritto, ma non mi avevano fatto mettere in discussione la decisione. In questi giorni, però, sono accadute due cose... una più piccola e una decisiva.
Anni fa, mi trovavo in Spagna a pulire i cessi dei signori per campare. Nel giorno di riposo, raggiungevo una spiaggia incontaminata, naturista per pochissimi. Un paradiso terrestre. In una di quelle giornate, conobbi un ragazzo basco. Bel ragazzo, intelligente, simpatico, che leggeva un libro. Passammo quella giornata a parlare, in quel paradiso terrestre, senza vergogna per averlo conosciuto senza vestiti, senza trucco in faccia, con i capelli da mare, con tutti i miei difetti.
Sono passati anni da quel giorno. Non ci siamo più visti né sentiti. Fino a qualche giorno fa, che mi ha telefonato. Inizialmente ho pensato che gli avessero rubato il cellulare e qualcuno provava i numeri... invece no, voleva parlare. Eh sì, voleva parlare di ciò che sta accadendo in questa nuova dittatura mondiale. Ho pensato.... se ha telefonato a me, per quello che scrivo pubblicamente, sì..ho pensato alla solitudine nella quale molti di noi si trovano. Forse, anche la disperazione nel non poter dialogare con amici, parenti, compagni; perchè su questa pandemia, hanno una “visione diversa”.
Ma aldilà di questo piccolo episodio, domenica ho ricevuto un messaggio in privato che mi ha INCHIODATA.
Mi ha scritto Jamil, palestinese. Jamil è il padre di Imam, il martire bambino di 15 anni, che io ho visto su una lastra d'acciaio all'obitorio di Nablus. Un soldato israeliano aveva sparato ad Imam, alla schiena; il proiettile era uscito dal petto passando dal cuore. Imam era sua una collina a giocare con un suo amico, dopo la scuola.
Quel momento l'avevo documentato con la telecamera e inserito nel film “israele, il cancro”. Quel giorno all'obitorio non ho avuto il coraggio di dire qualcosa a Jamil. Gli feci visita qualche mese dopo per portargli le mie condoglianze e raccontare a voi, la storia di suo figlio.
Jamil, mi ha scritto il messaggio che vedete in foto. C'è scritto “La fuga non è per i forti, ma per i deboli, e abbiamo conosciuto Samantha che è forte nella verità e tra i sostenitori della parola della verità.”.
Questo messaggio mi ha veramente bloccata sulla decisione di sparire. Perchè davanti a questo messaggio ho pensato che essere vista come negativa perde d'importanza davanti al raccontare la storia di Imam. Sono più chiara: non è importante la mia persona, è importante che io ci sia per le vittime sempre e ugualmente.
Mi scuso con Jamil e con le vittime degli oppressori se ho peccato di personalismo nel desiderare di scomparire per “tutelarmi un po' di più”. Mi scuso per aver offeso la vostra speranza (che non sono io, ma è comunque la voce di qualcuno).
Non posso “sparire”.