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martedì 21 maggio 2019

Israele: UN VISTO PER CHI ADORA IL DIODENARO


Riporto questa testimonianza di Stefano, arrivata sulla mia pagina facebook, per dare la notizia del B5: “Poi è da vedere quanto abbiano di ebreo i coloni: verso la fine degli anni 60 a mio padre, legato alla comunità ebraica milanese per motivi famigliari risalenti al tempo di guerra, l'allora rabbino capo propose di emigrare in Israele con la famiglia, mio padre si stupì "ma noi non siamo ebrei" e il rabbino rispose "se io dico che siete ebrei, lo siete"... in quel periodo era pratica comune, soprattutto nelle comunità ebraiche dell'est Europa, acquistare certificazioni di "ebraicità" in cambio della donazione di tutti i propri averi; in tal modo le comunità, vessate dai regimi locali, si garantirono un introito, molti oppositori del regime la possibilità di espatriare trovando i mezzi per una nuova vita e Israele una fonte di mano d'opera e forze fresche (e riconoscenti) per la colonizzazione”.
Non è una novità che israele sia stato costruito in questo modo, e continui con questo metodo. La novità è che è stato tutto ufficializzato e legalizzato.
Dal 1 maggio 2019 è nato il B5, il visto per chi investe in israele (solo per i cittadini americani!! Che caso!).
Andiamo a vedere nello specifico di cosa si tratta: “Il visto B-5, lanciato il 1 maggio 2019, consente ai cittadini statunitensi di investire in un'attività israeliana e di risiedere in Israele mentre lo gestiscono. Il visto è stato proposto per la prima volta durante l'amministrazione Obama, nel 2012. Questo è il primo permesso di ingresso che consente ai cittadini statunitensi che non sono né ebrei né collegati a una persona ebrea / israeliana per sangue o per matrimonio, di ottenere uno status legale permanente in Terra Santa. L'investitore, i manager stranieri o gli impiegati qualificati e i membri della loro famiglia possono risiedere in Israele a tempo indeterminato mentre l'impresa commerciale è esistente. L'investitore dovrà dimostrare che ogni lavoratore straniero portato in Israele è cittadino statunitense. L'investimento aziendale richiesto dovrebbe essere accettato come "significativo" da un rappresentante del Ministero dell'Economia e dell'Industria israeliano. Gli investitori dovranno acquistare almeno il 50% di un'impresa israeliana che sia attualmente attiva, o che sia presto attiva, che contribuisca all'economia israeliana e impieghi cittadini israeliani. …. Gli amanti di Israele che visitano la Terra Santa troppo spesso, pur avendo ottenuto un visto d'ingresso per ogni entrata e non avendo mai oltrepassato la sua durata, potrebbero trovarsi sospettati anche al punto di essere rifiutati di entrare in Israele. In particolare, i cristiani o gli ebrei messianici possono trovarsi sotto il sospetto di viaggiare in Israele per intraprendere attività missionaria e deportati. Il visto B-5 incorpora un visto per più ingressi, che consente all'investitore, così come ai dipendenti stranieri e ai familiari che lo accompagnano, rientri illimitati in Israele durante la durata del visto. La nuova opportunità di visto sugli investimenti consente agli amici americani di Israele di sostenere direttamente l'economia israeliana e ottenere l'opportunità di vivere in Terra Santa. “
La notizia è apparsa qualche giorno fa su israeltoday. Capiamoci bene:
  • per investire in israele devi essere cittadino americano e amico di israele
  • se sei cristiano e professi la tua religione e NE PARLI, vieni deportato
  • a tutto il mondo, israele, ha raccontato che quella terra è solo per gli ebrei (eppure solo il 33% degli ebrei vive e sostiene israele). Ora, si da un po' la zappa sui piedi e fa entrare gli americani in via ufficiale anche se non sono ebrei, basta che investano denaro.
  • Hanno la faccia come il culo a chiamarla, ancora, pure nell'articolo, “Terra Santa”
Ci tengono proprio tanto ai soldini, gli israeliani; eh, in fondo, servono i soldini per comprare tutto quello che si son presi (e non parlo della Palestina). E laddove non si voglia vendere, ti sparo in testa (e qui parlo della Palestina).

Chissà che prezzo hanno le 220 testate nucleari a Dimona.

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