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venerdì 13 luglio 2018

VI RACCONTO UN SOGNO: MARTA E LE DONNE DEL RAJASTHAN




Fra le persone che mi seguono dai tempi della Palestina c'è Marta. Io e Marta ci siamo incontrate dal vivo alla proiezione del mio terzo film. Marta è una giornalista scrittrice con un master in filosofia alla Jawaharlal University di Nuova Delhi, India. Vincitrice del festival del Primo Romanzo a Cuneo con “La discesa della Paura”. Ha vissuto e lavorato per diverse testate giornalistiche in Gran Bretagna, Stati Uniti e India. E' in questo ultimo Paese che Marta Franceschini si è soffermata trovando l'umanità, la compassione, la pietà.
Marta sta cercando di realizzare un sogno, non solo suo, ma di centinaia di donne e future-donne.
Ho visitato Madrasa Hanfiya nel Marzo 2018. Avevo sentito parlare di questa scuola e del suo progetto rivoluzionario di libera-educazione, e volevo vedere coi miei occhi di cosa si trattava.
Otto ore di macchina, su strade per lo più sconnesse, per arrivare nel distretto di Barmer, nel mezzo del deserto del Rajasthan. In pratica, al centro del nulla. Chilometri e chilometri di secca terra d’arbusti, per lo più coltivata a cumino, e spezzata da pochi alberi bassi e temerari come guerrieri dalle mani nude..... ad oggi la percentuale di analfabetismo femminile nelle comunità musulmane del Rajasthan e dell’adiacente stato del Gujarat, è tra le più alte e drammatiche del mondo: una bambina su due non ha accesso all’istruzione.....Zeinab Banu, giovane laureata in Letteratura Urdu presso la Gujarat University ha affrontato il problema con un’intuizione geniale: se l’offerta di scolarizzazione fosse stata non solo gratuita, ma avesse anche dato loro la possibilità concreta di avere una bocca in meno da sfamare per otto anni di fila, forse sarebbero stati ben felici di autorizzarla. Il 18 novembre 2011 è stata fondata la scuola Madrasa Hanfiya, che offriva vitto, alloggio ed educazione gratuita a bambine povere musulmane. Il primo anno erano 50 in tutto, oggi sono 130. 130 future donne a cui viene data la possibilità di istruirsi e di vivere per ben otto anni in un ambiente sano e protetto, di poter crescere insomma al riparo da quei pericoli e da quelle violenze di cui le bambine di tutta l’India sono purtroppo le principali vittime quotidiane. Volevo verificare con i miei occhi, toccare con mano le condizioni di vita di queste bambine per capire se il progetto, bellissimo sulla carta, lo fosse anche nella realtà. Varcata la soglia della Madrasa mi sono infatti ritrovata in una vera e propria oasi umanitaria..... Il sorriso sempre pronto, l’allegria ma anche il senso del dovere, il rispetto reciproco, la gentilezza, la responsabilità, il silenzio… tutto sembra svolgersi con la naturalezza delle cose buone e giuste. In dieci giorni di permanenza non ho assistito ad un singolo momento di tensione, non ho visto una lacrima, un capriccio, un dispetto, una crisi. Le bambine più grandi si occupano amorevolmente di quelle più piccole, e ognuno svolge il proprio compito con gioia e competenza. I due insegnanti esterni, che ogni giorno arrivano da decine di chilometri di distanza, per stipendi che qui in occidente non ci farebbero nemmeno alzare la testa, parlano delle bambine con occhi umidi di commozione, e spesso si fermano ben oltre l’orario di lezione. Le studentesse, che vanno dai 5 anni ai 15, non possiedono un singolo giocattolo, non hanno né televisori né cellulari, hanno un solo vestito a testa, un paio di sandali, una coperta, e un piccolo baule dove tenere i loro eventuali oggetti personali. Dormono per terra, sdraiate su sottili trapunte di cotone.”
Ho riportato le parole dirette di Marta, che ha visto e vissuto lì, perchè solo lei poteva parlarne al meglio, rendervi l'idea..... Ora, arrivo al “sogno”, sempre riportando le parole di Marta Franceschini:
Durante la mia permanenza ho avuto modo di scoprire che il costo di un anno scolastico, compreso il mantenimento delle 130 studentesse, gli stipendi degli insegnanti e del personale, gli approvvigionamenti, le penne, i quaderni, i libri, le bollette e i trasporti non supera i 20.000 €.
In altre parole, una cifra ridicola, che qui da noi è sufficiente a malapena per mantenere un bambino solo. Allora, mi è venuta un’idea…Durante i dieci giorni passati a stretto contatto con loro, ho avuto la fortuna di poter osservare da vicino i prodotti della loro arte, e ne sono rimasta ammaliata. I finissimi ricami degli abiti tradizionali, le tecniche di trapunture delle coperte, le decorazioni, i cesti, gli intarsi: una produzione di arte semplice, della cui bellezza e del cui valore gli stessi autori e autrici restano inconsapevoli.
Per questo ho pensato di aprire un laboratorio artigianale all’interno della scuola, dove coltivare questi talenti, salvaguardare tecniche antiche e preziose di artigianato, creare una produzione rivolta non solo al mercato indiano ma anche all’esportazione, e commercializzarla con l’obbiettivo di rendere la scuola autonoma economicamente.
Insomma, una piccola attività artigianale capace di fatturare almeno 20.000 € l’anno. Un progetto dunque di auto-sostenibilità, che miri a liberare il futuro della Madrasa dall’incognita delle donazioni, e le permetta di stare in piedi da sola. Per usare una metafora: invece del pesce, regalare una canna da pesca a chi ha fame.”

È nato così il progetto UN FIORE NEL DESERTO che potete vedere a questo link (nel sito web anche la possibilità di donare direttamente): https://madrasahanfiya.com/

Supporto il sogno/idea di Marta divulgando con questo articolo, ma anche mettendomi a disposizione per eventi-raccolta fondi futuri. Alcuni stanno organizzando eventi con la presenza di Marta direttamente (nel caso vogliate farlo, vi tocca sbrigarvi perchè a settembre Marta tornerà in India).
Spero che questo sogno si avveri, per Marta, per le donne, per la Libertà.



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