Fra
le persone che mi seguono dai tempi della Palestina c'è Marta. Io e
Marta ci siamo incontrate dal vivo alla proiezione del mio terzo
film. Marta è una giornalista scrittrice con un master in filosofia
alla Jawaharlal University di Nuova Delhi, India. Vincitrice del
festival del Primo Romanzo a Cuneo con “La discesa della Paura”.
Ha vissuto e lavorato per diverse testate giornalistiche in Gran
Bretagna, Stati Uniti e India. E' in questo ultimo Paese che Marta
Franceschini si è soffermata trovando l'umanità, la compassione, la
pietà.
Marta
sta cercando di realizzare un sogno, non solo suo, ma di centinaia di
donne e future-donne.
“Ho
visitato Madrasa
Hanfiya nel
Marzo 2018. Avevo sentito parlare di questa scuola e del suo progetto
rivoluzionario di libera-educazione, e volevo vedere coi miei occhi
di cosa si trattava.
Otto
ore di macchina, su strade per lo più sconnesse, per arrivare nel
distretto di Barmer, nel mezzo del deserto del Rajasthan. In pratica,
al centro del nulla. Chilometri e chilometri di secca terra
d’arbusti, per lo più coltivata a cumino, e spezzata da pochi
alberi bassi e temerari come guerrieri dalle mani nude..... ad oggi
la percentuale di analfabetismo
femminile nelle
comunità musulmane del Rajasthan e dell’adiacente stato del
Gujarat, è tra le più alte e drammatiche del mondo: una bambina su
due non ha accesso all’istruzione.....Zeinab
Banu,
giovane laureata in Letteratura Urdu presso la Gujarat University ha
affrontato il problema con un’intuizione geniale: se l’offerta di
scolarizzazione fosse stata non solo gratuita, ma avesse anche dato
loro la possibilità concreta di avere una bocca in meno da sfamare
per otto anni di fila, forse sarebbero stati ben felici di
autorizzarla. Il 18 novembre 2011 è stata fondata la scuola Madrasa
Hanfiya, che offriva vitto, alloggio ed educazione gratuita a bambine
povere musulmane. Il primo anno erano 50 in tutto, oggi sono 130. 130
future donne a
cui viene data la possibilità di istruirsi e di vivere per ben otto
anni in un ambiente sano e protetto, di poter crescere insomma al
riparo da quei pericoli e da quelle violenze di cui le bambine di
tutta l’India sono purtroppo le principali vittime quotidiane.
Volevo verificare con i miei occhi, toccare con mano le condizioni di
vita di queste bambine per capire se il progetto, bellissimo sulla
carta, lo fosse anche nella realtà. Varcata la soglia della Madrasa
mi sono infatti ritrovata in una vera e propria oasi
umanitaria.....
Il sorriso
sempre
pronto, l’allegria ma anche il senso del dovere, il rispetto
reciproco, la gentilezza, la responsabilità, il silenzio… tutto
sembra svolgersi con la naturalezza delle cose buone e giuste. In
dieci giorni di permanenza non ho assistito ad un singolo momento di
tensione, non ho visto una lacrima, un capriccio, un dispetto, una
crisi. Le bambine più grandi si occupano amorevolmente di quelle più
piccole, e ognuno svolge il proprio compito con gioia e competenza. I
due insegnanti esterni, che ogni giorno arrivano da decine di
chilometri di distanza, per stipendi che qui in occidente non ci
farebbero nemmeno alzare la testa, parlano delle bambine con occhi
umidi di commozione, e spesso si fermano ben oltre l’orario di
lezione. Le studentesse, che vanno dai
5 anni ai 15,
non possiedono un singolo giocattolo, non hanno né televisori né
cellulari, hanno un solo vestito a testa, un paio di sandali, una
coperta, e un piccolo baule dove tenere i loro eventuali oggetti
personali. Dormono per terra, sdraiate su sottili trapunte di
cotone.”
Ho
riportato le parole dirette di Marta, che ha visto e vissuto lì,
perchè solo lei poteva parlarne al meglio, rendervi l'idea..... Ora,
arrivo al “sogno”, sempre riportando le parole di Marta
Franceschini:
“Durante
la mia permanenza ho avuto modo di scoprire che il costo di un anno
scolastico, compreso il mantenimento delle 130 studentesse, gli
stipendi degli insegnanti e del personale, gli approvvigionamenti, le
penne, i quaderni, i libri, le bollette e i trasporti non supera i
20.000 €.
In
altre parole, una cifra ridicola, che qui da noi è sufficiente a
malapena per mantenere un bambino solo. Allora, mi è venuta
un’idea…Durante i dieci giorni passati a stretto contatto con
loro, ho avuto la fortuna di poter osservare da vicino i prodotti
della loro arte, e ne sono rimasta ammaliata. I finissimi ricami
degli abiti tradizionali, le tecniche di trapunture delle coperte, le
decorazioni, i cesti, gli intarsi: una produzione di arte semplice,
della cui bellezza e del cui valore gli stessi autori e autrici
restano inconsapevoli.
Per
questo ho pensato di aprire un laboratorio artigianale all’interno
della scuola, dove coltivare questi talenti, salvaguardare tecniche
antiche e preziose di artigianato, creare una produzione rivolta non
solo al mercato indiano ma anche all’esportazione, e
commercializzarla con l’obbiettivo di rendere la scuola autonoma
economicamente.
Insomma,
una piccola attività artigianale capace di fatturare almeno 20.000 €
l’anno. Un progetto dunque di auto-sostenibilità, che miri
a liberare il futuro della Madrasa dall’incognita delle donazioni,
e le permetta di stare in piedi da sola. Per usare una metafora:
invece del pesce, regalare una canna da pesca a chi ha fame.”
È
nato così il progetto UN FIORE NEL DESERTO che potete vedere
a questo link (nel sito web anche la possibilità di donare
direttamente): https://madrasahanfiya.com/
Supporto
il sogno/idea di Marta divulgando con questo articolo, ma anche
mettendomi a disposizione per eventi-raccolta fondi futuri. Alcuni
stanno organizzando eventi con la presenza di Marta direttamente (nel
caso vogliate farlo, vi tocca sbrigarvi perchè a settembre Marta
tornerà in India).
Spero
che questo sogno si avveri, per Marta, per le donne, per la Libertà.
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