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domenica 31 gennaio 2016

LA STORIA DEL PICCOLO IMER



27 Gennaio, Aleppo, Siria; la famiglia Dawaab, palestinese, è oramai senza forze. Tutti stanno bombardando la Siria e i suoi campi profughi palestinesi. Non si capisce nemmeno chi ti sta bombardando/sparando. Hanno solo un figlio, il piccolo Imer di 6 anni. Decidono di incamminarsi verso il “viaggio della vita”, di cercare di raggiungere l'Europa per salvarsi, ma soprattutto per salvare il piccolo Imer.
E' fine gennaio, fa freddo, ma non hanno scelta; in Siria oltre a bombardare non c'è più cibo, né acqua, né speranza. Partono, tutti e tre, e arrivano al confine, non sapendo che lì verranno respinti. Respinti verso la morte certa.
Quando arrivano alle reti di confine ci trovano le flotte di polizia, sparano gas lacrimogeni contro di loro, li picchiano con i manganelli, qualcuno usa anche dei bastoni, sparano proiettili contro chi resiste ai gas e alle manganellate. Papà e mamma Dawaab sanguinano. Il sangue scende sui loro volti, respirano a fatica e fa freddo. La mamma si accascia, il piccolo Imer piange, vicino a lei tenendola per mano. Il papà, sanguinante, si alza in piedi e urla a braccia aperte, scagliandosi contro il cordone della polizia. Vuole salvare Imer e la sua famiglia, è disperato e resiste. La polizia risponde con il fuoco, gli spara. Il papà di Imer è per terra, morto. La mamma, morente, trova ancora la lucidità e dice ad Imer “corri, tu sei piccolo, non ti vedranno, scappa e corri verso l'Europa, prova ad arrivare in Italia. Vivi”.
Imer si gira e vede che potrebbe passare in mezzo alle gambe dei poliziotti, perchè è piccolo e i piccoli hanno una visione diversa dei mostri; trovano una via di passaggio e li eludono.
Imer, come un topo, scappa in mezzo alle gambe dei poliziotti e cammina, al buio verso l'Europa.
Fa freddo, molto freddo, sono km che Imer sta camminando. I suoi piedi non li sente più. E' solo. Ha 6 anni.
Vede i giorni e le notti, sempre camminando e sempre al freddo. Ad un certo punto, al buio, non ce la fa più, si accascia e si addormenta. Sogna, sogna la sua mamma e il suo papà; piange nel sonno e non realizza che con quel freddo potrebbe morire. Non lo realizza perchè i bambini piccoli non hanno il concetto di “fine della vita”, di “morte”. Ma, all'improvviso, un suono lo sveglia. Non l'aveva mai sentito quel suono, Imer.
C'è una costruzione alta, e vicino alla cima ha delle cose di ferro coniche con un pistillo come un fiore e muovendosi fanno dei suoni, molto forti. C'è il sole che scalda un po' Imer e quel suono sembra dargli il benvenuto. Sul suolo non c'è più la terra, ma del ciottolato e tutt'intorno dei palazzi. Imer vede dei soldati con una jeep. Quelli sa cosa sono, c'è cresciuto vedendo soldati...
Solo che non sa se sono soldati buoni o cattivi... Lui ha 6 anni, è piccolo e ci prova:
“scusi sign. Soldato, dove mi trovo?” chiede il piccolo Imer al ninja mimetico alto 1,80.
“sei a Bologna, in piazza grande”, risponde il soldato.
“ ce l'ho fatta”, ha pensato Imer. Quasi gli viene da piangere, pensando alla sua mamma e papà.
“uhh che bello, mi puoi aiutare? Io non ho più mamma e papà e vengo da.....”
“togliti dai coglioni marocchino..” esclama il soldato senza lasciar finire Imer di parlare.
Imer non si stupisce, cataloga solo quelli come “soldati cattivi”. Anzi, pensa che gli è andata anche bene.
Quando era in Siria, la sua mamma, gli leggeva storie dell'Italia. Quindi, Imer, un po' conosceva il luogo devo era arrivato.
Ogni sera la sua mamma gli leggeva le favole di Paolo Barnard. Ad Imer piacevano tantissimo. Così Imer pensa.... se trovo quell'angelo custode che è Paolo Barnard, lui mi saprà aiutare, forse mi darà una mamma ed un papà che non ho più, perchè io sono piccolo, troppo piccolo per continuare a camminare da solo. Inizia a chiedere in giro, vagando per Bologna, sperando di trovare Barnard nei parchi, fra gli archi di Bologna, in qualche vicolo del centro. Ma niente, Barnard non lo trova, non trova colui che poteva essere il suo angelo custode. Poi, qualcuno gli dice... “sai, domani, un gruppo che si chiama MMT sarà a Roma perchè c'è il Family day, forse lì trovi Barnard”...
Imer si illumina di speranza. Il “Family day”, caspita! Se non trovo lì persone che mi aiutano, che mi danno una famiglia....
Quindi, pieno di speranza si incammina verso Roma, lasciando Bologna. E ci arriva, in quella piazza romana piena di gente e di bandiere. Nessuno lo vede, è piccolo lui, ha 6 anni. Così strattona i pantaloni di un uomo elegante... “sei un amico di Barnard? Sei dell'MMT? Sei al family day, io sono da solo, ho 6 anni, sono palestinese... mi aiuti per favore?”
  • “levati dai coglioni, vai dai tuoi amici pacifisti di sinistra, marocchino di merda”, gli risponde quell'uomo.
Tira la gonna ad una donna, facendogli le stesse domande e chiedendo aiuto....
  • “io sono israeliana e tu sei un terrorista, figlio di terroristi, vattene o chiamo la polizia”.. gli risponde la donna.
Tira la giacca di un ragazzo, chiedendogli se fosse dell'MMT e se conosceva Paolo Barnard...
  • “si, sono dell'MMT e Barnard non sta con noi. Che cazzo vuoi?

Imer è affranto, affamato e sempre solo; e pensa.. che fortuna che non ho incontrato Paolo Barnard qui. Uno che ha scritto questo.. http://paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=691 è ovvio che non sta con questa gente. Avevo bisogno di lui, ma almeno non l' trovato nel posto sbagliato. Poi ripensa alle parole del primo uomo.. “vai dai tuoi amici pacifisti di sinistra...”.
Forse Imer ha degli amici qui in Italia e non lo sa, forse loro lo possono aiutare a trovare un papà ed una mamma. Così cammina, ancora, e va in un'altra piazza. Colorata di bandiere colorate e gente colorata. Imer ci riprova a strattonare le persone per farsi notare, ma nessuno gli da retta; solo una donna con capelli rasati gli risponde urlando più o meno la stessa frase della precedente donna nella precedente piazza “sono israeliana e tu sei un terrorista figlio di terroristi. Per me puoi morire”. Poi gli si avvicina un'altra donna “sei palestinese? Io sono per i due Stati, israle e Palestina, per la Pace. Aspetta che chiamo un giornalista e facciamo una foto, t'aiuto io”. Il piccolo Imer è confuso ed ha bisogno d'aiuto, ma gli risponde con tono fermo “quali due Stati? La mia famiglia è di Haifa, lì era la Palestina e la mia famiglia è stata scacciata. Ora lì si chiama israele”. E poi scappa correndo.
Imer non sa cosa fare, non sa dove andare, e rivede quelle cose di ferro che suonano. Sono su una grandissima costruzione, più grande di quella di Bologna. Così va all'entrata di quella grande casa... C'è una scritta vicino alla porta “questa è la casa di Dio e le sue porte sono aperte a tutti”.
Imer tira un sospiro di sollievo, ma un uomo lo blocca subito all'entrata: “c'è da pagare il biglietto per entrare”..
“ il biglietto?” chiede Imer.. “io non ho soldi”.
“ E allora non puoi entrare” risponde l'uomo.
Imer non ha altro da fare e non sa dove andare, se non tornare a Bologna....
Ritorna in quella piazza, a piedi, ripensando a quanta gente aveva visto... alcuni gridavano per i diritti alla famiglia, altri gridavano in nome della libertà e di avere figli, altri lavoravano e chiedevano di pagare il biglietto; ma nessuno, nessuno aveva visto o aiutato Imer, palestinese, di 6 anni. Eppure, era un bambino di 6 anni.
Arriva di nuovo in piazza Maggiore, Imer, è stanco ed è già buio. Si accascia sui gradini e pensa “ho bisogno di dormire, preferisco dormire”.
E si addormenta.

31 gennaio, Bologna, Italia. Il sole splende e le campane suonano ad aprire la giornata. Sono al bar e leggo il giornale: “bambino palestinese di 6 anni muore, ucciso dal freddo in piazza Grande a Bologna”.

Dormi Imer, che mi ricordi quel bambino, ma con il nome al contrario, dei cartoni animati con il quale sono cresciuta, che cercava la sua mamma.
Dormi Imer, che aveva ragione la tua mamma a dire che non t'avrebbero visto.
Dormi Imer, che non t'ha ucciso il freddo, ma la gente.
Dormi Imer, che con gente così è più umana la morte.
Dormi Imer, che io non t'ho incontrato, perchè eri troppo piccolo e perchè son troppo piccola anche io.


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