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venerdì 12 dicembre 2014

UNA GIORNATA COME TANTE IN PALESTINA



E' venerdì, vogliamo andare a Qaryout (Nablus) per piantare due ulivi. Ho spiegato agli shebab che questa mattina sono stata informata che una donna in Italia, che ha lottato per i diritti umani in Palestina, è deceduta. Uno dei due ulivi sarà per lei, sarà piantato qui in Palestina con il suo nome. Quel terreno a Qaryout è stato preso dagli israeliani, lì ci sono gli ulivi dei Palestinesi e c'è terra, tanta terra. Arriviamo marciando sulla strada, ma troviamo i soldati che ci aspettano, anzi, oggi ci sono anche 3 giovani soldatesse naziste israeliane. Ci sparano subito i lacrimogeni, arretriamo per riuscire a respirare e i paramedici iniziano da subito a soccorrere i soffocati. Ritorniamo sulla strada e piantiamo vicino ad essa i due ulivi. Qualche minuto per stare seduti davanti a loro, con la bandera palestinese. Una soldatessa ci urla “andate via”, io gli rispondo “andate via voi”..sua risposta: “vuoi uno di questi?” alzando il fucile spara lacrimogeni...
Nel frattempo un po' di shebab si sono incazzati e sono andati sulla collina a tirare i sassi ad un altro gruppo di soldati che ci teneva sotto mira dall'alto.
Ci stiamo allontanando, ma loro iniziano a sparare sul gruppo, mentre è di spalle. Sparano sulla strada e sparano sulla collina.
Arrivano i primi soffocati gravi, arriva un ragazzo ferito da proiettili veri ad una gamba.
Poi, lo scenario precipita: dalla collina gli shebab urlano “martire”.
Corriamo vicino all'ambulanza perchè è lì che stanno arrivando di corsa. Ho la telecamera accesa e la barella portata dagli shebab si avvicina.... poi vedo quella testa che quasi pende, le braccia che pendono, una gamba giù dalla barella, ma poi vedo il viso...la lingua fuori e la bava sulla bocca e lo sguardo immobile...di un mio amico. In un secondo non capisco più nulla, solo corro dietro alla barella continuando a dire il suo nome, non mi scendono nemmeno le lacrime. Non era riucito a scendere dalla collina quando avevano sparato una marea di gas... Lo appoggiano davanti all'ambulanza e iniziano a praticargli il massaggio cardiaco. Lo caricano in ambulanza e gli danno l'ossigeno. Noi lì fuori ci guardiamo, abbiamo tutti la stessa faccia, gli stessi occhi, lo stesso pensiero. Dopo 10 minuti si apre la porta dell'ambulanza e il paramedico dice “è rinvenuto”.
Continuano ad arrivare feriti, da proiettili e da rubber bullet. Uno dei paramedici che ha soccorso il mio amico, viene portato all'ospedale di Salfit, ha un soffocamento grave.
Ho riacceso la telecamera per documentare quello che accade, ma lo sapete? Non è spettacolo, è vita che se ne va.


Per motivi di sicurezza ho tagliato nel video le facce dei feriti, sennò oltre ad essere feriti domani vengono anche rapiti da israele.

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