mercoledì 14 febbraio 2018

L'INFERNO






In questi giorni di nevicate da un metro, ho scoperto che c'è più merda che neve (e credetemi, qui c'è tanta neve). Presa dall'ennesimo sconforto ho pensato che anni a scrivere, documentare, filmare, sacrificare la propria vita...sia stato tutto tempo buttato via. E l'ho scritto su facebook. Poi, mi è scesa la carogna, perchè ho pensato all'ideale. All'ideale anarchico che ho della Palestina; cioè che NESSUNO rappresenta la Palestina. Ci sono gli infami, i traditori, i collaboratori sì...ma ci sono anche i prigionieri politici, i martiri, i vecchi con le loro storie, i giovani che tirano le pietre. Tutti loro, sono Palestina. Magari, mentre sto scrivendo, un'amica lesbica si sta ubriacando a Ramallah. Anche lei è Palestina.
Quindi, ci sarò, ci sarò sempre, per l'ideale.
Questa breve introduzione sul mio personale stato d'animo, per scrivere un nuovo livello dell'inferno che mi ha scottata per l'ennesima volta.
E' iniziato tutto con il cercare di avere più comprensione dell'uccisione di Ahmad Jarrar; del perchè molti palestinesi mettono la sua foto come profilo facebook ed altri, non vogliono nemmeno accettare che sia stato ucciso.
Ahmad Jarrar stava sfuggendo ai soldati israeliani da circa due mesi. Era uno che lottava, che faceva la Resistenza palestinese.
Dopo due mesi di nascondiglio, qualcuno gli ha detto che poteva tornare a casa sua e nascondersi lì. Quel “qualcuno” ha mandato, poi, i soldati israeliani a casa di Ahmad per farlo uccidere. Lo stesso qualcuno che ha fatto uccidere il cugino dicendo ai soldati israeliani di andare a casa perchè Ahmad era lì in casa (in casa c'era il cugino quel giorno).
Questo “qualcuno” è la polizia palestinese. Così come accadde per Basel, l'intellettuale, mesi fa....
I palestinesi mi dicono che la situazione ora è bruttissima, che la Palestina non è più come quando c'ero io; che l'azione della polizia palestinese tramite i mukarak e il wucai è diventata tremenda.
Mi dicono anche che su facebook ci sono profili di membri del wucai che pubblicano le liste con i nomi degli shebab che sono negli scontri contro gli israeliani, che tirano le pietre....così israele vede i nomi e li va a prendere. E mi dicono che un membro del wucai avrebbe pubblicato una lista di shebab che sono contro a Mahmuod Abbas, pro-Dalan, e quindi accusati di essere contro l'autorità palestinese. In una di queste liste c'era il nome di un mio caro compagno che è stato appena preso dagli israeliani. Poi (come se non bastasse) scopro che alcuni “compagni palestinesi”, ora sono pieni di soldi, che non hanno problemi con la polizia palestinese e che nel loro gruppo hanno anche sionisti.
Sapete, la Palestina è come l'inferno... scendi giù e quando ti scotti la prima volta, fa male. Poi, continui a scendere..e tutti i livelli che tocchi, bruciano, e fanno male....
E poi sbatti nella realtà di qui, fatta di livelli che non si sono minimamente bruciati; e rimane fermi a quel livello.
Ho pensato e ripensato a cambiare metodo ed al fatto che avessi sbagliato strategia in questi anni...
Ma forse, davanti ad uno tsunami, non c'è strategia; perchè è troppo grande. Cerchi solo di salvare te e la tua famiglia.
Quindi, non posso condannare chi mi ha venduta, chi ha venduto i compagni, chi ha venduto la lotta, l'ideale.
Però, a queste persone dico che oltre ad aver venduto me, i compagni, la lotta, hanno anche venduto la loro dignità e non credo la riavranno più.
Non so cosa si dicano la notte, per poter riuscire a dormire....Non so con che occhi possano guardare i loro figli.
Rimane, ovviamente, in me il senso di impotenza davanti ad uno tsunami. L'impotenza che molti di voi mi scrivono di provare; a volte presi dallo sconforto e dal sentirsi inutili. Provate a pensare ad un vecchio palestinese, nato nella Terra di Palestina quand'era libera...pensate a quanto ha visto e vissuto; pensate a quante volte l'hanno bruciato con le fiamme dell'inferno. Pensate a come si sente, all'ideale che ha e che, nonostante si trovi davanti ad uno tsunami, lo tiene in vita.

Allora vi do il mio pensiero, che mi fa continuare:
“Vivere e morire in piedi, come gli alberi. Anche se ti bruciano e muori, muori in piedi”.



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