sabato 20 dicembre 2014

SOLO IN PALESTINA (momenti)



Ho avuto dei “momenti” che si possono vivere solo in Palestina e visto che il domani è sempre incerto, li voglio scrivere anche se per molti saranno privi di importanza e di nessuna notizia.



  • Checkpoint di Beit Furik nel pieno degli scontri fra soldati nazisti israeliani e shebab. Nonostante fossimo arrivati al checkpoint e avessero sparato solo gas e rubber bullet; di colpo piazzano due cecchini sulla collina e iniziano a sparare alle gambe degli shebab. Indietreggiamo sulla strada principale e i soldati ovviamente vengono avanti sparando gas. Sulla nostra destra c'è tutto il gruppo della stampa che viene anch'esso attaccato dai soldati. Non si vede più nulla, c'è solo gas. In mezzo alla nebbia del gas appare un palestinese, con un vassoio d'argento e nel vassoio ha tanti bicchieri di succo di frutta. “Faddale, 1 shekel”......”favorite, 1 shekel”.
  • Dobbiamo arrivare in un villaggio per il venerdì di manifestazione, ma non ci sono i service. Ne prendiamo uno che percorre la strada principale, scendiamo a metà strada e da lì prendiamo un taxi. Questo era il “piano”, ma una volta scese dal service, non arriva nessun taxi. Quindi siamo sul bordo della strada, dove passano poche auto palestinesi, diverse auto dei coloni israeliani e anche i soldati. Arriviamo camminando al bivio con il villaggio. Ci sentiamo chiamare dagli abitanti della casa lì vicino. Si presentano e ci dicono “vi conosciamo, voi avete presidiato la casa di un mio fratello che israele voleva demolire, grazie”. Ci invitano ad entrare in casa, ma gli spieghiamo che dobbiamo trovare un taxi. Allora scatta quell'ospitalità palestinese che puoi trovare solo qui: portano il tavolo, le sedie e il tè sul bordo della strada e ci piazzano lì tutto, con noi sedute, mentre aspettiamo che passi un taxi. Che persone eccezionali. La sera stessa quelle persone sono andate dal fratello, hanno litigato e l'hanno accoltellato.
  • Vado a far visita ad un uomo malato. Suo figlio (un bambino) è stato preso dai nazisti e da più di un anno è nelle loro mani. L'uomo è a letto, non riesce più a muoversi e fatica a restare sveglio. E' ridotto così perchè prima di fargli una diagnosi, lo hanno riempito di farmaci senza sapere che cosa avesse. Poi hanno capito che dovevano fargli una lastra e trovargli 4 calcoli che aveva nel fegato. E' stato operato, quindi, in ritardo e i farmaci sbagliati stanno facendo danni. Non riesce nemmeno ad alzare il bicchiere per bere il tè. Ma, mi ha detto questo: “quando sono uscito dalla sala operatoria, dopo molte ore, mi sono svegliato dall'anestesia. Ho avuto solo un attimo di energie e in quell'attimo ho visto la faccia del medico. Gli ho messo la mano al collo e gli ho detto Abu Mazen non è una brava persona”.
  • Ci prendiamo un giorno di riposo e decidiamo di andare a Tulkarem, in piscina. Scese dal service, cerchiamo un taxi. Ci si avvicina un ragazzino che dimostra 13 anni e ci invita nel suo taxi. Io, inizio a ridere e gli chiedo dov'è il taxista vero, forse il padre. Ma lui mi fa vedere la sua patente, ha 23 anni. Ci porta in piscina, ma manco il tempo di scendere e arriva la security per dirci che quel giorno è solo per gli shebab. Cazzo, e adesso? Il mini-taxista vuole tentare in un'altra piscina. Tentiamo, e poi tentiamo anche in un'altra. Niente da fare. Abbiamo beccato proprio l'unico giorno per gli shebab. Siamo tristi come due lattughe appassite. Allora il mini-taxista ci dice che vuole portarci a mangiare il kanafel (dolce palestinese). Gli diciamo di no, oltretutto veniamo da Nablus dove nasce il kanafel e ci esce dalle orecchie. Lui mette in moto e dopo alcuni giri si ferma: siamo davanti al ristorante del kanafel. Siamo entrate e l'abbiamo mangiato, tutto pagato da lui, anche la corsa. Siamo diventati amici.
  • Siamo ad una protesta in cima ad una collina, un luogo impervio che può diventare pericoloso se i soldati passano all'azione. E così fu. Gli shebab riescono a rubargli la bandiera israeliana che avevano piantato su quella collina rubata ai palestinesi, e gli danno fuoco davanti alle telecamere. I soldati nazisti israeliani rispondono sparando e siccome è anche un gruppo particolarmente idiota, sparano alla cazzo. Insomma, una mezz'ora in mezzo ai gas e alle sound bombs con l'impossibilità di correre giù dalla collina. Quando sei nelle proteste capisci da te quand'è il momento di dire “è finita”. Così gli shebab hanno iniziato ad andarsene e noi li abbiamo seguiti. La strada però è sotto presidio da due jeeps israeliane e per lasciare il luogo devi passare in mezzo alle due jeeps, correndo il rischio di essere presi dai soldati. Passiamo camminando decise, con le chiappe strette e il cuore in gola. E' andata, siamo passate. Ed in quel momento..ci siamo trovate davanti a ciò che può accadere solo in Palestina: un camioncino che vendeva i gelati. Il gelato faceva schifo, altamente chimico, ma l'abbiamo comperato ugualmente e ci siamo piegate dalle risate. Solo che è stata una distrazione, perchè abbiamo perso il service. Non c'è problema, siamo in Palestina. Il gelataio ci carica nel retro del camioncino, in mezzo ai due frigor, sedute per terra. E parte. E va.... Dopo un'ora di strada ci è venuto il dubbio “scusa, ma dove stai andando?”. Era andato da tutt'altra parte. “ok, fermati, scendiamo qui, grazie”.
  • La prima volta che ho visto xxxxx è stato all'attacco del checkpoint di Tulkarem . Lui aveva un martello gigante in mano e abbatteva il muro dell'apartheid. La seconda volta che ci siamo visti era per il funerale di un martire, ad Howwara. La terza volta che ci siamo visti è stato nel suo villaggio, per fare un report del raid dei soldati israeliani la notte prima; avevano rapito 5 palestinesi. La quarta volta che ci siamo visti era per attaccare il checkpoint di Howwara. Poi gli ho detto “ascolta, ma non ci possiamo vedere almeno una volta per bere un caffè?”
  • Vado a prenotare la torta di compleanno nel negozio che c'è in piazza. Inizio a spiegare al tipo cosa voglio, nel frattempo un altro tizio arriva e appoggia una torta “spongebob gigante” sul bancone. Noi continuiamo a parlare per far capire la scritta sulla mia torta il tizio è molto preso dal nostro discorso e appoggia la sua mano sinistra proprio su spongebob torta. “oh nooooo”, alza la mano che è diventata gialla con l'occhio azzurro di spongebob. Scompare nel retro del negozio (ovviamente a lavarsi), lo sostituisce l'altro tizio che prima però chiude spongebob nella scatola.... e noi “no, ma scusa, gli manca l'occhio, non la sistemi?” risposta.. “no, no, ma fisc muschela”.
  • Sono le 4 di notte a Nablus, mi telefonano gli shebab “Samantha ci sono i soldati israeliani, se vuoi venire ci troviamo in piazza fra 10 minuti”. Ok, andiamo, senza lavarci nemmeno la faccia, al buio arriviamo in piazza. Arrivano tre shebab con una fiat 127 e scendono. “Andiamo?” gli dico. Ma uno di loro lentamente tira fuori un coltello gigante. Cazzo. Scende dalla fiat 127 il secondo. Ha un'anguria in mano. Appoggiano l'anguria su un piedistallo nella piazza e la tagliano. Dividono le fette con noi. Sinceramente non ci scendeva giù in gola, ma pazienza. Finiamo di mangiare e ci dicono “ok, ora andiamo”. E' seguita un'ora di scontri con i soldati nazisti israeliani.
  • Ogni tanto su qualche foto che ci fanno durante le proteste, ci scriviamo qualcosa di idiota. Per ridere. Questa foto ci è stata scattata ad Ofer in un momento di pausa sigaretta. Ho iniziato a mettere le scritte e quando ho messo il titolo "cigaret time.....", solo in quel momento, mi sono resa conto che c'era un cecchino israeliano.

  • Ci siamo passati tutti ad aspettare una telefonata che non arriva, guardi l'ora, controlli che il telefono funzioni....e aspetti. Ho aspettato per un bel po' una telefonata che doveva arrivare, da una prigione. E' l'unica cosa che puoi avere quando uno è in prigione ed quasi vicina al miracolo. Ho aspettato, mi sono preparata per scritto le frasi tradotte da dire e le domande da fare. E ho aspettato. Quattro giorni fa esco di casa, è mattina, guardo il telefono per controllare se sono in ritardo e....vedo una telefonata persa. Aveva chiamato, il giorno prima. Non avevo sentito il telefono.

Per tutti questi brevi racconti non c'è la parola “fine”.

1 commento:

  1. ...mi resta il respiro in gola!! Il mio cuore non batte, martella!! Cara Samantha...

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